Salvini, all’indomani delle mobilitazioni antifasciste di Bologna, ha definito i collettivi e i centri sociali scesi in piazza: «Zecche rosse, comunisti delinquenti, criminali da centro sociale», annunciando che avrebbe chiesto la chiusura dei centri sociali al Ministro dell’interno Piantedosi, aumentando l’ormai strutturale ostilità verso qualunque forma di dissenso da parte del governo. In un clima sempre più repressivo verso la libertà di manifestare, pesantemente criminalizzata dal Ddl sicurezza, i centri sociali continuano a lavorare per costruire una società antifascista, antirazzista e femminista.

Le alleanze che creano comunità

Tommaso Cacciari, dei Centri sociali del Nord-Est, racconta a Domani come questi spazi siano evoluti dalla loro nascita in Italia, dalla seconda metà degli anni ‘80: «La musica, l'apertura verso controculture e le aggregazioni non votate ad uso esclusivo del profitto restano elementi fondanti e guai a rinunciarvi in un deserto culturale egemonizzato da youtuber e social network». Ma negli ultimi decenni, questi spazi, «sono diventati molto di più: si sono aperti radicandosi nei quartieri, diventando parte fondamentale delle città in cui si trovano, a volte modificandone la toponomastica».

I centri sociali sono stati il grembo entro cui sono nati grandi comitati territoriali, «facendo crescere quelle convergenze magiche non solo tra generazioni, ma tra sensibilità e competenze assai diverse: nel caso di Venezia tra biologi e pescatori, studenti ed urbanisti, tra attivisti climatici e lavoratori portuali». Alleanze che hanno unito la comunità cittadina in una battaglia comune che, «attraversando un decennio, ha riportato una vittoria storica: l'estromissione delle crociere da Venezia.

I centri sociali sono incontri, incroci tra differenze. Nelle scuole di italiano giovani migranti imparano la nostra lingua a fianco di studenti fuori sede e precari culturali provenienti da mezza Europa. Le palestre popolari sono invase da bambini e famiglie che si dividono gli attrezzi con giovani atleti e veri e propri campioni». Grazie ai centri sociali, continua Cacciari, «decine di famiglie abbandonate dallo Stato riescono a dare una casa ai propri figli o ad impedire di essere cacciate dalla propria città. Negli ultimi 20 anni i centri sociali sono davvero diventati quelle” istituzioni del Comune” che evocavamo dopo il G8 di Genova, nei primi anni 2000. Salvini vuole sgomberarci tutti? Troverà ben più di 4 zecche rosse ad opporre resistenza».

Cso Pedro di Padova

Lisa Giacon, attivista del Cso Pedro di Padova, nato nel 1987, racconta a Domani il lavoro che viene svolto dal centro sociale sul territorio: «Funzioniamo tramite un'assemblea che raccoglie persone e realtà che, all’interno del centro sociale, trovano lo spazio e l’organizzazione per mettere in pratica idee e vertenze da portare avanti a livello cittadino, anche con manifestazioni di piazza, oltre ad essere da sempre una fucina di sperimentazione culturale, musicale e anche sportiva, grazie alla palestra popolare Galeano».

Negli spazi del Cso Pedro, infatti, si riuniscono i collettivi degli studenti medi e degli studenti universitari, la scuola di italiano per persone migranti e il collettivo transfemminista SqueerT: «C’è una grande attenzione ai bisogni del territorio, come ad esempio quello del diritto alla casa, che qui a Padova è un grandissimo problema soprattutto per studentesse, studenti e famiglie. Gli studenti non trovano casa e spesso le famiglie arrivano da noi con annunci di sfratto dalle case popolari. Andiamo a difendere gli sfratti e apriamo percorsi con il sindacalismo di base per poter ovviare a queste situazioni».

Sul territorio, inoltre, «vengono eliminati sempre più servizi per le persone migranti: sopperiamo alla mancanza dei centri di istruzione per adulti con una scuola di italiano, partecipata da più di 150 persone, dove non solo viene insegnata la lingua ma dove, tramite consulenze con Avvocati di strada con uno sportello ad hoc, forniamo anche assistenza legale per la tutela dei diritti delle persone migranti». Un grande lavoro che si sta facendo a livello territoriale è quello dell’organizzazione dei momenti di lavoro e di piazza contro il Ddl sicurezza, che culminerà in un grande corteo nazionale il prossimo 14 dicembre a Roma.

Tpo di Bologna

Il centro sociale Tpo a Bologna festeggerà, nel 2025, 30 anni di attività. Flavia Tommasini, attivista del centro sociale, spiega a Domani che le attività negli anni si sono moltiplicate: «Portiamo avanti azioni di supporto e inclusione della cittadinanza, con una visione ampia di giustizia sociale, di partecipazione alla vita democratica, di cooperazione».

Tutte cose che hanno contribuito attivamente a trasformare la città, «promuovendo modelli di autogestione, creando un grande impatto sociale e culturale che ha influenzato politiche e pratiche a livello nazionale e internazionale: dalle lotte contro i Cie (Centri di identificazione ed espulsione, ora Cpr) che sono nate agli inizi del 2000, ai percorsi che abbiamo ora di accessibilità alle fragilità nella città.

Un modello come il Tpo è un esperimento di resistenza innovativo al capitalismo e al patriarcato, ma anche di risposte dal basso alle crisi socio economiche che in questi anni hanno attraversato il paese». All’interno dello spazio ci sono doposcuola per i ragazzi del quartiere, servizi sportivi, servizi gratuiti di insegnamento, consulenza legale per migranti e sportelli di supporto al lavoro che «promuovono l’integrazione delle fasce più vulnerabili della società, non in ottica assistenzialista ma fornendo strumenti di emancipazione e autonomia, vertendo alla partecipazione attiva che poi incide sulla società».

L’ultima iniziativa ha riguardato delle vere e proprie reti di supporto operative tra cittadini, con la gestione dell’emergenza climatica dell’alluvione delle scorse settimane che si è abbattuta violentemente su Bologna e sull’Emilia Romagna, con la creazione di squadre di persone che si sono subito messe all’opera per aiutare la cittadinanza.

Mezzocannone di Napoli

A Napoli, attiviste e attivisti del centro sociale Insurgencia che lavorano sul territorio da vent’anni, si sono spostati nel centro storico di Napoli al centro sociale Mezzocannone. Davide Dioguardi racconta a Domani la lotta contro la devastazione ambientale portata avanti da attivisti e comitati: «Parliamo del cosiddetto biocidio, un neologismo che abbiamo creato a seguito della scoperta del nesso tra patologie tumorali e devastazione ambientale con la diffusione di veleni in Campania. Il tutto con il favore della politica corrotta, dell’imprenditoria deviata e della criminalità organizzata».

Sul fronte delle lotte ambientali, ci sono stati tanti momenti di condivisione delle battaglie ambientali con Fridays for future e i comitati locali, tra cui la grande manifestazione del 16 novembre del 2013, dove più di 150mila persone scesero in piazza contro lo smaltimento illegale di rifiuti nella terra dei fuochi; tra Napoli e Caserta. Oltre alle lotte ambientali, portate avanti insieme alla cittadinanza, «c’è la grande battaglia del comitato Vele di Scampia, che da sei anni anima un’occupazione che è il Cantiere 167. Una realtà che insieme a tante e tanti ha fatto sì che fosse possibile abbattere la Vela verde e iniziare i lavori per l’abbattimento delle altre e, dirimenti, la costruzione di nuovi alloggi.

Questo dopo anni di stigma, di violenza istituzionale e di violenza camorristica su quel quartiere». Grazie ai centri sociali, alle associazioni e ai comitati, «quel quartiere ha conosciuto un grandioso riscatto: è una fucina di dignità e di lotta per la riqualificazione di un grande fetta di popolazione dell’area nord di Napoli ma certamente non possiamo dimenticare che c’è ancora molto da fare, soprattutto dopo il crollo della Vela celeste dello scorso 22 luglio».

Quello che emerge dai racconti è che i centri sociali fanno parte, a tutti gli effetti, del tessuto cittadino: agiscono concretamente sui processi di democratizzazione delle città avendo avuto, negli anni, la capacità di evolversi e di continuare a mettere al centro delle battaglie politiche i temi delle ingiustizie sociali, dello sfruttamento dei territori e delle lotte antifasciste.

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