- Il comunicato pubblicato dal sito del Barcellona ammette i pagamenti e le consulenze fornite per audiovisivi relativi alla tematica dell’arbitraggio e alle caratteristiche di calciatori delle categorie inferiori spagnole
- Sul piano sportivo il Barcellona non è punibile perché sono trascorsi i tre anni di prescrizione. Non altrettanto si può dire per il Manchester City, indagato dalla Premier League causa violazione del Fair play finanziario per fatti denunciati cinque anni fa da Football Leaks
- Il caso inglese dimostra che, dove le leghe professionistiche funzionano, i club da Superlega vengono trattati come club normali. Non avviene lo stesso in Italia
Col passare delle ore lo scandalo che sta travolgendo il Barcellona assume proporzioni gigantesche. La storia dei quasi 1,4 milioni di euro pagati a titolo di consulenze, fra il 2016 e il 2018, a un’agenzia specializzata in comunicazione e realizzazione di audiovisivi il cui proprietario è l’ex vicepresidente del Comité Técnico de Árbitros (Cta, l’organo della federazione calcistica spagnola che gestisce gli arbitri), José María Enríquez Negreira, monta in modo incontrollato.
L’accordo con la società denominata Dasnil 95 SI, anche se valutato soltanto in termini formali, desta infatti forti perplessità e non soltanto per ragioni di opportunità. E se poi lo si guarda nel dettaglio spicca per indecenza, sia riguardo ai contenuti che con riferimento ai comportamenti dei singoli. Sicché la vicenda che colpisce uno dei club più famosi e amati al mondo assume un carattere emblematico della deriva economica e etica che colpisce le società calcistiche europee del massimo livello, quelle che per intenderci avrebbero voluto costituire la Superlega o continuano a lavorare per realizzarla.
Contro la competizione
Riguardo a ciò, sullo specifico tema del Barcellona Domani parlò già a dicembre 2020 di un club che versava in condizioni di sfascio. Da allora la situazione del club blaugrana ulteriormente peggiorata, non soltanto a causa delle manovre di «acquisizione di consulenze» sulle quali le investigazioni in corso daranno delle risposte, ma anche per via di una gestione economico-finanziaria che se fosse praticata da qualsiasi altro club sulla faccia della Terra avrebbe portato alla bancarotta in tempi largamente abbreviati.
Allo stato dei fatti, per il Barça la sola attenuante è di trovarsi in ottima compagnia. Perché nel frattempo si sono aggiunte le vicende che colpiscono altri due soci fondatori dello sfumato torneo europeo d’élite per club: la Juventus, le cui traversie nella gestione economico-finanziaria sono note, e il Manchester City, finito al centro di una lunga ispezione della Premier League a proposito di presunte violazioni delle regole sul Fair play finanziario (Fpf).
Storie che nelle loro specificità denunciano non soltanto una certa disinvoltura nella gestione economica, ma anche un complicato rapporto con le regole dell’equa competizione. Quasi come se essere fortissimi sul campo non bastasse e perciò si ritenesse necessario porre delle condizioni estremamente favorevoli anche sul piano presportivo.
Quelle strane consulenze
Per farsi un’idea di quanto imbarazzante sia la vicenda in cui è incappato il Barcellona è sufficiente leggere il comunicato pubblicato dal club catalano nel sito ufficiale.
Pubblicato con lo scopo di parare gli effetti delle prime rivelazioni sul caso, diffuse durante il programma radiofonico Que t’hi juges! trasmesso da Ser Catalunya, il testo mescola un tono aggressivo (con la minaccia di intraprendere azioni legali nei confronti di chi porti danno all’immagine del club, contenuta nel quinto e ultimo punto) a giustificazioni del rapporto con Dasnil 95 delle quali è impossibile non sorridere.
Queste giustificazioni sono contenute nei primi due punti del comunicato e raccontano che la cifra di quasi 1,4 milioni di euro, versata fra il 2016 e il 2018 dal club allora presieduto da Josep Maria Bartomeu, è dovuta a due tipi di consulenze prestate tramite produzione di audiovisivi: una relativa a informazioni sui calciatori delle categorie inferiori del calcio spagnolo, un’altra riguardante materiali didattici sull’arbitraggio.
E passi pure per i video sull’arbitraggio. Ma che per individuare e valutare calciatori spagnoli delle categorie inferiori un colosso come il Barça, col suo apparato di scouting, debba ricorrere a un’oscura società specializzata in audiovisivi suona quantomeno bizzarro.
Ma al di là delle speculazioni resta il fatto che, come informa la testata Ok Diario che ha analizzato i bilanci di Dasnil 95, il 90 per cento del fatturato realizzato viene proprio dai pagamenti del Barcellona. Nello stesso articolo viene riferito che i rapporti fra la società con sede al 25 di calle Orbit a Barcellona e il club blaugrana risalirebbero al 2003, cioè al tempo della prima presidenza di Joan Laporta, tornato a capo del club catalano nel marzo del 2021. All’epoca la società di Enríquez Negreira forniva «consulenze verbali» al club.
Prescrizione
A ulteriore conferma del fatto che i ricavi di Dasnil 95 fossero legati pressoché in toto ai pagamento del Barça giunge il grafico sui dati di vendita della società, visibile sul sito Empresite: dal 2018 al 2019 la linea va a picco. E proprio il 2019 è l’anno nel quale, in data 5 febbraio, Enríquez Negreira invia un fax minaccioso al Barcellona in cui prospetta che «verranno fuori tutte le irregolarità» se il club non riprenderà coi pagamenti. Il testo di quel fax è stato pubblicato dal quotidiano El Mundo. E apre prospettive ancora più torbide.
Ma per i regolamenti sportivi il Barcellona non può essere punito. Poiché il flusso di denaro verso Dasnil 95 si è interrotto nel 2018, sono trascorsi i provvidenziali tre anni di prescrizione previsti dal regolamento della Liga. La faccia è persa, l’impunità no.
Spendere col trucco
Per avere un’idea di come debba funzionare una Lega professionistica, basta guardare alla Premier League inglese. Che, oltre a organizzare il campionato cui a buon diritto si può associare l’etichetta di Nba del calcio, non si fa scrupoli se si tratta di mettere sotto indagine uno dei suoi club più ricchi.
Così è successo col Manchester City, oggetto di un lungo lavoro investigativo che ha portato a passare al setaccio i conti delle stagioni comprese fra il 2009-10 e il 2017-18. Il comunicato pubblicato dal sito della Premier in data 6 febbraio individua una lista di violazioni delle regole di gestione che erano state abbondantemente anticipate da Football Leaks, la vasta operazione di pubblicazione di documenti riservati inaugurata dal whistleblower portoghese Rui Pinto e successivamente coordinata da un consorzio di testate giornalistiche europee guidato dal settimanale tedesco Der Spiegel.
Le prime rivelazioni di Football Leaks sul Manchester City risalgono al 2018 e più o meno in quel periodo gli ispettori della Premier League hanno cominciato a analizzare i conti del club finito sotto il controllo del governo degli Emirati Arabi Uniti, ritrovandosi piazzato al centro di un sistema di multiproprietà calcistica, il City Football Group, che comprende dodici club (fra i quali il Palermo). Negli articoli d’inchiesta si descriveva un sistema di finanziamento del club che ufficialmente avveniva sotto forma di sponsorizzazione dal parte di agenzie governative emiratine ma in realtà era costituito da denaro della proprietà. Ciò che viola le regole del Fpf poste a tutela dell’equità competitiva. Grazie a una capacità di spesa non pareggiabile dalle concorrenti della pur ricchissima Premier League, il Manchester City ha fatto incetta di titoli nazionali e si è accreditato come una delle potenze del calcio continentale.
Esempio inglese
Ma adesso contro questa potenza del calcio mondiale si è schierata la stessa Lega che avrebbe interesse a farne un fiore all’occhiello.
Una commissione indipendente valuterà se vi sia stato dolo e se il club dovrà essere sanzionato, in modo anche pesante (revoca dei titoli e retrocessione).
Una cosa impensabile dalle nostre parti, dove i conti dei club vengono controllati da un organismo federale (la Covisoc) anziché della Lega di Serie A, e dove l’amministratore delegato della stessa Lega di Serie A, Luigi de Siervo, si è espresso in maniera piccata per la penalizzazione di 15 punti inflitta alla Juventus per la vicenda delle plusvalenze incrociate, auspicando che la sanzione venga «riconsiderata». In un paese normale De Siervo verrebbe dimissionato.
Ma nei paesi normali i club da Superlega vengono trattati come club normali da leghe forti. In Italia, di normale, non abbiamo nemmeno i club normali. Figurarsi leghe e dirigenti che funzionino.
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