La prova scritta superata dall’80,13% per scuola dell’infanzia e primaria; dall’87,17% per la scuola secondaria di I e II livello. Un meccanismo di selezione che non funziona. A fronte di un numero di cattedre disponibili largamente insufficiente
Un test inutile per selezionare i candidati e le candidate davvero meritevoli. Dopo il disastro del liceo del Made in Italy, il governo Meloni dimostra ancora una volta di non conoscere il mondo della scuola. I risultati comunicati venerdì dal ministero dell’Istruzione e del Merito confermano le impressioni a caldo di chi ha superato la prova scritta del concorso per docenti: il test era al di sotto delle aspettative. La media di ammessi alla prova orale, infatti, è altissima: va dall’80,13%, per scuola dell’infanzia e primaria, all’87,17%, per la scuola secondaria di I e II, nelle quattro sessioni di prove finora svolte.
Come spiegare queste percentuali? Nel 2022 passò la prova scritta per la scuola secondaria appena il 10% dei partecipanti al concorso. Per evitare quell’eccesso, dovuto a quesiti iper-specialistici, in alcuni casi con più di una risposta possibile (dovette intervenire anche l’Accademia della Crusca per chiarirne diverse), il ministero dell’Istruzione e del Merito ha finito per cadere nell’eccesso opposto, optando per un test generico, superabile praticamente da chiunque.
UN TEST INADEGUATO
Viviamo in un’era in cui, oltre che nei modi tradizionali (corsi organizzati da enti pubblici e privati, specifica manualistica), ci si può preparare al concorso per insegnanti anche abbonandosi ad appositi canali YouTube. A gestirli sono docenti che, con empatia e piglio da youtuber, aiutano anche a preparare il concorso. Come Cateteaches: canale con 19.600 iscritti. È di Caterina Bufanini, insegnante precaria, laureata in scienze della formazione primaria. A lei dobbiamo l’epiteto di “abbordabilissimo”, assegnato al test il giorno stesso in cui l’ha svolto (e superato).
Teniamo anche in considerazione che chi sta partecipando al concorso ha un’età media di circa quarant’anni, quindi una laurea alle spalle, crediti universitari formativi (Cfu) specifici per l’insegnamento, spesso anche un Tirocinio formativo attivo (Tfa), pagato circa 3.000 euro, master e a volte dottorati. In questo contesto, la prova scritta predisposta dal Ministero si è dimostrata inadeguata. Secondo il ministro Giuseppe Valditara, «l’alta percentuale di ammessi all’orale testimonia la preparazione dei futuri componenti di una classe docente che verrà selezionata anche in base all’attitudine all’insegnamento». Questa preparazione, però, non è stata tenuta in considerazione dal ministero, altrimenti il test non sarebbe stato così elementare.
Altre storture: i supplenti, per partecipare al concorso, hanno dovuto chiedere un permesso non retribuito per recarsi nella sede di convocazione, perdendo «la maturazione dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti», secondo quanto stabilito dal contratto (art.35, c.15). Ciò significa che qualcuno potrebbe non raggiungere i 180 giorni necessari affinché il periodo di servizio possa considerarsi “anno scolastico”: un problema che riguarda tutti i precari convocati allo scritto di marzo che stanno svolgendo una supplenza iniziata a febbraio.
La vittoria del concorso, peraltro, non garantisce la stabilizzazione: se non ci sono cattedre a disposizione, si passa alla graduatoria degli idonei e si continua a essere precari.
STIPENDI TROPPO BASSI
Il concorso in atto, dunque, mette in luce, come denunciato dalla Flc Cgil, «l’inadeguatezza delle politiche sul reclutamento e l’esigenza di una seria programmazione dell’offerta formativa dei percorsi di specializzazione legata al fabbisogno regionale». «Le maggiori criticità – continua la nota del sindacato – si registrano nelle materie con una forte connotazione tecnica e sul sostegno, settori in cui, in alcuni territori, i candidati sono in numero minore rispetto ai posti disponibili». Questi dati confermano la poca attrattiva dell’insegnamento, determinata dalle basse retribuzioni, dalla complessità della professione e dallo scarso riconoscimento sociale, soprattutto nelle discipline e nei territori in cui il mercato del lavoro offre prospettive occupazionali alternative. Il dato sul sostegno, in particolare per la Liguria (191 posti per le scuole medie a fronte di soli 16 candidati), la Lombardia (2019 posti per 530 candidati), Piemonte (148 candidati per 733 posti), Veneto (186 candidati per 525 posti), conferma l’urgenza di prorogare anche al prossimo anno le assunzioni dalle Graduatorie provinciali di supplenza (Gps) prima fascia.
UNO SU SETTE CE LA FA
Nel complesso i candidati al concorso sono 372.804, di cui 303.687 nelle scuole medie e superiori per 29.314 posti (in media, 10 candidati per ogni posto a disposizione), 69.117 per 15.340 posti nella scuola dell’infanzia e primaria (4 candidati per ogni posto). Per 5.203 posti di sostegno ci sono 39.720 candidati.
Le prove scritte, che si sono svolte già alla scuola dell’infanzia e primaria, continueranno a tenersi per scuole superiori di I e II grado fino a domani. In cosa consistono? 100 minuti per rispondere a 50 quesiti a risposta multipla, di cui 10 di contenuto pedagogico; 15 di contenuto psicopedagogico (compresi gli aspetti relativi all’inclusione); 15 di contenuto metodologico-didattico (compresi gli aspetti relativi alla valutazione); 5 sulla conoscenza della lingua inglese; 5 sull’uso didattico delle tecnologie digitali. Superano la prova scritta e accedono alla prova orale i candidati che raggiungono un punteggio di almeno 70/100.
La prova orale dovrà accertare la preparazione dei candidati sia sotto il profilo disciplinare sia per quanto riguarda la capacità didattica, pertanto i candidati dovranno svolgere una lezione simulata, con una traccia estratta a sorte.
I docenti così selezionati, però, non basteranno, perché il governo Gelmini-Tremonti, in cui Giorgia Meloni era ministra della Gioventù, tagliò migliaia di cattedre, aumentando il numero di studenti per ogni insegnante. Vale ancora ciò che scrisse un centinaio di anni fa Antonio Gramsci: «Il corpo insegnante specialmente dovrebbe essere aumentato, perché la efficenza della scuola è tanto maggiore e intensa quanto più piccolo è il rapporto tra maestro e allievi».
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