Si stima che in Italia quasi tre milioni di persone facciano uso di svapo o di sigarette a tabacco riscaldato. Dalla prima e-cig, brevettata negli anni Sessanta, al mito della linea IQOS, nome che oggi usiamo per identificarle quasi tutte: l’impatto sulla salute è minore (e le multinazionali fanno leva su questo), ma creano dipendenza e possono diventare un incentivo a iniziare a fumare. Ecco cosa dicono gli scienziati
«Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso», raccontava a proposito del suo vano tentativo di chiudere con il fumo Zeno Cosini, protagonista del capolavoro di Italo Svevo “La coscienza di Zeno”. A circa cento anni dall’uscita del romanzo, chissà cosa penserebbe il personaggio nello scoprire che esistono davvero sigarette con gusti diversi pensate, o almeno questo è quello che si crede, per smettere di fumare.
Al kiwi, alla banana, all’anguria, al mirtillo, al mango, alla fragola: un sapore diverso per soddisfare ogni palato. E l’illusione che, tra uno sbuffo e un altro, con le sigarette elettroniche si stia preservando la propria salute conservando allo stesso tempo il piacere dato dal gesto.
Nate con l’obiettivo di fornire un’alternativa al consumo di tabacchi lavorati che ricalchi la gestualità e le percezioni sensoriali di questi ultimi, soprattutto negli ultimi anni da alternativa temporanea si sono trasformate in alternativa concorrente alle sigarette “normali”. A farne uso sono in misura sempre maggiore gli adolescenti e i giovani, tanto che si stima che in Italia quasi tre milioni di persone facciano uso di e-cig, meglio conosciute come svapo, o di sigarette a tabacco riscaldato, le notissime IQOS.
Quando sono nate e quali tipi esistono
A brevettare la prima sigaretta elettronica è stato nel 1965 lo statunitense Herbert A. Gilbert, ma è solo dopo circa quarant’anni che questo prodotto entra in commercio, quando nel 2003 iniziano a essere vendute le Ruyan, tradotto dal cinese “quasi come il fumo”. In Italia si dovranno attendere altri quattro anni per vedere sul mercato le sigarette elettroniche, ma la loro popolarità inizierà un decennio più tardi.
Esistono due tipologie di dispositivi: le svapo, il cui funzionamento è basato sul surriscaldamento della resistenza che a sua volta aumenta la temperatura del liquido presente nel serbatoio facendo così rilasciare i vapori da inalare, e i riscaldatori di tabacco, detti anche HTP (heated tobacco product), il cui meccanismo è simile a quello dei vaporizzatori, ma al posto del liquido viene scaldata fino a circa 350 gradi una piccola sigaretta.
La popolarità delle sigarette elettroniche
La convinzione che questo tipo di sigarette produca meno danni sulla salute ha fatto sì che un numero sempre più ampio di persone abbia iniziato a farne uso, anche chi non aveva mai fumato o aveva avuto con il tabacco solo sporadici incontri adolescenziali. Questo ha attirato l’attenzione delle multinazionali del tabacco che, cavalcando l’onda, ne hanno fatto uno dei settori in cui investire maggiori finanziamenti.
È il 1988 quando la compagnia R.J. Reynolds, produttrice tra gli altri del marchio Camel, brevetta il primo riscaldatore di tabacco. Si chiama Premier e la società ci investe oltre 325 milioni di dollari, ma si rivela un fiasco e la Reynolds è costretta a ritirarla dal mercato. A metà degli anni Novanta la compagnia ci riprova e lancia Eclipse, che rimane in commercio fino al 2014, sebbene disponibile in edizione limitata.
Nello stesso periodo, però, è un altro colosso del tabacco a fare fortuna con questo tipo di dispositivi: stiamo parlando della Philip Morris International. L’azienda produttrice delle Marlboro nel 1998 lancia sul mercato Accord, una sigaretta che andava posta all'interno di un dispositivo a riscaldamento elettronico della dimensione di un cercapersone. Nel 2007 ne crea una versione aggiornata, la Heatbar, ma il successo arriva sette anni dopo quando viene lanciata la linea IQOS, che negli anni diventa tanto famosa da passare a indicare, per sineddoche, tutte le sigarette di questo tipo.
A dicembre 2023 erano 17 milioni le persone che nel mondo fumavano regolarmente una IQOS.
L’operazione di marketing condotta dalla Philip Morris è portentosa già dal nome che associa al prodotto. IQOS è l’acronimo di “I Quit Ordinary Smoking”, ossia “io abbandono il fumo tradizionale”. È un nuovo modo di pensare a questo rituale, rivoluzionario per alcuni versi e destinato a divenire moda.
L’azienda produttrice delle sigarette più vendute al mondo, le Marlboro, dichiara che la prassi tradizionale di fumare va abbandonata, ce n’è una più contemporanea, meno rischiosa, più attraente, meno ordinaria. La brand identity rimane sé stessa, ma la mission, cioè le modalità attraverso cui perseguire l’obiettivo, evolve.
Fanno davvero meno male?
Una delle caratteristiche per le quali molte persone lasciano il tabacco e si convertono alle sigarette elettroniche è la riduzione degli effetti negativi sulla salute. Secondo il sito della Fondazione Veronesi, «condurre studi indipendenti è reso complicato anche dalla continua immissione in commercio di nuove versioni dei riscaldatori di tabacco».
Inoltre, «gli studi disponibili, condotti principalmente dai produttori dei dispositivi, indicano che il contenuto di nicotina è simile a quello delle sigarette tradizionali, ma che il livello di altre sostanze tossiche è più basso». Sul fatto che ci siano poche ricerche dissente Emanuele Ferri, biologo che si occupa di controllo qualità delle sigarette elettroniche e direttore scientifico del progetto clearstreamonward.com: «Ci sono più di 5.000 articoli scientifici pubblicati sulle riviste peer review - quindi il massimo grado di affidabilità scientifica – e questi creano una base di conoscenze. Secondo un lavoro della Public Health England è stato dimostrato che la riduzione del danno passando dal fumo al vaping è del 95 per cento».
Anche uno studio più recente del National academies of sciences, engineering, and medicine (NASEM), pubblicato nel 2018 e intitolato "Public Health Consequences of E-Cigarettes", stabilisce una significativa riduzione dell'esposizione alle sostanze tossiche e un effetto positivo sulla salute a breve termine per chi passa completamente dalla sigaretta normale a quella elettronica. «I maggiori rischi – spiega Ferri – per la salute ci sarebbero laddove i liquidi venissero surriscaldati troppo nei vaporizzatori. Ma le sostanze tossiche si sprigionano a temperature più elevate rispetto ai 150-200 C° a cui arrivano le sigarette elettroniche».
I giovani
Che svapo e HTP, dunque, siano un metodo di supporto nel passaggio dalla dipendenza alla indipendenza dal fumo è un dato scientificamente accertato. Ma cosa dire dei ragazzi, che in numero sempre maggiore si avvicinano alle sigarette elettroniche pur non avendo mai fumato prima?
Secondo il dottor Pietro Casella, direttore della UOC Dipendenze dell’Asl Roma1, è «un problema grosso quello che si sta manifestando con l'iniziazione dei giovani all'abitudine del fumo con sigaretta elettronica. Le grandi multinazionali stanno spostando il loro business dalla sigaretta tradizionale a quella elettronica proprio perché hanno scoperto che quella è una strada per fare business, proprio perché la sigaretta elettronica è meno gravosa dal punto di vista degli effetti delle malattie correlate».
Allo svilupparsi di una dipendenza, infatti, concorre non solo la presenza di nicotina all’interno di questi dispositivi, che dal punto di vista chimico crea assuefazione, ma anche il fattore psicologico: con le sigarette usa e getta – le svapo - il ciclo del fumo non si interrompe. Questi dispositivi sono costituiti da un semplice tubicino di plastica pronto all'uso, che si esaurisce solo alla fine del liquido che si trova all'interno, di norma in 600 tiri.
Ciò fa in modo che il giovane che la consuma non abbia mai la percezione di un ciclo che termina e potrebbe andare avanti a fumare per ore. «I fattori che contribuiscono alla lista della dipendenza sono in parte legati alle caratteristiche chimiche della sostanza, ma molto anche all'effetto, alla gestualità che contribuisce a creare una sorta di identità del soggetto. Basta andare in giro e vedere molti giovani con la sigaretta elettronica che hanno questo atteggiamento, come dire, molto sicuro di sé. In fin dei conti è una moda», continua Casella.
Smoke washing
Il problema sta proprio in questo: da dispositivi pensati per accompagnare il fumatore fuori dal circolo della dipendenza, le sigarette elettroniche sono diventate parte del problema perché creano una «fidelizzazione dei soggetti all'uso quel prodotto. Tenendo conto del fatto che la sigaretta tradizionale è stata oramai ampiamente demonizzata, le aziende che la producono stanno cercando di fare un restyling della propria immagine attraverso un altro oggetto che causa dipendenza: le sigarette elettroniche», conclude il dottore.
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