Andranno a lavorare e timbreranno fino a giugno inoltrato, quando scadrà il termine della procedura di licenziamento collettivo, attivata il 7 aprile scorso dalla società Covisian che li ha in carico. Poi si vedrà. Magari, nel frattempo, arriverà un accordo.

Tra Palermo e Rende 543 lavoratori del call center della neonata compagnia aerea Ita Airways sono rimasti sospesi tra procedure di licenziamento improvvise e cassa integrazione, a causa di un mancato accordo tra la compagnia di bandiera subentrata ad Alitalia, interamente partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, e Covisian, la società che si era aggiudicata l’appalto per la fornitura dei servizi di customer care.

Si tratta di «gente che ha lavorato per Alitalia per 20 anni. Persone con famiglie e mutui, con età media 40 anni. Persone formate, che parlano almeno due lingue», dice il segretario generale di Uil Com, Salvatore Ugliarolo.

«Ora che si stanno avvicinando ai 45-50 anni si pensa di poterli cestinare». Alcuni giorni fa, questi ex lavoratori esterni di Ita hanno anche scritto al presidente della Repubblica Mattarella per invitarlo a «lottare» con loro «perché lo stato non rinneghi lo stato».

Da Alitalia al nulla

LaPresse

Prima di rischiare il posto di lavoro, erano dipendenti della società Almaviva, che forniva il servizio di call center ad Alitalia. Poi, quando c’è stato il passaggio da Alitalia a Ita, la nuova compagnia aerea ha deciso di bandire una gara per appaltare il servizio di call center.

La gara è stata vinta dalla società Covisian e in base alla cosiddetta clausola sociale, prevista dal contratto collettivo del settore telecomunicazioni, «i 543 operatori di Almaviva passavano a lavorare per Covisian, per lavorare su diverse commesse tra cui quella di Ita», spiega Massimiliano Fiduccia, segretario provinciale della Cgil. 

Poi però qualcosa non ha funzionato. E i dipendenti assunti a tempo indeterminato, con un contratto sottoscritto il 21 ottobre 2021 al ministero del Lavoro da Ita Airways, Almaviva e Covisian, poco più di cinque mesi dopo si sono visti recapitare una procedura di licenziamento collettivo.

Trattative segrete

La commessa del call center è saltata. «A un certo punto Ita ha scritto a Covisian: “Non ci sono più le condizioni per procedere a un rinnovo contrattuale. A quel punto il contratto terminava il 30 aprile”», spiegano dall’ufficio comunicazioni di Covisian.

Secondo quanto ha dichiarato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nel corso di una interrogazione parlamentare lo scorso 27 aprile, il dietrofront di Ita sarebbe arrivato solo dopo che Covisian aveva «comunicato verbalmente, il 17 febbraio, nel corso di una riunione, l’intenzione di non voler procedere alla firma di un accordo definitivo con Ita e di non poter dar seguito agli impegni assunti presso il ministero del lavoro il 21 ottobre». 

Solo dopo, secondo la ricostruzione del ministro che riferiva la versione di Ita, ci sarebbe stata una nuova trattativa e «il 21 marzo Covisian ha inviato a Ita una nuova proposta commerciale» .

A quel punto la proposta  è stata ritenuta «non accettabile, in quanto si discostava in maniera rilevante dai termini dell’accordo preliminare prevedendo tra l’altro un incremento dell’onere per Ita del 64 per cento».

In questa ricostruzione manca qualche passaggio. Soprattutto perché l’accordo commerciale tra Covisian e Ita, sottoscritto dalle due società prima dell’impegno siglato al ministero del lavoro il 21 ottobre, è  «materia soggetta a confidenzialità» fanno sapere da Covisian. E lo è «per volontà di Ita».

E i lavoratori? 

I lavoratori non sapevano nulla. Erano stati assunti a tempo indeterminato, eppure avrebbero lavorato per una commessa che era soggetta a eventuale rinnovo dopo sei mesi. Non solo. Come ha spiegato Nadia Cortegiani, una dei 543 con maggiore anzianità, «abbiamo dovuto rinunciare al 30 per cento dello stipendio fino al primo gennaio 2024, in virtù della clausola sociale B, e abbiamo perso i requisiti di anzianità. Ho iniziato a lavorare per Alitalia nel 2001, più di vent’anni fa, e ora sono diventata una nuova assunta». 

I dipendenti hanno scoperto tutto il 31 marzo, quando «Covisian ha notificato l’interruzione del rapporto commerciale, che la legava a Ita, alle organizzazioni sindacali», ha spiegato Fiduccia di Cgil.

Poi, il 7 aprile è partita la procedura di licenziamento collettivo per 221 persone, cioè per la prima tranche che era transitata da Almaviva a Covisian. I restanti 322 – che nel frattempo per altre ragioni si erano ridotti a 308 – sarebbero rimasti ad Almaviva, in cassa integrazione, ma finchè non fossero transitati in Covisian entro la fine dell’anno.

Quando i lavoratori hanno saputo che il loro posto di lavoro era a rischio, è iniziato lo sciopero. Per correre ai ripari, il ministro del lavoro Orlando ha convocato un tavolo di confronto presso il suo dicastero, invitando i vertici delle società implicate. 

Ita, però, ha disertato l’incontro, definendosi «parte lesa». Intanto, il ministro Franco ha assicurato che «Ita farà parte integrante» dell’«impegno comune» a sostegno del tavolo aperto al ministero del Lavoro. 

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