- Un detenuto a terra: la schiena sanguinante, il corpo piegato dalle botte e gli agenti che lo schiantano di colpi. È un'altra scena della mattanza, consumata il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere 'Francesco Uccella'.
- I carnefici sono gli agenti di polizia penitenziaria, le vittime i detenuti del reparto Nilo. Nessun recluso dell’alta sicurezza, nessuno legato al crimine organizzato viene coinvolto nel pestaggio, ma solo detenuti per reati comuni.
- Gli agenti si alternano, ma c'è sempre uno con il casco, fa parte dei nuclei speciali, i gruppi operativi di supporto, istituiti e diretti dal provveditore regionale Antonio Fullone, e inviati a Santa Maria per «riprendere il carcere».
Un detenuto a terra: la schiena sanguinante, il corpo piegato dalle botte e gli agenti che lo schiantano di colpi. È un'altra scena della mattanza, consumata il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere 'Francesco Uccella'. I carnefici sono gli agenti di polizia penitenziaria, le vittime i detenuti del reparto Nilo. Nessun recluso dell’alta sicurezza, nessuno legato al crimine organizzato viene coinvolto nel pestaggio, ma solo detenuti per reati comuni ( alcuni con problemi mentali, molti con problemi di tossicodipendenza).
Domani pubblica un nuovo video della spedizione punitiva, l'orribile mattanza come l'ha chiamata Sergio Enea, il giudice per le indagini preliminari, che ha disposto 52 misure cautelari ( arresti e interdizioni) per agenti e dirigenti, incluso Antonio Fullone, il provveditore regionale per le carceri della Campania. Fullone è indagato dal settembre scorso, ha disposto la perquisizione punitiva, ma è rimasto al suo posto, prima con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e poi con la ministra Marta Cartabia. Oggi Fullone è interdetto per un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Sotto inchiesta (anche per depistaggio), dunque, anche chi avrebbe dovuto prima controllare e poi denunciare l’uso indiscriminato della violenza. In tutto gli indagati sono 117.
«Li abbattiamo come vitelli», «domate il bestiame», «chiave e piccone», dicono gli agenti penitenziari nelle chat finite agli atti dell'inchiesta della procura, guidata da Maria Antonietta Troncone che ha coordinato l’indagine insieme al procuratore aggiunto Alessandro Milita (pm Daniela Pannone e Alessandra Pinto). Le immagini raccontano di agenti, uomini e donne, che partecipano alla brutale aggressione. Il tutto avviene nel pomeriggio per oltre 4 ore. Un pestaggio di massa, «premeditato», precisano nelle carte i magistrati. Una sequenza che conferma le denunce e le inchieste giornalistiche che, dallo scorso settembre, dedichiamo agli eventi del 6 aprile nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere.
In ginocchio e insanguinato
I detenuti vengono fatti uscire dalle celle uno alla volta. Vengono picchiati prima all'interno poi all'esterno nei corridoi dove sono sottoposti a ripetute violenze: calci, pugni e manganellate. I reclusi, dal quarto piano, devono scendere nell'area socialità. Devono così attraversare le scale, all'ingresso c'è una telecamera che riprende la mattanza. Gli agenti si alternano, ma c'è sempre uno con il casco, fa parte dei nuclei speciali, i gruppi operativi di supporto, istituiti dal provveditore regionale Antonio Fullone, e inviati a Santa Maria per «riprendere il carcere». Nuclei che arrivano da altri istituti di pena. «Si poteva evitare questo disastro. La scelta dei gruppi operativi è stata fortemente voluta dai vertici, ma molto contestata. La ragione è semplice, la storia degli orrori della polizia penitenziaria ha precedenti simili. Ogni quando si inviano agenti da altri istituti di pena succede un disastro», dice un alto dirigente dell’amministrazione penitenziaria. Il disastro è la mattanza.
Nel nuovo video si vedono i detenuti che scendono le scale, tutti con le mani dietro la testa. Vengono colpiti da colpi con pugni e calci. Uno viene fatto inginocchiare da un poliziotto penitenziario, non identificato, che lo colpisce con il manganello cinque volte. Un altro, un migrante, non riesce più a camminare, per lui uno schiaffo in faccia. Poi si vede una coda di detenuti: devono abbassare la testa e subire la raffica di schiaffi. L'ultima scena racconta quanto hanno subito i detenuti, anche nelle aree non raggiunte dalle telecamere, come le celle. Un detenuto, con la maglia bianca, viene massacrato di botte. Si scopre la schiena: sanguinante e segnata dai colpi subiti.
Basentini informato della perquisizione straordinaria
Chi sapeva di quella perquisizione? «Hai fatto benissimo», dice Francesco Basentini, l’allora direttore del dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Basentini, non indagato, rispondeva agli aggiornamenti del provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone, sulla «perquisizione straordinaria» nel carcere di Santa Maria Capua Vetere del 6 aprile 2020. Basentini era stato fortemente voluto al Dap dall’ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che lo aveva preferito – tra mille polemiche – al pm antimafia Nino Di Matteo. Fullone informa il capo del Dap della “perquisizione straordinaria” non dei pestaggi, delle violenze e delle torture in corso. Basentini non ha voluto commentare. Lo scorso settembre, alla domanda sulla necessità di aprire un’indagine interna, aveva risposto: ««A memoria non ricordo se ho avviato un'indagine ispettiva sui fatti di Santa Maria Capua Vetere, non mi ricordo proprio, di solito per fatti analoghi l'ho sempre fatto». Dopo i non ricordo di allora, il silenzio di oggi.
(ha collaborato Federico Marconi)
© Riproduzione riservata