Ad esprimersi sul caso di diffamazione che riguarda il giornalista Lorenzo Tondo sarà lo stesso giudice che sei anni fa aveva convalidato, per un «acclarato scambio di persona», il fermo di un cittadino eritreo con l’accusa di essere uno dei più importanti trafficanti di esseri umani. Alle inchieste del reporter, che avevano svelato l’errore, erano seguite due querele per diffamazione da parte del pubblico ministero
A decidere sul processo per diffamazione a carico di Lorenzo Tondo, giornalista del Guardian, sarà Calogero Cammarata, lo stesso che nel 2019 si era espresso sul trattenimento di Medhanie Berhe, cittadino eritreo al centro delle inchieste di Tondo, in un Centro per il rimpatrio. Una scelta «inopportuna e preoccupante» come è stata definita dalla segreteria regionale di Assostampa Sicilia schieratasi immediatamente al fianco di Tondo.
I fatti
Lorenzo Tondo aveva rivelato, tramite una serie di inchieste curate per il giornale britannico, il clamoroso scambio di persona che aveva portato la procura di Palermo ad istituire un processo contro il cittadino eritreo Medhanie Tesfamariam Berhe, accusato dalla procura di traffico di esseri umani.
Dalle inchieste del Guardian era infatti emerso che l'uomo, arrestato a Khartoum nel 2016, non era il latitante Medhanie Yedhego Mered, trafficante di esseri umani ricercato da anni e conosciuto come «il generale», ma Medhanie Berhe, un falegname di Asmara estradato in Italia dal Sudan e messo in carcere per i crimini commessi da un altro uomo. Nel corso del procedimento la procura, senza riconoscere l’errore, aveva anche disposto l’intercettazione del giornalista depositando un fascicolo contenente, tra i vari documenti, le trascrizioni di sue conversazioni private relative al caso con alcune fonti.
A luglio del 2019, dopo 3 anni di detenzione durante il processo, la Corte di Assise di Palermo ha infine assolto Berhe dall’accusa di traffico di esseri umani accertando l’esistenza di un «acclarato scambio di persona», confermando così la tesi del Guardian, condannandolo invece per favoreggiamento all’immigrazione illegale per aver aiutato il cugino a fuggire dalla Libia. La sentenza ha disposto anche l’immediata scarcerazione dell’uomo, il cui trattenimento presso il Cpr era stata autorizzata dall’allora Giudice per l’immigrazione Calogero Cammarata.
Nelle motivazioni del provvedimento con cui Cammarata aveva disposto il trattenimento, si specifica che questo viene deciso dopo che «il questore di Palermo ha ritenuto che Berhe costituisca un pericolo per l’ordine e per la sicurezza».
L’incompatibilità
Nonostante l’andamento processuale abbia dato ragione a Tondo, accettando la ricostruzione del giornalista, il pubblico ministero ha deciso di intentare due cause civili per diffamazione nei confronti del reporter, la prima nel 2019 per un post su Facebook e la seconda l’anno successivo per i suoi articoli sul Guardian. Una vera e propria intimidazione, come l’aveva definita nel 2021 il Consiglio d’Europa, che rischia di comprimere le libertà di stampa nel nostro paese. Anche perché, come aveva sottolineato all’epoca il suo legale, il magistrato aveva scientemente deciso di «trascinarlo in giudizio senza il suo giornale, per farlo sentire ancora più isolato e debole rispetto al potere dello Stato».
Ora però emerge che a giudicare Tondo su questa doppia querela sarà quello stesso Cammarata che si espresse sul trattenimento di Berhe nel 2016. Trattandosi di una causa riguardante un magistrato di Palermo, infatti, la competenza è in capo al foro nisseno. Un cortocircuito che non ha lasciato indifferente il sindacato dei giornalisti intervenuto immediatamente a difesa di Tondo. «Che un giornalista scopra e scriva di un clamoroso errore giudiziario - scrive in un comunicato la segretaria regionale di Assostampa Sicilia - dovrebbe essere elemento di merito e non pretesto per una querela nei suoi confronti. Che il giudice che ha convalidato il fermo di un migrante al centro di questo errore, non si astenga dal giudicare il giornalista oggi a giudizio per diffamazione, appare inopportuno e preoccupante».
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