“U lago s’asciucò”. Il lago si è asciugato. Chiunque arriva, in questa processione mesta e ordinata, sulla riva dell’unico lago naturale di Sicilia, non ha altre parole. “U lago s’asciucò”. Lo dicono gli anziani, che non ricordano nulla di simile. Lo dicono i giovani, i curiosi, quelli del complotto (e dicono che l’acqua se la sono presa di notte, i ladri, i ladri d’acqua …).

Siamo nel centro della Sicilia, a Pergusa, vicino Enna. Senza tanti giri di parole, il lago è scomparso, come se qualcuno, davvero, l’avesse rapito. Sembra un’allucinazione che il caldo afoso di queste parti può causare. Legambiente ha emesso un bollettino che sembra un necrologio: «In queste ore, dopo mesi di agonia e dopo una incredibile settimana di irrespirabili miasmi, il lago di Pergusa è quasi completamente scomparso, al suo posto rimane una chiazza nerastra di fango umido che si sta essiccando al sole di questa estate appena iniziata». Amen.

Un’altra vittima illustre, di questa siccità siciliana che sembra solo all’inizio, ed è questa la cosa che fa più paura. «Com’è stato possibile?», si chiedono gli abitanti del posto. L’assenza di pioggia, ovvio, ma non solo. L’agonia durava da anni, e nessuno è intervenuto. Per Giuseppe Maria Amato, referente per la gestione delle risorse idriche di Legambiente Sicilia, c’è dell’altro, a cominciare dalla «totale disattenzione e dall’inerzia degli enti che sarebbero dovuti intervenire a vario titolo». Inutile dire che sul banco degli imputati è ancora una volta la regione Siciliana: «Il governo Schifani è il grande assente», aggiunge Amato, «perché il lago è di proprietà della regione, innanzitutto, e nessuno ha mosso un dito».

Già nel 2023 Legambiente aveva chiesto un tavolo tecnico per parlare dell’agonia del lago e prendere decisioni immediate. Alle dichiarazioni di circostanza dei rappresentanti dei vari enti non aveva fatto seguito nulla di concreto. Anzi, l’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Elena Pagana, ex grillina passata a Fratelli d’Italia, in un incontro, a febbraio, sulla gestione della Riserva, ha invece esaltato la «gestione e la cura dell’autodromo di Pergusa» che è proprio dentro la Riserva.

Insomma, tu parli del lago che muore, e loro esaltano la pista automobilistica che – unico caso al mondo – gira intorno allo specchio d’acqua che sulla carta dovrebbe essere zona protetta. Per il lago e la riserva ci sono stanziati, dai fondi di coesione, ben 29 milioni di euro, previsti sin dal 2021 dal ministero dell’Ambiente. Ma già lo scorso novembre il Pd alla Camera denunciava l’inerzia dei lavori.

Il lago di Pergusa è (o era?) un polmone per la distribuzione dell’acqua in tutta la zona. E, mentre i tecnici della regione e dei consorzi cercano di correre ai ripari, di giorno in giorno le organizzazioni degli agricoltori pubblicano report con dati sempre più allarmanti. Si aspetta il decreto del ministro dell’Agricoltura Lollobrigida (che in parlamento ha detto: «Per fortuna la siccità ha colpito la Sicilia») per rendere esecutivi i primi aiuti stanziati dal governo: la miseria di venti milioni di euro.

La media del calo di produzione nei vari settori, dagli agrumi agli ortaggi, è del 50 per cento, come certificato anche dalla stessa regione nella richiesta dello stato di calamità. Potrebbe però arrivare al 75 per cento, se non arriveranno, scrive la regione nel suo rapporto “improbabili piogge estive”. Il danno calcolato è di 2,5 miliardi di euro. La situazione più allarmante riguarda la mancanza di foraggio, con molti allevatori che hanno deciso di macellare i capi di bestiame, a prezzi ben inferiori a quelli di mercato. Il calo della produzione del grano è invece stimato al -70 per cento.

Ladri d’acqua

A Pergusa c’è chi racconta di viaggi sospetti, la notte, di autobotti clandestine che hanno contribuito al rapido essiccamento del lago. Verità o leggenda, resta il fatto che aumentano le denunce per furti d’acqua, perché ognuno si arrangia come può. Nell’assetata provincia di Agrigento, dove l’acqua arriva nelle case ogni quattordici giorni, le forze dell’ordine hanno costituito speciali ronde per contrastare i furti d’acqua. L’ultimo denunciato è un uomo sorpreso con la propria autobotte a rifornirsi d’acqua in un torrente vicino Ribera.

Ma sono i padroncini delle autobotti i veri protagonisti di questa estate siciliana. Stanno facendo affari d’oro, soprattutto con hotel e ristoranti. Il costo di un “viaggio”, come viene chiamato, ormai stabilmente sopra i 100 euro, qualcosa in meno, se si contratta un’autobotte con acqua di origine incerta, con la solita raccomandazione: «Non va usata per cucinare». I numeri dei padroncini passano di famiglia in famiglia, ogni giorno autobotti si arrampicano e scendono da città e paesi, c’è anche chi, da Palermo, organizza viaggi in tutta la provincia, fino ad Agrigento e Caltanissetta.

Di fronte a tutto questo, la regione ha stanziato 20 milioni per i Comuni per nuovi pozzi, pulizia di canali, trivellazioni, rattoppi della fatiscente rete idrica che perde anche il 70 per cento dell’acqua. Ma la Protezione civile ha scoperto che non ci sono i progetti pronti. Si acquistano allora autobotti, si pensa a ripristinare i dissalatori, che non sono in funzione da anni, per il loro enorme costo energetico, come quello di Trapani, al centro di numerose inchieste, fermo dal 2014 e che sorge proprio al centro delle saline. L’acqua non c’è più. Il sale, quello, non manca mai.

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