L’ombra più corposa che si estende su Jannik Sinner in queste ore ha un volto: ed è quello di Chiara Ferragni.

Non certo perché fra le vicende del tennista e quella dell’influencer ci siano punti in comune sul piano legale: l’uno è stato assolto dal tribunale indipendente londinese “Sports Resolution” (voluto e finanziato da ITF, Atp/Wta e dai proprietari dei tornei dello Slam) dall’accusa di aver assunto sostanze proibite (il celeberrimo Clostebol contenuto nello spray cicatrizzante Trofodermin). L’altra è indagata per truffa (procedimento ancora in corso) per il noto caso del panettone “benefico” e altre cosette.

Ma non si può escludere che ciò che è successo a Ferragni, (l’addio a valanga degli sponsor, la conseguente chiusura del prestigioso punto vendita del suo marchio di abbigliamento milanese) si ripeta anche con Sinner.

Perché un conto è essere assolti da un tribunale indipendente ed entro 21 giorni sapremo se Wada (l’agenzia internazionale antidoping) o Nado Italia (analoga agenzia di casa nostra) ricorreranno in appello presso il Cas di Losanna. Ma altra cosa è l’immagine, quella che era stata cucita sul ragazzo Sinner praticamente da quando, nel 2019, vinse al Palalido di Milano le Next Gen Finals.

Quella di testimonial perfetto che gli ha permesso di diventare un uomo da 60 milioni di dollari l’anno di contratti pubblicitari. Quell’immagine è stata investita in modo violento dal caso Clostebol-Trofodermin. In epoca di social dominanti il sentiment strisciante pesa assai di più di un atto di assoluzione.

La paura 

C’è gusto nel vedere il simbolo che crolla, la statua di Saddam Hussein che viene tirata giù con le funi a Baghdad. E può un testimonial “globale” restare tale pur essendo impolverato da un sospetto non motivato da sentenze ma pesante come un macigno? Ecco perché il team Sinner ha i brividi, in queste ore.

La sorte è strana. Nel periodo olimpico in tv è passato lo spot di una nota compagnia telefonica in circolazione da mesi: quello in cui Sinner, che ne era protagonista, tra le altre attività guida un go kart. Solo che nella versione “olimpica” il volto di Jannik non c’era più. Oscurato. Così come non compariva il claim finale pronunciato da lui con il casco in mano: solo una voce fuori campo e non la sua.

Nel periodo olimpico gli atleti non possono prestarsi a attività commerciali ed è vero. Ma Sinner dai Giochi si era già ritirato e dunque con Parigi 2024 non aveva nulla a che fare. Sinistra anticipazione del futuro o pura casualità? Una storia “ombrosa” che simboleggia perfettamente quello che è un grande problema del tennis: la trasparenza delle sue decisioni.

Le opinioni degli altri giocatori 

Nick Kyrgios (uno i cui comportamenti in campo, prima che si trasformasse in un commentatore assai british per Discovery, avrebbero dovuto causargli uno stop di decenni) è stato il più duro nel commentare l’affaire: «Jannik avrebbe dovuto essere squalificato per due anni. Colpa del massaggio? Bella, questa».

E Dennis Shapovalov, uno la cui fisicità è raddoppiata in modo inversamente proporzionale ai suoi risultati in campo nel corso degli anni: «Regole diverse per giocatori diversi». Perché della positività di Sinner non si è saputo nulla praticamente fino a due giorni fa mentre in altri casi appartenenti alla stessa categoria (la cocaina di Gasquet, il Latrazolo di Errani, il Roxadustat di Halep per citarne tre) la notizia è trapelata al volo?

La “potenza legale” 

Il fatto è che nel merito Shapo potrebbe anche avere ragione. Perché Sinner è stato assistito da un avvocato, Jamie Singer, che certo non è l’ultimo arrivato nel settore e il cui onorario è certamente proporzionato al valore delle sue prestazioni.

Singer, un ex coach di tennis, che dal 2000 al 2005 ha lavorato in IMG, la potente agenzia sportiva in cui si è occupato di questioni legal-tennistiche prima di cofondare uno studio che si chiama “Onside Law” è un professionista certo accessibile da Sinner e non, per dire, dalla malcapitata britannica Tara Moore; la cui positività al nandrolone fu rilevata nel 2022, immediatamente resa nota e solo 19 mesi dopo del tutto scagionata.

Secondo il dispositivo della sentenza emessa da Sports Resolutions, Sinner ha chiesto in entrambi i casi della sua rilevata positività (controlli dell’11 e del 19 marzo a Indian Wells e Miami) la «sospensione della sospensione (dall’attività)» che scatta automaticamente in base a fondati motivi di presunta innocenza. Una mossa legale perfetta di cui altri tenniste/i o non hanno approfittato oppure, davanti ad una analoga richiesta, i giudici hanno risposto picche.

Ma il punto è che la “potenza legale” messa in campo da Sinner non è evidentemente pari a quella di altri di minor peso politico-tennistico. Per cui di Jannik non si è saputo nulla e di altri magari sì. Non sfugga inoltre che le sospensioni conseguenti alla positività sono state comminate all’italiano, guarda caso, proprio mentre non era impegnato in tornei: il 4 e il 5 aprile e dal 17 al 24.

In particolare Sinner scelse di non giocare a Barcellona dopo Montecarlo e di ripresentarsi a Madrid: scelta che stupì perché il torneo non allena per Roma e Parigi viste le diverse condizioni ambientali. Se un malpensante vede in questa scansione temporale una versione zuccherata di quello che un tempo si chiamava “silent ban” (squalifica silenziosa: sei positivo al doping ma per evitarti danni di immagine tu datti malato e io non divulgo la tua squalifica: è successo in passato) come lo si può accusare di cattiveria e pregiudizio?

I punti poco chiari 

La chiarezza è tutto e nel caso Sinner diciamo che non è onnipresente. Ad esempio: come è possibile che, se il contagio è avvenuto dal dito di Giacomo Naldi trattato con lo spray Trofodermin al corpo di Sinner ripetutamente massaggiato (il dito fasciato era il mignolo, non certo quello più utilizzato in fase di trattamento muscolare ma lasciamo perdere) e se Naldi ha smesso di spruzzare Trofodermin sul dito il 13 marzo i valori rilevati a Miami il 18 marzo siano stati sostanzialmente identici a quelli del primo controllo?

I giudici che hanno emesso la sentenza sembrano non aver dato alcun peso a questo fatto. L’appassionato della strada, inoltre, potrebbe domandarsi come mai due esperti del livello di Umberto Ferrara e Giacomo Naldi sono scivolati sulla buccia di banana di un farmaco da banco contenente una sostanza, il Clostebol, di cui si diceva facessero uso tra gli altri Kornelia Ender e Jarmila Kratochvilova (la mezzofondista che ancora oggi detiene il record mondiale degli 800) nella DDR e nella Cecoslovacchia negli anni della cortina di ferro.

Possibile che ci sia stata una leggerezza del genere, come se Verstappen, uscendo dal parcheggio, mettesse la prima invece della retromarcia? Sono queste ombre a fare del male non solo a Sinner ma al mondo-tennis, a farlo sembrare un oppidum, una città fortificata che non si può espugnare. Un problema che va risolto, e in fretta.

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