Lei, parigina, attrice e regista teatrale, lui salinaro ed ex marittimo scelgono la terra e il vino per fermarsi e costruire una famiglia e un’azienda, Barbanacoli, tre ettari scarsi che seguono i dettami di un’agricoltura non invasiva
Clara Schwarzenberg è una donna minuta che diventa possente quando parla della sua azienda di vino sull’isola di Salina. Nata e cresciuta a Parigi, incontra le Eolie da ragazzina in vacanza con i genitori. A Salina si innamora di Diego, un ragazzo del posto che va per mare ma che ha voglia di fermarsi. Ci sono desideri confusi che hanno bisogno di un legame per prendere forma. Diego Taranto vorrebbe fare il vino, Schwarzenberg si occupa di teatro, fa l’attrice e la regista in Francia, ma ogni volta che prende l’aliscafo per andare via dall’isola sente una stretta al cuore.
È innamorata di questo ragazzo e di Salina, ma ha bisogno di continuare a creare cose per sentirsi a suo agio. Il vino diventa il loro legame e il pegno d’amore che li unisce.
Nascerà anche un bambino, ma la loro prima creatura si chiama Barbanacoli, tre ettari scarsi di vigna a Malfa, uno dei tre comuni dell’isola eoliana. Il nome è venuto fuori dalle mappe comunali perché era andato perso. Qualche vecchio salinaro ricorda anche una fermata del bus con quel nome. Recuperarlo è stata un’idea un po’ francese, dare a un vigneto l’appellativo di una contrada, richiamando quel concetto tanto caro Oltralpe conosciuto come terroir.
Tornare a Parigi per sfuggire all’incantesimo dell’isola
Quella di Schwarzenberg è una storia di viaggi che continuano tra la Sicilia e Parigi almeno una volta ogni due mesi, per portare il bimbo dai parenti, per vendere il vino, per continuare ad andare in scena. Taranto è più stanziale, perché a Salina ci è nato e conosce bene quella malìa, quella specie di sortilegio che hanno le isole nel risucchiarti.
Clara racconta la bellezza di questa sensazione ma anche la pericolosità, quindi, ogni tanto fa la valigia e parte: «Però i ritorni – spiega la produttrice – sono bellissimi perché l’isola è la mia casa». Le prime prove di vinificazione si fanno con l’uva dei nonni di Diego, poi arriva la possibilità di comprare delle vecchie vigne appartenute a un capitano di lungo corso, piante di cinquant’anni che producono Malvasia di Lipari, Catarratto, Corinto Nero, Nerello Mascalese.
La strada intrapresa dai neo-vignaioli – siamo nel 2017 – è subito quella del “vino naturale”, pochi interventi in vigna e in cantina, macerazioni sulle bucce, uso delle anfore. Sono cinque etichette per una produzione che si aggira intorno alle dodicimila bottiglie e che si preannuncia più scarsa con la vendemmia 2023 a causa di una primavera troppo piovosa: «Un posto piccolo come questo – spiega Schwarzenberg – dovrebbe spingere tutti i produttori di vino a mettere assieme le forze e le competenze per affrontare un’annata così complicata, e pure questa cosa non avviene e non capisco perché. Forse è colpa dell’isolamento, che può essere anche una condizione mentale e non solo geografica. Io mi confronto con tutti, per me lo scambio è fondamentale, provo anche con il teatro con progetti nelle scuole o cercando di organizzare delle rappresentazioni sull’isola. Non è tutto fluido come in città, c’è il problema della logistica, di come far arrivare le cose e poi gli isolani devono imparare a conoscerti. E a fidarsi».
Generare vita
Schwarzenberg e Taranto sull’isola erano “Iddi fannu u’ vinu” (quelli che fanno il vino), tant’è che la coppia ha chiamato la loro prima etichetta Iddi. C’è il richiamo a Iddu – Stromboli – e a Idda – l’Etna: “Iddi sono le due colline di Salina – sottolinea Clara – e Iddi, cioè due, eravamo anche noi». I vulcani sono importanti in questa storia, perché hanno generato terreni speciali ricchi di minerali, sabbiosi, naturalmente biologici.
È una natura forte e generosa quella di Salina: «Parlo spesso dell’importanza della materia prima – prosegue la produttrice – che nel caso di Barbanacoli è la terra e i suoi frutti, ma penso anche al teatro dove un semplice pezzo di legno può diventare una parte fondamentale della storia che porti sul palco. Dar vita alle cose è ciò che ha spinto me e Diego a volere un’azienda agricola, non tanto l’idea di possedere quanto quella di generare. Ci sentiamo a servizio di qualcosa che spero ci sopravviva».
Schwarzenberg per le operazioni di cantina, prende spunto dal suo primo lavoro e prova e riprova i gesti delle follature, dei rimontaggi, dello scendere e salire la scala che porta in cima alla botte, per perfezionare al millimetro tutti i movimenti che servono a risparmiare tempo e a fare le cose con cura.
Come la moglie di Churchill
Nel futuro la coppia punta a comprare nuovi terreni non vitati, perché, come dice Schwarzenberg. «Abbiamo voglia di dare i primi colpi nei campi, veder crescere le piante, perché è così che vediamo Barbanacoli, un lavoro perpetuale». Diversi eppure complementari Schwarzenberg e Taranto, che un giorno hanno confessato l’uno all’altra che volevano fermarsi sull’isola: «Io farei il vino qui se lo fai con me» potrebbe aver detto lui a lei.
La forza motrice di Schwarzenberg, d’altronde, si percepisce chiara e forte passando del tempo con lei: «Sai di quella storiella famosa sui coniugi Churchill? - dice - i due sono a passeggio quando uno spazzino saluta la consorte del primo ministro britannico. La signora Churchill spiega al marito che si tratta di una sua vecchia fiamma. Al che il premier dice, vedi, se lo avessi sposato, oggi saresti la moglie di uno spazzino. La signora Churchill guarda suo marito stupita e risponde ma no, tesoro, se l’avessi sposato, oggi sarebbe il primo ministro».
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