Il direttore di Domani è intervenuto, nel programma di Lilli Gruber, sul redditometro, la misura volta a stimare la vera capacità di spesa dei contribuenti e aiutare il fisco a determinare le giuste tasse da pagare. Proprio nel pomeriggio di mercoledì il decreto che conteneva la misura è stato sospeso da Meloni
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni «è terrorizzata dal consenso, è terrorizzata dal fatto di perdere anche un solo punto», commenta il direttore di Domani Emiliano Fittipaldi, intervenuto mercoledì 22 maggio a Otto e mezzo, il programma di Lilli Gruber su La7. Al centro della discussione la questione del redditometro, la misura introdotta nel decreto attuativo firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, quota Fratelli d’Italia, che la premier si è precipitata a sospendere.
Il redditometro è uno strumento tramite cui il fisco mette sotto le proprie lenti la capacità reale di spesa dei contribuenti per risalire al loro reddito presunto, partendo da una serie di beni in possesso di chi dovrà pagare le tasse.
«Perché Meloni si precipita su Instagram a spiegarci che ha fatto un errore clamoroso? A chi sta parlando?», prosegue Fittipaldi, precisando che il messaggio è rivolto ai suoi elettori, «che in parte sono evasori fiscali. Lo dicono i dati dell’ultima relazione del Mef».
«L’Irpef», aggiunge il direttore di Domani, «viene pagata all’80 per cento dai dipendenti pubblici e dai dipendenti privati e al 6 per cento dai lavoratori privati e dalle partite iva, che evadono – sempre in base alla relazione dei tecnici del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – quasi il 60/70 per cento di quello che dovrebbero pagare. Questo pezzo di elettorato, a cui prima parlava Silvio Berlusconi e che poi chiedeva udienza alla Lega, Meloni non lo vuole perdere».
Fittipaldi ricorda poi una dichiarazione «gravissima» fatta dalla premier un anno fa in Sicilia, durante la campagna elettorale: Meloni aveva definito «lo stato che chiedeva l’evasione ai commercianti» uno stato che chiedeva il pizzo. La premier «ha chiesto di alzare la soglia del contante», continua il direttore, e «abbiamo fatto un concordato preventivo biennale che, secondo i sindacati, è una sorta di legalizzazione dell’evasione».
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