Oggi è stato presentato il sesto Rapporto sul servizio sanitario nazionale che mostra segnali di definanziamento della sanità pubblica sempre più evidenti. Per far fronte a questa situazione la fondazione Gimbe ha proposto un piano in 14 punti per uscire dalla crisi del settore sanitario
Tempi di attesa interminabili, pronto soccorso affollati, difficoltà nel trovare un medico o un pediatria vicino alla propria abitazione e aumento della spesa privata sono alcune delle criticità evidenziate da Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, in occasione della presentazione del sesto Rapporto sul servizio sanitario nazionale.
Le difficoltà della sanità sono il risultato di 15 anni di tagli e investimenti inadeguati. Tra il 2010 e il 2015, sono stati tagliati oltre 37 miliardi e più di 12 miliardi tra il 2015 e il 2019. Nella stagione della pandemia, il fondo sanitario nazionale è aumentato di 11,2 miliardi, ma questo finanziamento è stato assorbito dai costi del Covid-19 ed è risultato del tutto insufficiente.
Per il futuro, la legge di bilancio 2023 ha incrementato il fondo per gli anni 2023, 2024 e 2025 rispettivamente di 2,1 miliardi, 2,3 miliardi e 2,6 miliardi. Ma, secondo le previsioni, il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil si ridurrà dal 6,7 per cento del 2023 al 6,3 per cento nel 2024, per poi arrivare al 6,2 per cento nel 2025-2026, raggiungendo in quei due anni un valore inferiore a quello pre-pandemia del 2019 (6,4 per cento).
L’aumento della spesa dal 2024 al 2026 non sarà comunque sufficiente, considerando l’inflazione e l’aumento dei prezzi. Secondo il report, quindi, questi dati sono la prova di nuovi segnali di definanziamento che faranno sì che il 2024 sia ben lontano «dall’essere l’anno del rilancio».
La spesa sanitaria pubblica del nostro paese nel 2022 si attesta al di sotto sia rispetto alla media Ocse (7,1 per cento) sia alla media europea (7,1 per cento). Il divario di investimenti per l’anno 2022 tra l’Italia e la media Ocse equivale a 48,8 miliardi. E, se si prendono come riferimento gli anni tra il 2010 e il 2022, la spesa sanitaria pubblica italiana è stata inferiore di 345 miliardi rispetto alla media dei paesi europei.
La mancanza di personale
Non è così remota la possibilità di aspettare anche un anno per una qualsiasi visita di controllo all’ospedale e una delle motivazioni è da imputare alla carenza di personale sanitario.
Secondo il report, l’Italia si trova al di sotto della media Ocse se si analizza il numero di infermieri impiegati nelle strutture sanitarie, con 6,2 contro i 9,9 europei per 1.000 abitanti. Anche se si prende in considerazione il rapporto tra medici e infermieri l’Italia si trova sotto la media europea (1,5 vs 2,7), in Europa si colloca davanti solo alla Spagna (1,4) e alla Lettonia (1,2).
Alla scarsa attrattività del settore, si aggiunge il fatto che molti impiegati nel sistema sanitario nazionale ogni anno decidono di spostarsi all’estero o nel privato.
Le differenze tra regioni
Un altro problema sta nelle profonde disuguaglianze interregionali. Nel report la situazione viene presentata come una «frattura strutturale tra nord e sud», che comporta un imponente flusso di mobilità sanitaria dalle regioni meridionali a quelle settentrionali.
E la richiesta da parte delle regioni con le migliori performance sanitarie di maggiori autonomie amplificherà, secondo quanto riportato nel rapporto Gimbe, le diseguaglianze già esistenti.
Il ruolo del pnrr
In una situazione critica come quella che sta affrontando il settore sanitario nazionale italiano, il piano nazionale di ripresa e resilienza può essere una grande opportunità e, secondo Gimbe, «la sua attuazione deve essere sostenuta da azioni politiche».
A tal proposito sarebbe necessario ridisegnare il ruolo dei medici di famiglia e facilitarne l’integrazione con l’infermiere di famiglia, proporre investimenti certi per il personale sanitario dal 2027 e un lavoro delle regioni per andare a colmare le lacune esistenti.
Il piano di rilancio
Gimbe ha proposto un piano di rilancio del servizio sanitario nazionale in 14 punti, finalizzato «all’attuazione di riforme e innovazioni di rottura per il rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia», ha detto Cartabellotta.
Il piano prevede di mettere al centro di tutte le decisioni politiche la sanità, di rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello stato sulle regioni e di rilanciare il finanziamento pubblico al fine di allinearlo alla media degli altri paesi europei.
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