Nell’intervista concessa al Corriere della Sera, l’ex presidente della Cei ha rivendicato il ruolo dei vescovi nel far fallire il referendum sulla procreazione assistita con l’appello ad astenersi e l’opposizione dura verso il primo tentativo di riconoscimento delle unioni omosessuali (Dico) nel nostro paese. Risponde l’allora ministra per i Diritti e le pari opportunità: «In questa stagione ascolto uno stile e una umanità ben diversi nelle parole del cardinale Zuppi»
Un bravo giornalista, un cardinale esplicito, ed ecco che affiorano tasselli di una storia recente: è accaduto nell’intervista di Camillo Ruini al Corriere della Sera di domenica scorsa. Lui, il presidente della Conferenza episcopale italiana dal 1991 al 2007, ha ripercorso un trentennio, ma il mio flash è sulla rivendicazione del ruolo della Cei nel far fallire il referendum sulla procreazione assistita con l’appello ad astenersi, una campagna aspra scortata dall’ammiccamento ai teocon vicini a George Bush e ai loro seguaci nostrani.
Ruini ha ricordato anche l’opposizione dura verso il primo tentativo di riconoscimento delle unioni omosessuali nel nostro paese. Ero allora la ministra per i Diritti e le Pari Opportunità, e insieme a Rosy Bindi, ministra della Famiglia, ci provammo.
Sapevo bene, e ne soffrivo, che era troppo poco, però tentavamo di aprire uno spiraglio rimasto colpevolmente chiuso. Anche a quel poco, comunque, si rispose con una crociata culminata nella piazza del Family Day e seguita dai festeggiamenti per la caduta del governo. Parole esplicite, dicevo, quelle dell’intervista, e allo stesso tempo inquietanti perché in un mondo cambiato rimandano all’attacco di una destra globale ai diritti e alle libertà. La destra lo fa prendendo a prestito la triade “Dio Patria Famiglia”, dove l’uso della fede ferisce credenti e non. Oggi, però, a palazzo Chigi non siede Romano Prodi, il leader che, nel marzo del 2005, “disubbidendo” alle gerarchie, seppe dire: «Sono un cattolico adulto e vado a votare».
La premier di adesso sbianchetta dalla risoluzione dell’ultimo G7 la libertà e la responsabilità delle donne sull’aborto, calpestando quel principio di laicità scolpito da Madri e Padri costituenti. Negare quel valore significa aggredire le fondamenta della convivenza e dello stesso dialogo interreligioso, quello che a Milano spinse Carlo Maria Martini a volere in Duomo la Cattedra dei non credenti. L’esito del referendum sulla procreazione vide in larga misura disertare le urne, e come sempre a pagare il prezzo furono le meno e i meno tutelati.
Infinite volte ho pensato alle coppie che il fallimento di quel tentativo ha costretto a “emigrare”, alle associazioni coinvolte e ai medici onesti che vedevano negata l’opportunità che la scienza offriva. Da quegli anni e sino a noi, il riscatto per fortuna c’è stato. Le sentenze della Consulta sulla legge 40 hanno invalidato quasi tutti i punti di cui chiedevamo la cancellazione. Le unioni civili oggi sono legge dello stato, e migliaia di famiglie hanno cittadinanza nell’amare. In questa stagione ascolto uno stile e una umanità ben diversi nelle parole del cardinale Zuppi. Dunque passi avanti si sono compiuti, eppure mai come adesso si è riaperto ovunque il conflitto sulle libertà e sui diritti umani. Anzi, quel conflitto si manifesta con prepotenza sotto le insegne di un oscurantismo globale.
Ecco perché la “rivendicazione” del cardinale Ruini fa riflettere. In quelle frasi si può leggere la testimonianza di un tempo in buona misura archiviato, oppure il monito di quanto possa accadere quando si spezza il bene di un dialogo, di un incontro che metta al centro la dignità di ogni persona e i valori condivisi di una religione civile. Ho visto le immagini del Pride nelle vie di Roma, e presto gli stessi suoni e colori inonderanno le strade di Milano. Vivranno le attese di altri traguardi, nel lavoro, di una legge mite sul fine vita, di diritti indivisibili per anziani non autosufficienti, bambini di famiglie arcobaleno o di chi ha diverse abilità.
Però resta la marea nera di una destra che avanza, che in Germania è il secondo partito e persino primeggia oltre quel muro che credevamo abbattuto per sempre. La Francia della libertà, uguaglianza, fraternità si prepara al nuovo voto mentre l’astensione cresce, e sulle guerre in corso non si vedono spiragli di tregua. Nulla, insomma, appare facile né scontato, ma il voto dell’8 e 9 giugno ci parla anche di un vento buono. Elly Schlein, il Pd, la sinistra non sono soli.
In tante e tanti desiderano un’alternativa, e nella mia comunità cresce l’idea che quel traguardo sia un passo più vicino. Anche per questo a nuovi family day o a raduni sempre più oscuri, come quelli scoperchiati dall’inchiesta di Fanpage, una volta di più risponderanno le voci e le vite di donne e ragazzi per impedire che la storia imbocchi la strada contromano. È accaduto cinquant’anni fa quando una valanga di No all’abrogazione del divorzio diede una spinta decisiva alla democrazia e all’orgoglio di un paese intero. Riaccadrà.
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