I movimenti ultracattolici vogliono imporre negli istituti la loro narrazione e fanno pressioni sull’esecutivo. Da Mantovano a Valditara, ecco come si muovono i referenti anti diritti, che hanno una sponda in FdI e Lega
Una strategia politica precisa, travestita da farsa e destinata a cambiare la rotta della scuola italiana. Sembrava nulla al principio: i bambolotti dei feti, i manifesti omotransfobici sui muri dei palazzi, le sentinelle in piedi di fronte alle scuole. Trash, buono per qualche battuta sui social.
Poi, a poco a poco, Fratelli d’Italia ha assorbito il movimento anti scelta e lo ha portato dentro le stanze dei bottoni. Adesso i suoi rappresentanti promettono una rivoluzione «antropologica positiva» per «contaminare istituzioni e informazione».
Per capire come la scuola si stia trasformando in uno specchio che riflette il “pensiero unico” del governo Meloni bisogna prima percorrere una storia che incrocia ex militanti pro-vita diventati ministri, leader di Family Day convinti di guarire le persone gay arruolati come consulenti del governo, e sentinelle anti lgbt infilate nelle chat di genitori e insegnanti di tutta Italia. Poi seguire la traccia dei soldi che qui arrivano da rampanti finanziatori del neo conservatorismo mondiale e giunte regionali.
Fondamentalisti al governo
Inizia tutto nelle stanze dei ministeri, diventate porte girevoli di associazioni del mondo pro-vita. Convegni presso Camera e Senato, risoluzioni anti gender scritte a quattro mani, incontri a porte chiuse.
È un mondo che si ricompatta. Alle Pari Opportunità c’è Eugenia Roccella, presente sin dagli esordi alle manifestazioni della Manif Pour Tous Italia (nata nel 2013 a Roma, oggi Pro Vita & Famiglia), sostenitori di queste piazze anche Lucio Malan, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa: oggi rispettivamente capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, presidente della Camera e presidente del Senato.
Alfredo Mantovano, punto di riferimento del mondo pro-vita, oggi è sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega ai servizi segreti: nel 2013 è tra i protagonisti di un convegno chiave svoltosi Milano contro gender, legge anti omofobia e unioni civili, primo tentativo degli anti lgbt di coordinarsi a livello nazionale e di pianificare un piano strategico, anche con i partiti.
Il tempo fa i suoi giri e restituisce a ognuno la poltrona che merita. Il leader del Family Day, Massimo Gandolfini, oggi ricopre il ruolo di consulente del Dipartimento per le politiche antidroga, fortemente voluto da Mantovano.
L’associazione Pro Vita e Famiglia per il ministero dell’Istruzione fa un lavoro di stretto monitoraggio. Nel marzo 2023 ha consegnato nelle mani del ministro Giuseppe Valditara un documento dal titolo “Progetti applicati nelle scuole italiane ispirati alla teoria gender”, dove si raccolgono i corsi di anti bullismo e libri che parlano di inclusività e uguaglianza.
Il documento viene aggiornato ogni mese, oggi conta di 105 pagine che riportano città, scuole, indirizzi, nomi e cognomi dei protagonisti che portano avanti corsi di educazione alle differenze, per la grammatica del governo “corsi sul gender”.
Un lavoro certosino, possibile grazie al numero verde di Pro Vita che rimbalza spesso nelle chat dei genitori con l’invito di chiamare e segnalare i corsi “erotizzanti” nelle scuole. Basta telefonare, chiedere informazione su un corso di “educazione sentimentale” in una scuola, per ottenere risposte vaghe ma comunque terrorizzanti degli operatori che spesso chiudono con un più rassicurante: «Abbiamo dei contatti all’interno del mondo della scuola in genere. Al livello del ministero dell’Istruzione. Possiamo intervenire al livello più alto».
Nelle scuole
Dal basso invece l’associazione vicina al governo offre un vademecum disponibile online che insegna ai genitori come riconoscerli e come opporsi: argomentazioni da esporre, lettere precompilate e note ministeriali da indirizzare ai dirigenti per fare pressione.
Ci sono poi i convegni di formazione per docenti e genitori. Il 24 novembre alla Camera uno dal titolo “Un Manifesto Europeo per proteggere i minori dalla propaganda gender”. È passato sottotraccia, ma da lì a qualche mese è nata la risoluzione anti gender approvata dal parlamento.
Eloquente la descrizione: “Pareri a confronto per contrastare nelle scuole e nei media sul web contagio sociale dell'ideologia gender”. A guidare il convegno Giusy D’Amico, presidente dell’associazione “Non si tocca la famiglia”, molto vicina al leghista Rossano Sasso primo firmatario della risoluzione.
«Qui nessuno dice che non esistono i maschi e le femmine, si cerca di spiegare ai ragazzi che il sesso e il genere corrono su uno spettro. Si prova a dare una visione più ricca. Vicina alla realtà», spiega la presidente di Agedo nazionale, Donatella Siringo, che insieme a All Out ha lanciato in questi giorni una petizione per dire “No alla censura anti lgbt nelle scuole”. «Ma quello che conta per questo governo non è la correttezza delle informazioni, le fonti. Sasso nella sua risoluzione l’unica fonte che cita è il papa».
Tessere di una storia in cui nulla succede all’improvviso. «Le nuove linee guida volute dal ministro Valditara con il loro portato di vento oscurantista hanno già messo un freno ai progetti nelle scuole», racconta Monica Pasquino, presidente di Educare alle differenze, una rete nazionale che raccoglie decine di associazioni impegnate sul tema dell'affettività nelle scuole.
Si riferisce alle linee per l’insegnamento dell’Educazione civica, presentate dal ministro Valditara definite proprio su questo giornale da Christian Raimo come “neonazionaliste”. Bocciate dal Consiglio superiore della pubblica istruzione come «irrispettose del lavoro dei docenti». Nelle chat pro-vita sono state accolte con entusiasmo: «Quello che chiediamo da tempo, ovvero il contrasto a ogni tipo di progetto ideologico gender e Lgbtqia+ all’interno delle scuole e dell’illegale».
Secondo Pasquino, per i docenti è un macigno: «Prima che venissero approvate dal ministero i presidenti avevano già chiesto ai docenti di immaginare dei percorsi di educazione civica che tenessero presenti queste indicazioni. Una docente mi ha telefonato pochi giorni fa: “La mia dirigente mi ha chiesto di aderire alle linee guida, avevo previsto tutto su contrasto al bullismo, stereotipi di genere”.
Ha dovuto mollare. C’è un senso di persecuzione che avvolge il corpo insegnanti che cercano di fare qualcosa», racconta Pasquino, che il 28 e 29 settembre a Roma, proprio in occasione della decima edizione di Educare alle Differenze, ha deciso di prevedere un dibattito per sostenere i docenti. Ancora più in difficoltà associazioni come Arcigay: «La situazione è peggiorata già dai primi mesi di governo», racconta Marta Rohani, delegata scuola di Arcigay nazionale: «Le amministrazioni comunali virate a destra hanno limitato i progetti all’interno delle scuole. Ci sono bandi comunali che hanno estromesso le realtà lgbt».
Nelle aule di 51 province è presente Teen Star, nome che può ricordare un talent show, è invece il corso di educazione sessuale dei gruppi pro-vita. Accreditato dal ministero dell’Istruzione come ente erogatore di formazione per il personale scolastico. Una realtà transnazionale in forte crescita nel nostro paese, ideata dalla suora missionaria americana Hanna Klaus, si basa su proposte di castità e sulla “Teologia del corpo” di Giovanni Paolo II.
Corsi indirizzati alle scuole medie e superiori dove ai ragazzi, divisi per genere, viene insegnato “l’unico metodo” per prevenire gravidanze indesiderate e infezioni a trasmissione sessuale: l’astinenza. E ancora l’inesistenza delle persone trans, la donna creata per amare, bisognosa di guida maschile. Mentre l’uomo tende all’iniziativa, all’autorità. Un programma politico. Un’evoluzione anche nel linguaggio, certo, non proprio verso il futuro.
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