- Il procuratore Figc avanzerà la richiesta di sanzioni unitamente a quella di riapertura del procedimento. Nella scorsa primavera erano state avanzate richieste blande, di natura soltanto pecuniaria. Rigettate anche quelle.
- Rispetto al colpo di spugna dell’anno scorso sono giunte le nuove evidenze, emerse dall’inchiesta Prisma condotta dai magistrati della procura di Torino. Non soltanto le plusvalenze ma anche la cosiddetta manovra stipendi.
- Sarebbe bizzarro se il procedimento di giustizia sportiva si riaprisse soltanto per la Juventus. Che le plusvalenze non le faceva da sola. E il calcio italiano deve ancora fare i conti con questo poco commendevole copyright.
Tra vecchio e nuovo corso la Juventus si troverà oggi davanti a uno snodo importante. La Corte federale d’appello della Federazione italiana gioco calcio (Figc) dovrà esaminare la richiesta del procuratore federale, Giuseppe Chiné, di riaprire il procedimento sulle plusvalenze incrociate.
Tecnicamente si tratta di una “richiesta di revocazione” e mira ad azzerare il verdetto che la stessa Corte aveva emesso in data 17 maggio 2022. Quel verdetto spicca in testa alla pagina del sito Figc dedicata all’organo giurisdizionale e ricorda che in quel momento tutti i club coinvolti sono stati prosciolti perché si è ritenuto impossibile stabilire la fissazione di un valore congruo e oggettivo per il trasferimento.
Da allora il contesto è cambiato per effetto dell’inchiesta Prisma condotta dalla procura della Repubblica di Torino (l’udienza preliminare è fissata per il 29 marzo). Secondo il giudizio dei pubblici ministeri il ricorso alle plusvalenze incrociate sarebbe stato elevato a strumento operativo per mantenere artificialmente in linea di galleggiamento i conti della società.
Inoltre dalla stessa inchiesta sono emersi altri elementi fin lì non conosciuti nemmeno alla procura della Figc, come la cosiddetta “manovra stipendi”. Che secondo i pubblici ministeri torinesi sarebbe stato soltanto uno spostamento in avanti del pagamento di tre delle quattro mensilità contrattate, anziché un taglio secco di quattro mensilità con restituzione condizionale di tre fra queste. E dalla differenza fra la prima e la seconda ipotesi balla la responsabilità rispetto alla correttezza dei bilanci d’esercizio e delle comunicazioni alla Borsa.
Le sanzioni
Sulla base di queste nuove evidenze il procuratore Chiné chiede dunque che il procedimento in sede di giustizia Figc si riapra. E poiché la procedura dei tribunali sportivi è diversa rispetto a quella dei tribunali ordinari, Chiné avanzerà la richiesta di sanzioni contestualmente a quella di riapertura del procedimento.
Proprio l’entità delle sanzioni, unitamente alla decisione della Corte di riaprire o meno il procedimento, è la grande incognita. Un anno fa le richieste avanzate dal procuratore federale erano state blande: esclusivamente di natura pecuniaria e senza alcuna previsione di retrocessioni o penalizzazioni in classifica. Un atteggiamento morbido, forse dettato dalla consapevolezza che tutto quanto si sarebbe risolto in un colpo di spugna, ma che comunque è stato un messaggio di debolezza da parte della giustizia sportiva che di fatto riconosceva l’impossibilità di colpire duramente l’ipotesi di doping amministrativo diffuso.
Adesso che il quadro è cambiato grazie alle evidenze prodotte dai magistrati torinese, si vedrà se il procuratore Figc affonderà il colpo con maggior decisione. Ma ci sarà anche da vedere se la riapertura del procedimento riguarderà soltanto la Juventus e i suoi tesserati, o se piuttosto coinvolgerà tutti gli altri soggetti chiamati in causa.
Il sistema
Il verdetto della Corte potrebbe arrivare oggi o al massimo lunedì. E sarebbe parecchio bizzarro se il procedimento in sede di giustizia sportiva si riaprisse soltanto per la società bianconera e non anche per tutte le altre che sono state giudicate e assolte nella primavera del 2022.
Le plusvalenze erano incrociate e dunque è quasi una banalità rimarcare che la Juventus non le ha realizzate da sola. Infatti nel procedimento sportivo erano coinvolte anche Empoli, Genoa, Napoli, Parma, Pescara, Pisa, Pro Vercelli, Sampdoria, più due società che nel frattempo erano uscite dai ranghi federali (Chievo e Novara).
La riapertura del procedimento riguarderà anche loro? In quel caso la vicenda assumerebbe tutto un altro aspetto, poiché per la giustizia della Figc si tratterebbe di ammettere che non si era avuto abbastanza coraggio per andare a scardinare un sistema. Che certamente era molto difficile da sanzionare, ma che altrettanto certamente ha contribuito a peggiorare tanto i conti quanto il grado di etica e moralità del calcio italiano.
E se è vero che in qualche caso il meccanismo delle plusvalenze incrociate è stato adottato anche all’estero (non soltanto col coinvolgimento di club italiani), è altrettanto vero che più volte ci è capitato di ricevere stranite richieste di chiarimento, da parte di colleghi stranieri, su come funzioni il marchingegno. Giornalisti francesi, portoghesi, tedeschi, inglesi, che uno dopo l’altro hanno scoperto questo nuovo e poco commendevole “calcio all’italiana”, non più legato al binomio “catenaccio e contropiede” ma non di meno correlato alla furbizia speculativa. Un copyright di cui sarebbe stato bene fare a meno. Ma che, una volta acclarato, richiederebbe da parte del sistema calcistico italiano un segnale serio di presa di distanza. Altrimenti il gioco continuerà a essere condotto dai furbi.
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