Il nostro paese è pieno di eletti che svolgono attività di consulenza. L’ex premier è il più noto. Ma ci sono anche Crosetto e Santanchè
Abbiamo raccontato dei politici italiani che, usciti dal parlamento, iniziano subito a lavorare per aziende private come consulenti, lobbisti o manager sfruttando le conoscenze accumulate negli anni precedenti. La pratica è totalmente lecita visto che, a differenza di molti paesi occidentali, da noi non esistono leggi che prevedono un periodo di pausa tra il lavoro pubblico e quello privato.
Ora ci occupiamo di un’altra declinazione del conflitto di interessi. Rappresentata da coloro che tengono il piede in due scarpe. Sono quelli che, mentre rappresentano i cittadini alla Camera o al Senato, svolgono anche attività privata. Il caso più noto è quello di Matteo Renzi, al contempo senatore della Repubblica italiana e consulente privato: di aziende e, indirettamente, di governi stranieri.
Renzi d’Arabia
Come rivelato quasi tre anni fa da Domani, Renzi lavora per la monarchia dell’Arabia Saudita, tra gli stati più autoritari al mondo. Il principe ereditario, Mohammed bin Salman, paga ancora oggi l’ex premier italiano per far parte del consiglio d’amministrazione della fondazione Future Investment Initiative.
Inoltre, almeno fino al 2021, Renzi era membro del comitato consultivo della Royal Commission of Alula. In entrambi i casi si tratta di organismi controllati dal regime saudita, dunque il senatore toscano risulta essere contemporaneamente pagato dai cittadini italiani e da uno Stato straniero che lo ha ingaggiato come consigliere.
Per la legge italiana è tutto regolare. Come ha sottolineato più volte lo stesso Renzi, nel nostro paese non esistono norme che gli impediscano di farlo, né sono mai stati approvati dal parlamento regolamenti interni per proibire la pratica. Essere al contempo rappresentante politico e consulente privato è talmente legale che Renzi ha addirittura fondato una società per fare attività privata. Si chiama Ma.Re e, si legge nello statuto costitutivo, si occupa tra le altre cose proprio di consulenza.
L’ex premier si trova così a dover rappresentare gli interessi dei cittadini italiani che lo hanno eletto in parlamento e quelli di chi lo paga come consulente. I nomi dei suoi clienti non si sanno, perché Renzi non è tenuto a dichiararli.
Per quanto noto, il senatore toscano è il politico che si è spinto più in là, anche se tra parlamento e Consiglio dei ministri non mancano casi simili. Essendo parte della maggioranza di governo, i più controversi al momento sono quelli di Maurizio Gasparri, Guido Crosetto e Daniela Santanchè.
Lo storico senatore di Forza Italia dal 2021 è presidente di Cyberealm Srl, società italiana che si occupa di sicurezza informatica insieme a una serie di altre aziende controllate. Gasparri non aveva mai dichiarato l’incarico, come prevede il regolamento del Senato.
Cyberealm è di proprietà dell’italo-israeliano Leone Ouazana, che ha dichiarato a Report di condurre «attività abbastanza sensibile in Israele». L’azienda ha avuto rapporti commerciali con enti pubblici italiani e con società di stato.
Governo in conflitto
Differente il caso di Guido Crosetto. Attuale ministro della Difesa, prima di entrare in carica era a capo di Aiad, la lobby dei produttori italiani di armi, associazione che rappresenta le principali aziende del settore difesa. Quando era già stato eletto parlamentare e nominato ministro, Crosetto era ancora titolare di una società (tra le varie che controllava), la Csc & Partners, che nel suo statuto dichiara di fare lobbying per conto di imprese. L’aveva fondata due anni prima, quando non era in parlamento. Dopo che la notizia è uscita sui giornali l’impresa è stata chiusa. Il ministro finora non ha mai dichiarato chi sono stati i suoi clienti.
Gli eletti italiani sono tenuti a dichiarare pubblicamente le cariche e le partecipazioni azionarie detenute in aziende private. Non c’è limite all’ambito d’azione delle società, né al loro numero. Funziona così per deputati e senatori, e anche per i ministri. Daniela Santanchè è in parlamento da 23 anni, già sottosegretaria con Silvio Berlusconi tra il 2010 e il 2011, ora ministra del Turismo nel governo Meloni.
Negli anni ha investito in pubblicità editoriale (Visibilia), prodotti alimentari (Ki Group) e turismo (Twiga). Dopo la nomina a ministra, sebbene non fosse obbligata, ha ceduto tutte le sue quote azionarie ai soci (tra cui il compagno Dimitri Kunz). Si è scoperto poi, come raccontato da Domani, che continua ad avere rapporti economici importanti con una delle sue ex aziende, il Twiga.
L’inchiesta della procura di Milano per falso in bilancio sulla sua ex Visibilia ha ricostruito come, nel tentativo di ripianare i debiti e salvarla dal fallimento, è stata usata una società costituita nell’aprile del 2023, che attualmente gestisce e incassa i ricavi proprio dello stabilimento balneare più famoso di Forte dei Marmi.
Se anche fosse successo, non sarebbe un reato: per la legge italiana Santanchè potrebbe tranquillamente continuare a gestire un grande stabilimento balneare mentre fa la ministra del Turismo.
Lobbista di sé stesso
Il primo a esibirsi pubblicamente nella pratica del fare il lobbista di sé stesso è stato, 30 anni fa, Silvio Berlusconi. In molti paesi europei ci sono norme che impediscono di avere incarichi retribuiti o quote di aziende mentre si ricopre il ruolo di parlamentare. In Italia una legge per evitare questo tipo di conflitto di interessi non è mai stata approvata. Il risultato è che oggi il fondatore di Forza Italia ha diversi epigoni che non danno nell’occhio come lui.
Tra i più importanti, per potenza economica, ci sono Antonio Angelucci e Claudio Lotito. In parlamento dal 2008, oggi con la Lega, il primo gestisce uno dei più grandi gruppi italiani della sanità privata (quasi 30 centri di riabilitazione e cliniche private convenzionate con lo stato) ed è editore di giornali (attualmente Libero, il Giornale, Il Tempo) che godono di sgravi fiscali decisi dal parlamento.
Claudio Lotito, eletto per la prima volta nel 2022 con Forza Italia, ha invece interessi più variegati. Oltre al calcio come proprietario della Lazio, ha aziende dai nomi poco noti attive nei servizi di pulizia, catering e vigilanza privata: fatturano decine di milioni di euro anche grazie a forniture a enti pubblici.
Il suo partito l’ha scelto come membro delle commissioni Bilancio e Finanze alla Camera. Quello del deputato Lotito è «un conflitto di interessi grande come una casa», diceva un anno fa, discutendo dei benefici fiscali concessi in finanziaria alle società di calcio come la Lazio, il senatore Renzi. Proprio lui, «uno dei più grandi esperti di conflitto di interessi della storia recente», gli ha risposto Lotito. Tuttavia, il parlamento non ha in programma di discutere una legge sul conflitto di interessi.
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