Simone Barlaam deve essere convinto di quanto ha più volte ripetuto Niccolò Campriani. Uno vince in piscina, l’altro l’ha fatto nel tiro a segno, ma in fondo la storia è la stessa: le medaglie non sono un fine, ma un mezzo.

Se restano a casa, se non le fai girare, se non le condividi con chi ti sta vicino, se non capisci il loro rovescio, serve anche quello, contano di meno. D’altronde Simone, come Niccolò, di medaglie ci capisce. Fra stile libero, dorso e farfalla ne ha vinte una montagna: una d’oro, due d’argento e una di bronzo alle ultime Paralimpiadi di Tokyo, addirittura sei d’oro nei Mondiali di Manchester di un anno fa, e tutto lascia pensare che il raccolto possa essere piuttosto abbondante anche nella vasca paralimpica della Defense Arena di Parigi, dove ha cominciato giovedì con un secondo posto alle spalle dell’idolo di casa, il francese Ugo Didier, sui 400 stile libero della categoria S9.

Storicamente, Barlaam si sente più a suo agio sulle distanze più corte, e questo lascia ben sperare per i prossimi giorni.

Fama mondiale

Portare in giro le medaglie, dunque. Il suo mantra: «Mi entusiasma il fatto che possano servire a trasmettere a tante bambine e bambini con disabilità la voglia di praticare lo sport e il nuoto». Lui lo può spiegare meglio di altri. Colpa di un’infanzia passata fra una frattura e l’altra, messa sotto scacco da una deformità dell’anca e dall’ipoplasia congenita del femore destro con cui è nato e che l’ha costretto alla prima operazione quando aveva appena dieci giorni di vita.

Da allora si è sottoposto a 12 interventi e l’acqua è stata la sua coperta di Linus, la repubblica autonoma delle sue giornate, l’unico territorio dov’era possibile muoversi senza pericoli. Ora, però, la Parigi dell’ospedale pediatrico Saint-Vincent-de-Paul, dove fu a lungo ricoverato da piccolo, ha ceduto il testimone a quella delle Paralimpiadi, in cui Barlaam è una delle stelle più attese, con tanto di Bbc e L’Equipe a certificarlo in sede di pronostici. E già, perché se il nuoto è il punto di forza della spedizione azzurra, e la prima giornata di gare lo ha abbondantemente dimostrato, lui ne è uno dei simboli riconosciuti.

Le medaglie come “mezzo”, un po’ come le poesie di Neruda, che come dice Massimo Troisi a Philippe Noiret nel Postino «non sono di chi le scrive ma di chi gli serve». Magari non arriviamo a tanto, ma l’importante è viaggiare. E le medaglie, come le poesie, possono farlo anche rimanendo sotto casa, alle porte di Milano.

Per la verità il nuotatore un po’ di estrazione “mappamondesca” ce l’ha, un anno della sua storia scolastica l’ha passato in Australia, ma il suo tragitto è stato per anni breve: dalla sua Cassinetta di Lugagnano a Magenta dove frequentava la scuola superiore (al liceo scientifico “Bramante”) e gli allenamenti in acqua (alla piscina comunale). Ed è qui che le medaglie di Simone hanno preso a farsi apripista e pifferaio magico di altre storie. Perché Barlaam è diventato testimonial e ambasciatore di un’associazione dal nome solo apparentemente complicato: Lo.Ca4students.

In ricordo di una prof

Di cosa si tratta? Di mettere insieme una parola, “loca”, in spagnolo un po’ “matta”, e alcuni studenti. Il tutto per ricordare una professoressa che non c’è più, una docente che ha insegnato anche a Simone la matematica. E che si chiamava Lorenza Cardani: Lo.Ca sono infatti anche le sue iniziali.

La sua empatia con gli alunni del “Bramante” era diventata proverbiale, come una didattica che combinava una grande creatività, l’espressione loca deve venire da quello, con il rigore dei numeri.

Per ricordarla, suo marito Roberto Colombo, i suoi colleghi, i suoi studenti, hanno deciso di inventare l’associazione, un po’ pazzerella pure lei.

Si organizzano apericene per raccogliere fondi, si aiuta chi è in difficoltà ma anche chi si distingue nel suo percorso di studi, e lo si fa con qualche tocco speciale: i premi in denaro servono per pagare le tasse universitarie, ma pure per comprarsi una bicicletta e girare senza inquinare. La prof avrebbe gradito. E avrebbe gradito pure il fatto che il suo mondo per ricordarla ha scelto una vignetta. Perché lei era anche questo. Tanto che è proprio un suo elegante schizzo a essere diventato il logo di Lo.Ca4students.

Vignette che passione

Un motivo in più perché Simone Barlaam dicesse: «Io ci sono». Una sera di marzo questo “ci sono” è diventato un momento in cui si è raccontato e poi ha tirato fuori proprio loro, le medaglie. Solo che non erano lì in carne ed ossa, si fa per dire, ma su una maglietta, il suo allegro autoritratto. E sì, perché Simone Barlaam, come la sua professoressa di matematica, ha quest’altra grande passione, nata nelle lunghe attese in ospedale, quando prendeva a disegnare squali con la mamma. Così, la maglietta è diventata una forma di autofinanziamento per l’associazione.

Simone Barlaam ha tanti miti: Alex Zanardi, Federica Pellegrini, Roberto Baggio. Ma in un’intervista recente alla “Gazzetta dello sport” ha confessato che il momento in cui ha sentito tremare le gambe è stato l’incontro con Zerocalcare. E disegnare e immaginare potrebbe essere un pezzo del suo futuro da ingegnere a carriera finita.

Ambizioni

Ma ora c’è Parigi. Dopo l’argento, la Lo.Ca4students ha già postato un eloquente “E una!”. Simone dice che in Francia è tutta un’altra cosa, che Tokyo e quell’Olimpiade blindata senza pubblico l’avevano mandato un po’ fuori di testa. Insomma, non è da escludere che sul podio ci si possa salire ancora, e magari diverse volte, in una condizione d’animo migliore.

Altre medaglie, quindi. Con la promessa di non farle mai smettere di andare in giro. Per dire a tanta gente “ce la puoi fare” e per ricordare quella sua indimenticabile prof.

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