Il ministro dell’Interno ha risposto all’interrogazione del deputato Bonelli di Avs, presentata dopo la nostra inchiesta sugli affidamenti diretti per lavori del valore di oltre 60 milioni di euro, per la realizzazione dei centri per migranti a Shëngjin e Gjadër
Le procedure di appalto per il progetto dei centri per migranti in Albania sono state «in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale». A confermarlo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in risposta a un’interrogazione del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, nel giorno in cui è arrivata a Shëngjin la prima nave della Marina militare italiana con a bordo 16 persone.
Le strutture sono state aperte, anche se in parte inconcluse, per fare presto, grazie a decine di contratti di affidamento diretto chiusi dal ministero della Difesa del valore di milioni di euro, saltando le procedure ordinarie: oltre 60 milioni senza gara né, nella maggior parte dei casi, informazioni sulle aziende affidatarie, come rivelato da Domani.
Dopo la nostra inchiesta, Bonelli ha presentato un’interrogazione parlamentare a risposta immediata in assemblea, con cui ha chiesto al ministro dell’Interno di fornire l’elenco delle società affidatarie e subaffidatarie dei lavori per la costruzione dei centri, e gli eventuali controlli svolti in merito a un possibile legame tra queste e la criminalità organizzata albanese.
Appalti in deroga
Piantedosi ha chiarito che «le procedure di appalto per la realizzazione dei centri sono regolate dalla legge di ratifica del relativo Protocollo» che ha affidato al «Genio militare la competenza per la progettazione e l’esecuzione dei lavori, nonché per l’acquisizione delle forniture necessarie per la realizzazione delle strutture, prevedendo la possibilità di svolgere procedure d’appalto in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale».
Il ministro conferma che si è derogato a ogni norma ma, precisa, «è stato fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea».
Il ministero della Difesa, continua Piantedosi, assicura di aver effettuato tutti i controlli, tramite la Direzione tecnica competente, «coniugando l’inderogabilità delle disposizioni antimafia con la salvaguardia della celerità delle procedure».
Come aveva replicato la Difesa a Domani, anche Piantedosi ha assicurato che è stato selezionato un solo operatore economico con sede in Albania – «a cui sono stati affidati lavori relativi alle opere edili ed agli impianti ordinari» – ma ha negato che i lavori siano stati affidati tramite subappalti. «Tutti i contratti prevedono il divieto di subappalto», ha detto il ministro, e «nella fase esecutiva dei lavori, non risultano essere state segnalate violazioni del divieto all’accesso in cantiere di personale diverso da quello delle imprese esecutrici autorizzate».
Un’impresa, l’unica che secondo il ministro avrebbe sede in Albania, che «è stata sottoposta alle verifiche e ai controlli tramite la Banca dati antimafia e l’ambasciata di Italia in Albania ha interessato la polizia albanese e la Spak, struttura speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata, le quali hanno riferito che, nell’ambito delle attività da loro condotte, non sono emerse criticità, nei confronti dei soci ed amministratori della predetta impresa».
Le aziende con sede in Italia, continua il ministro, sono invece state controllate tramite la Banca dati e «le white list delle prefetture, riportanti l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa».
Una questione delicata
Alle parole del ministro, Bonelli ha espresso dubbi sulla capacità della Banca dati italiana di rilevare irregolarità in merito a un’impresa albanese. «A noi risulta che ci sono stati subaffidamenti e che abbiano lavorato altre società», ha aggiunto il deputato chiedendo al ministero di «rendere pubblici i nomi di queste società».
«Se i controlli non vengono fatti, li faremo noi», ha detto Bonelli, perché si tratta di «una questione estremamente delicata e il governo ha il dovere di essere trasparente».
A margine del question time, il portavoce di Europa Verde ha aggiunto: «Parliamo di strutture costate oltre 800 milioni di euro per ospitare 3mila persone. L’Albania è un Paese tra i più corrotti in Europa secondo gli organismi di controllo. Sappiamo che l’unico operatore economico selezionato con sede in Albania è la ditta “Everest Shpk” ma non si conoscono i nomi dei subappaltatori».
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