- Dal decreto Salva-infrazioni è stata cancellata, rispetto alla versione iniziale, la parte che toglieva i vantaggi per i produttori di tabacco riscaldato e introduceva il divieto di aromatizzare i prodotti da svapo.
- Matteo Salvini ha vinto la battaglia a favore di un settore produttivo che difende fin dal 2014. E nel tempo, qualche impresa lo ha ripagato con donazioni al suo partito.
- Il caso ricorda quanto avviene da anni con le concessioni balneari: si rischiano le sanzioni dell'Unione europea per tutelare interessi corporativi.
La strenua resistenza della Lega ha funzionato. Le barricate di Matteo Salvini hanno portato in dote la vittoria alla lobby amica, la galassia delle sigarette elettroniche con cui ha un legame di vecchia data. Dal decreto Salva-infrazioni è stata cancellata la parte che toglieva i vantaggi per i produttori di tabacco riscaldato.
E poco conta se questa rappresenti una sfida all’Unione europea, che chiede di intervenire sulla questione. Sembra una versione riveduta e aggiornata della vicenda balneari. Non sfugge il punto in comune: la priorità è la tutela degli interessi di parte, nella logica dell’intoccabilità di certe corporazioni. Con tanti saluti al liberalismo di cui si è molto vagheggiato dopo la morte di Silvio Berlusconi.
Privilegi conservati
Nella versione finale del decreto è stato quindi eliminato l’intero articolo, presente nella bozza entrata in Consiglio dei ministri la scorsa settimana. È una vittoria su tutta la linea per i leghisti, che contro quella norma hanno schierato il vicepremier Salvini. L’intervento prevedeva il divieto di «immissione sul mercato dei prodotti del tabacco riscaldato contenenti aromi caratterizzanti o aromi in qualsiasi dei loro elementi quali i filtri, le cartine, le confezioni, le capsule o le caratteristiche tecniche che consentono di modificare l’odore o il gusto dei prodotti del tabacco interessati o la loro intensità di fumo».
In sostanza l’equiparazione alle sigarette e al tabacco da arrotolare, che non possono avere odori artificiali per rendere più appetibile il prodotto. Inoltre sarebbero state cancellate le esenzioni in vigore, introducendo allo stesso tempo delle modifiche alle regolamentazioni su ingredienti ed etichettature. Un affronto per i leghisti che non potevano tradire un settore che li sostiene.
Asse leghista
Alla fine della riunione a palazzo Chigi c’erano due versioni che circolavano. La prima parlava della soppressione dell’articolo sul tabacco riscaldato, la seconda riferiva di un compromesso raggiunto con un intervento di portata più limitata. La pubblicazione del decreto in Gazzetta ufficiale ha dissipato i dubbi: la norma è saltata, Salvini ha imposto la propria linea al ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, a alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che aveva introdotto quell’articolo con la supervisione dei sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
Il leader della Lega ha potuto contare sulla sponda del compagno di partito e ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. L’articolo sul tabacco riscaldato è stato rimpiazzato da un’altra norma su una procedura di infrazione aperta dall’Ue, in «materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare».
Vecchia amicizia
Ma perché tanta caparbietà da parte della Lega? Il legame con il settore delle sigarette elettroniche è di vecchia data, nasce già dal 2014, quando Salvini ha partecipato allo “Svapo day”, evento promosso dalle imprese del comparto. E ancora, nel 2017 il leader leghista è stato accolto come un eroe dagli imprenditori che davanti a Montecitorio protestavano contro la revisione al rialzo della tassazione sulle sigarette elettroniche.
Tanto che, durante la campagna elettorale del 2018, Salvini aveva promesso la cancellazione di quelle tasse. Una lunga liaison che ha visto i leghisti fare da scudo a qualsiasi tentativo di cambiamento. Il trait d’union con la Lega è Stefano Giorgetti (solo omonimo del ministro), vicepresidente dell’Associazione nazionale produttori fumo elettronico (Anafe), e amministratore di Vaporart, azienda del settore, che ha sostenuto economicamente la Lega durante l’ultima campagna elettorale con una donazione di 50mila euro.
Ma già il 9 luglio 2020 la società aveva versato 20mila euro. E a gennaio di quest’anno la questione si è riproposta seppure con cifre più piccole: c’è stata un’ulteriore elargizione di 5mila euro. Certo, tutto alla luce del sole. Fatto sta che alla fine Meloni ha accontentato Salvini, non ritenendo prioritario il tema.
Eppure non è così. La legge era stata inserita nell’ennesimo decreto per far calare il numero delle procedure di infrazioni avviate da Bruxelles nei confronti dell’Italia. La traduzione è semplice: se l’Italia non si adeguerà alla direttiva europea rischierà di affrontare una sanzione, che in caso di condanna sarebbe economica. Facendo gravare sulle casse pubbliche la tutela di una nicchia, cara a Salvini. Insomma, guardi al tabacco riscaldato e pensi ai balneari, due facce della stessa medaglia corporativa.
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