Il quartiere di San Lorenzo racconta la città, diventata negli anni snodo del narcotraffico internazionale, dove le stesse forze dell’ordine faticano a dare risposte allo strapotere di criminalità organizzata, gang e manovalanza
In piazza dell’Immacolata, a San Lorenzo, si parla di politica e territorio. Poco distante un gruppo di persone discute di droga, carcere e spaccio, per loro sedie e palco hanno un solo effetto: bloccare i traffici e allontanare clienti. Il quartiere è diventato specchio della città: violenze, droga a fiumi e nuovi padroni del territorio. Per capire Roma si può partire da questo angolo di città che incrocia nuove leve del crimine, silenzi e complicità.
Un angolo che nel 2018 fa era diventato un caso nazionale per la morte di Desirée Mariottini, stuprata e uccisa, di recente i responsabili sono stati condannati anche in secondo grado. Fatti che hanno cambiato relazioni, rapporti, rappresentanza all’interno del quartiere. «San Lorenzo sta assumendo le sembianze di una piazza di spaccio a cielo aperto, dove manca ogni tipo di controllo di legalità, ogni tanto esplodono fuochi d’artificio, bande di giovanissimi girano pattugliando il territorio con violenze e intimidazioni», dice un commerciante.
La Roma dei sequestri
San Lorenzo racconta la città, diventata negli anni snodo del narcotraffico internazionale, dove le stesse forze dell’ordine faticano a dare risposte al fiume di droga che muove soldi e genera sopraffazione. Lo ha detto chiaramente il numero uno della procura di Roma, Francesco Lo Voi, parlando di una situazione al limite del collasso. «La situazione riguardante il traffico degli stupefacenti se non è totalmente fuori controllo poco ci manca, nonostante l'impegno, nonostante le operazioni, le indagini, gli arresti e le condanne che si susseguono, la situazione riguardante il traffico degli stupefacenti è veramente preoccupante.
È preoccupante per la semplice ragione che l'offerta, che è enorme, risponde a un'enorme domanda», ha detto il magistrato, ascoltato dalla commissione parlamentare antimafia qualche settimana fa. Si creano così «una serie di situazioni che poi si risolvono con sequestro di persona per un qualche periodo, finché non si paga il debito contratto; si risolvono, salendo di gravità, con la gambizzazione; si risolvono con l'incendio del locale o del chiosco di questo o di quell'altro; si risolvono quando proprio la questione diventa complessa, anche arrivando all'omicidio», ha aggiunto Lo Voi.
A quanto risulta a Domani, nel 2022, ci sono state 68 denunce per sequestro di persone per fatti accaduti a Roma e in provincia. Di queste ventidue a scopo estorsivo, quasi due al mese. Si sequestra per avere indietro il pagamento di un debito, per convincere la vittima a non parlare, per indurre i familiari o sodali a ristorare un presunto torto subito.
E ogni sequestro viene raccontato come una storia separata dal contesto, scivola via tra un mancato acquisto della Roma di Mourinho e l’ultimo concerto che terremota la Roma antica, diventata palcoscenico di eventi tra degrado e indifferenza. L’attenzione scema immediatamente anche se i corpi delle vittime volano dalle finestre, non tornano più a casa o se vi fanno ritorno come ostaggio delle gang.
Il livello di attenzione che la pubblica opinione, la classe politica e quella imprenditoriale pongono nei confronti del crimine organizzato fortifica o indebolisce le risposte delle strutture preposte. «A Roma pure con dieci accuse ti danno cinque mesi di carcere, sei mesi, al massimo sette mesi. A Napoli, invece, per le stesse cose ti danno dieci anni. Ce ne dobbiamo andare tutti a Roma. Altrimenti è finita», diceva una trafficante di droga, intercettata dagli inquirenti.
Il sequestratore
La città è un porto di mare dove tutti possono fare affari, piccole bande gestiscono piazze di spaccio, ognuno può ambire a prendersi il suo pezzo di potere sotto il cappello del crimine organizzato di stanza in città da mezzo secolo. Anche capi indiscussi della malavita escono indenni dai processi per mafia, come Michele Senese, detto ‘o pazzo, per la sua abilità di entrare e uscire dalle patrie galere fingendosi pazzo, con complicità in parte riscontrate del personale sanitario, uscito assolto in appello dall’accusa di camorra.
Ma non è l’unico fortunato, molti boss che altrove finirebbero in alta sorveglianza o al carcere duro escono e vanno in comunità, come era successo in vita anche a Fabrizio Piscitelli o a Giuseppe Casamonica. Roma è una città clemente e che perdona.
Senese è in carcere per un omicidio senza aggravante, ma non è ristretto al 41 bis e gode di permessi premio. La sua rete all’esterno, fatta di sodali, riciclatori è ancora in piedi. Così come cresce, si muove e si radica quella di un altro pezzo da novanta, Leandro Bennato, nell’altro versante della città, quello settentrionale. La sua ferocia è pari solo alla sua capacità di costruire legami e aumentare il giro degli affari.
In galera ci è finito perché ha messo in piedi una catena di sequestri, ben tre nel giro di un mese, tra questi quello di una donna appartenente alla famiglia Bevilacqua, vantano parentele con i Casamonica, per ottenere indietro una partita di droga che gli era stata sottratta. In tutto erano 107 chili di cocaina.
Di Bennato si parla anche nello scacchiere di interessi e legami che aveva portato all’omicidio di Fabrizio Piscitelli, quello che viene considerato l’esecutore materiale del delitto è uomo di Bennato, si chiama Esteban Raul Calderon. Bennato oltreché in rapporti con Vincenzo Senese, figlio di Michele, ha stretto solide relazioni con uomini legati alla ‘ndrangheta romana: Bennato, infatti, è in contatto con Costantino Sgambati, narcotrafficante, in ottimi rapporti proprio con i Senese e definito referente romano della ‘ndrina Bellocco.
Anni fa, in Spagna, andava in vacanza con il figlio dei Fasciani, padroni di Ostia. Ma non era in villeggiatura, il nipote del boss Walter Domizi si godeva la latitanza. Studiano da grandi criminali anche le giovani leve che si contendono pezzi di città. Sotto i trafficanti ci sono quelli che gestiscono le piazze, spacciano al dettaglio, si costruiscono una fetta di potere. I pesci piccoli con sogni in grande.
Spaccio a San Lorenzo
San Lorenzo non è diverso dagli altri quartieri. Uno dei cognomi più in vista è quello dei Di Leo, il giovane Mirko, con la passione non corrisposta per la musica, è stato di recente condannato per spaccio, la contestazione è per un singolo episodio. Nella sentenza della corte di Cassazione si valuta il ricorso della difesa che richiama l’informativa dei carabinieri per evidenziare che i giudici si sarebbero suggestionati per il contenuto riportato.
«Sulla base di fonte confidenziale, additava il ricorrente quale soggetto pregiudicato responsabile di una fitta rete di spaccio nel quartiere San Lorenzo di Roma», si legge nell’informativa. Gli avvocati spiegano che «tale affermazione sarebbe del tutto destituita di fondamento. Il ricorrente annovera solo due precedenti penali, risalenti all'anno 2006», ma i loro ricorsi non sono stati accolti e per i giudici è provata la sua partecipazione all’episodio contestato.
Nel quartiere Di Leo è un cognome che pesa, racconta chi ci vive. Negli atti si fa cenno ad alcune testimonianze difensive e un un altro cognome emergente nel quartiere: quello dei Curti. Di recente Salvatore Giorgio Curti è stato nuovamente arrestato per una serie di rapine commesse nel quartiere. Era in vacanza ad Ardea sul litorale romano. A inizio anno era stato condannato in primo grado perché, nel 2021, aveva tentato un’estorsione con tanto di molotov ai danni di una commerciante di San Lorenzo che lo aveva denunciato. Tornato libero si è rimesso subito all’opera.
Nessuno agisce da solo, il giudice nella misura cautelare scriveva: «L’attività investigativa svolta ha evidenziato come l’indagato sia inserito in un contesto criminale nell’ambito del quale le condotte contestate nel presente procedimento e in altri diversi procedimenti, si sono reciprocamente alimentate anche in ragione di vincoli familiari o amicali».
Nel 2021 a San Lorenzo era stato arrestato Gino Vasselli, imparentato con il neo fascista Giuliano Castellino, quello dell’assalto alla Cgil, per il possesso di molotov e droga, custodita in uno sgabuzzino di un centro scommesse. Il quartiere rosso è diventato altro, crocevia di spaccio, affari e violenza e il colore prevalente è quello dei soldi sporchi. Il colore della città.
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