- Domani, a fine maggio, rivela l’incontro tra l’ambasciatore russo, Sergey Razov e Matteo Salvini, cena risalente al marzo scorso e favorita dall’avvocato Antonio Capuano.
- Così ci mettiamo sulle tracce dell’ex deputato forzista e in quei giorni lo incontriamo nel suo studio romano. Ne viene fuori un incontro surreale. Ogni risposta prevede una rettifica, un passo indietro e una smentita. Capuano è così, prima esplicita poi ritratta.
- Dice, ma soprattutto non dice nell’ora e più di incontro nel suo studio nei giorni caldi in cui Domani aveva raccontato degli incontri segreti in ambasciata tra Capuano, Razov e Salvini.
«Mi massacrano per screditarlo», «la stampa con me ha fatto uno schifo», «gli incontri all’ambasciata? Non lo so quanti sono». Antonio Capuano nel suo racconto omette molte cose e indossa mille abiti. Curioso che non ricordi neppure il numero dei summit dai russi.
Il misterioso consulente di Matteo Salvini per gli affari esteri, più che per le sue doti diplomatiche colpisce per le mezze frasi, le smentite e i rocamboleschi giri di parole. Dice, ma soprattutto non dice nell’ora e più di incontro nel suo studio nei giorni caldi in cui Domani aveva raccontato degli incontri segreti in ambasciata tra Capuano, Razov e Salvini. Cosa nasconde?
Capuano ha un passato in Forza Italia prima dell’avventura leghista. «Sono stato deputato dal 2001 al 2006. Io ho pagato un prezzo notevole, ero contro il sistema politico di Cosentino (l’ex sottosegretario all’economia e coordinatore campano di Forza Italia, ndr) e così non sono stato ricandidato», dice in versione martire. Ma c’è sempre una seconda possibilità e l’avvocato trova sponda in un altro partito di centrodestra. Negli ultimi tempi si è avvicinato alla Lega e si è trovato così all’improvviso consigliere del leader leghista Salvini su un fantomatico piano di pace da proporre alla Russia.
Dopo la notizia degli incontri in ambasciata, era scomparso dai radar, quando è tornato nuovamente protagonista della politica italiana perché un funzionario dell’ambasciata russa gli avrebbe chiesto notizie in merito alle possibili dimissioni dei ministri leghisti dal governo di Mario Draghi.
Domani, a fine maggio, ha rivelato l’incontro tra l’ambasciatore russo Razov e Salvini. Una cena che risale al marzo scorso, presente anche Capuano. In quei giorni avevamo chiesto un incontro all’ex deputato forzista, che ci ha dato appuntamento nel suo studio romano. «Sono tra i primi contribuenti italiani, io pago tasse e sono tra il 4 per cento che paga di più. Seguo da consulente legale diversi connazionali impegnati in investimenti all’estero e lavoro con diverse ambasciate», dice Capuano. Quali ambasciate? «Ma ve le devo dire tutte? Bahrain, Afghanistan, Kuwait», replica. All’appello ne manca certamente qualcuna, ma persino su questa domanda è in affanno.
Ogni risposta prevede una rettifica, un passo indietro e una smentita. Capuano è così, prima esplicita poi ritratta. «Facciamo un esempio, se c’è un’azienda che vuole investire in Ucraina mi chiama e la assisto», dice. Quindi lavora anche con l’Ucraina? Capuano si ritrae: «Solo un esempio».
Ma lei chi è, come dobbiamo presentarla? «No, no per favore. Poi devo andare in tribunale a difendermi, non voglio», risponde. Ma le abbiamo chiesto solo come si definisce? Capuano borbotta, arranca, si inalbera. Si inerpica in tortuosi giri di parole e, anche per dire cosa fa nella vita, impiega minuti. «Faccio l’avvocato, punto».
I soldi dal Kuwait
A Capuano chiediamo anche dei soldi in arrivo dal Kuwait segnalati dall’antiriciclaggio come sospetti. E su questo ha preparato carte e documenti. «Quelli sono i soldi per l’acquisto di una casa, un prestito di un imprenditore, un uomo d’affari, si chiama Ibrahim e si muove nell’area del Golfo». Persino su Ibrahim cambia versione più volte in dieci minuti. Perché presta soldi a Capuano e consorte? «Perché è un familiare della mia compagna, li restituiamo nel giro di due anni, in pratica è una persona cara. Lui aveva investito in obbligazioni nel nostro paese» e ora ci dà un prestito «per il nostro progetto di vita».
È l’unico momento del nostro incontro durante il quale si mostra meno indisposto e più propenso a parlare seppure su molte cose glissi. Appena cambiamo argomento tornano le giravolte dialettiche. Il consulente non vuole rispondere alle domande sul suo ruolo nella Lega. Chi l’ha chiamato nel partito? L’idea di incontrare l’ambasciatore russo in Italia è stata una sua idea o di Salvini? Silenzio, agita le mani, difende il capo. «Hanno detto che ero nell’elenco dei consulenti dell’ambasciata russa. Uno schifo, uno schifo. Una roba che ha detto anche un segretario di un partito, Letta (segretario del Pd, ndr), che ha detto che io sono consulente dell’ambasciata russa. Assurdo», dice in versione indignato.
«Massacrarmi per screditarlo non è giusto», dice Capuano riferendosi a Salvini. Ma non chiarisce né l’origine degli incontri né il numero (sappiamo per certo che sono tre oltre la cena). Niente: cambia versione in continuazione, fa scena muta dicendo di essere pronto ad andare al Copasir e di aver avvisato la procura. Per una denuncia? Ma Capuano è sibillino, non chiarisce, lascia tutto in sospeso, nell’opacità. Ma conosce l’ambasciatore Razov? «Non conosco nessuno», dice e rimanda tutto a un appuntamento successivo nel quale rivelerà ogni dettaglio, ma poi scompare. Il consigliere del leader leghista, sparisce, si dilegua. Ora emergono nuovi dettagli sul suo lavoro di pontiere tra la Lega e gli amici russi. Capuano ricontattato risponde alla chiamata ma ricomincia la sceneggiata del silenzio. Per proteggere chi?
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