- All’interno di quella che Vladimir Putin chiama «operazione militare speciale», sono cominciati quelli che sempre il presidente russo definisce «referendum». Ma anche questa consultazione è a dir poco «speciale», e per capire fino a che punto non basta dire che la comunità occidentale la disconosce.
- Bisogna anche aggiungere che da quando l’invasione russa è iniziata, «ci sono tutte le evidenze che sono stati commessi crimini di guerra». Questo è quanto ha dichiarato questo venerdì la commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite.
- Intanto dalla Russia è continuato l’esodo massiccio, e il Cremlino per contenerne le conseguenze è arrivato a prevedere esenzioni dalla leva per alcune categorie privilegiate.
All’interno di quella che Vladimir Putin chiama «operazione militare speciale», sono cominciati quelli che sempre il presidente russo definisce «referendum». Ma anche questa consultazione è a dir poco «speciale», e per capire fino a che punto non basta dire che la comunità occidentale la disconosce. Bisogna anche aggiungere che, da quando l’invasione russa è iniziata, «ci sono tutte le evidenze che sono stati commessi crimini di guerra». Questo è quanto ha dichiarato questo venerdì la commissione d’inchiesta delle Nazioni unite. Intanto dalla Russia è continuato l’esodo massiccio, e il Cremlino per contenerne le conseguenze è arrivato a prevedere esenzioni dalla leva per alcune categorie privilegiate.
I referendum fantoccio
La versione del Cremlino è che da questo venerdì, e fino a martedì prossimo, «le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, così come i territori liberati delle due regioni di Kherson e Zaporizhzhia, voteranno in merito alla loro unificazione con la Russia». Le immagini da Lugansk, controllata dai separatisti, restituiscono strade svuotate dalla guerra e attraversate da veicoli militari. Ai bordi, campeggiano enormi poster elettorali, che recitano «Con la Russia per sempre – 27 settembre». Sui volantini distribuiti alla popolazione, «27 settembre – Vota sì». A Donetsk, le guardie militari separatiste presidiano i seggi.
Dall’Ucraina arrivano racconti di ragazzini anche di soli 13 anni, spinti a votare per ingrossare i numeri della partecipazione al voto. La Russia ha autoconfezionato la sua “osservazione elettorale” e ha dovuto organizzare una finta missione di controllo, visto che gli organismi internazionali non certificano operazioni di voto che disconoscono in partenza.
Questi referendum sono considerati del tutto «illegali» dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che ha ribadito: «Qualsiasi voto o referendum sul territorio dell’Ucraina può essere convocato e gestito solo dalle autorità deputate, nel contesto del quadro giuridico nazionale e degli standard internazionali».
La comunità occidentale ha da subito condannato e disconosciuto le consultazioni putiniane.
Dinamica e implicazioni
Questa è almeno in parte una storia già vista, perché la dinamica ricorda il referendum fantoccio tenutosi in Crimea otto anni fa, anch’esso dichiarato illegale dall’Osce. Il parlamentino che era illegale per Kiev aveva chiesto di entrare a far parte della Federazione russa in caso di “referendum” a favore, e dopo il voto di marzo 2014 Mosca aveva annesso la Crimea.
Nel caso di questi nuovi referendum imbastiti da Putin, la loro conclusione non è attesa per l’esito del voto, che è fake quanto i referendum stessi, ma per le implicazioni. E in questo caso, sono particolarmente complesse. Il punto chiave sta in quel passaggio del discorso di Putin di inizio settimana che recita così: «Se l’integrità territoriale del nostro paese sarà minacciata, useremo sicuramente tutti i mezzi a nostra disposizione per proteggere la Russia e il nostro popolo. Non è un bluff».
Con «tutti i mezzi a disposizione» va da sé anche quello nucleare, e una volta annesse le quattro regioni ucraine sottoposte a finto referendum, anch’esse secondo Putin comporranno la «integrità territoriale del paese». Significa presentare ogni tentativo di Kiev e dell’occidente di liberarle come un attacco diretto alla Russia.
«Vorrei poter credere che nonostante tutte le difficoltà non abbiamo imboccato quel pericoloso sentiero che porta a cadere nell’abisso del conflitto nucleare con gli americani», ha detto questo venerdì Anatoly Antonov, ambasciatore russo negli Stati Uniti. E l’agenzia russa Tass ha sparato il richiamo al nucleare in tutta evidenza.
Crimini di guerra
Intanto il governatore di Kharkiv ha riferito che in una fossa comune nella città di Izium sono stati rintracciati i corpi di 436 persone, delle quali una trentina riportava anche segni di torture.
E sempre mentre si svolgeva il referendum fake di Putin, dalle Nazioni unite è arrivata la certificazione dei crimini di guerra avvenuti in Ucraina. «Sulla base delle prove raccolte, abbiamo concluso che nel paese sono stati commessi crimini di guerra», ha dichiarato questo venerdì Erik Mose. Presiede la commissione d’inchiesta che da maggio, incaricata dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, sta indagando sulle violazioni dei diritti in Ucraina. Finora il lavoro degli esperti si è concentrato su quattro regioni che erano state occupate dai russi, e ha accertato violenze sessuali, torture, esecuzioni. Anche i bambini sono stati vittime di crudeltà.
Fuga dalla Russia
La chiamata alle armi intanto continua a produrre un esodo dalla Russia, tanto che questo venerdì il Cremlino ha stabilito una esenzione dalla leva per alcune categorie privilegiate. Dopo le proteste del mondo degli affari russo, con le aziende che lamentavano che la operabilità in settori chiave sarebbe stata a rischio, il ministro della Difesa ha annunciato che alcune categorie – banche, telecomunicazioni, giornalisti che lavorano per media governativi e altri colletti bianchi – saranno esentati dall’obbligo di andare a combattere in Ucraina.
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