Nella società è tornato il vecchio sistema di potere dopo il commissariamento voluto da Mario Draghi nel 2022. Il nuovo vertice deciso dai due partiti ha fatto pulizia dei dirigenti non graditi: «Non commento sul tema»
L’ambizione
La necessità di riscrivere la geografia energetica italiana
Una sfida tra indipendenza energetica e prove muscolari politiche per mettere sotto controllo un settore cruciale. E fare piazza pulita della precedente dirigenza per avere mano libera e prendersi il nucleare. Per questo i partiti della maggioranza, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, sono alla ricerca del proprio spazio nella prossima partita sull’atomo.
Una certezza è stata infatti fissata dal governo Meloni: il nucleare è stato indicato come la prospettiva del futuro. Dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, al vicepremier Matteo Salvini è iniziata una gara al rilancio sull’apertura delle nuove centrali.
Pichetto Fratin lo ha ripetuto in più circostanze, anche di recente. E alla Sogin, la società incaricata di dismettere le vecchie centrali nucleari, hanno drizzato le antenne. Poco male se negli anni è spesso finita sotto la lente degli organismi indipendenti sulla propria inazione pluriennale fino al commissariamento deciso dal governo Draghi.
Ma oggi occorre rivitalizzare la società controllata dal ministero dell’Economia. E la vicenda interessa in primo piano pesi massimi del centrodestra, come il ministro Giancarlo Giorgetti, e ancora di più la viceministra leghista all’Ambiente Vannia Gava, e il vicepresidente presidente della Camera, Fabio Rampelli, padre politico di Giorgia Meloni.
Tutti con un imperativo: fare piazza pulita dei dirigenti in odore di sinistra. Di mezzo c’è la necessità di riscrivere la geografia energetica italiana. Con Pichetto Fratin, osteggiato dagli alleati, anche per la scarsa stima verso l’attuale ad di Sogin, Gian Luca Artizzu. Un sentimento ricambiato: in privato l’ad non ha mancato di esprimere giudizi severi sul ministro.
La scalata
La storia è quella di desideri politici e il ripristino del vecchio sistema di potere alla Sogin. Dopo il commissariamento deciso da Mario Draghi, la destra ha piazzato una serie di figure. Ma con maggiore discrezione rispetto ad altre società. A orchestrare l’operazione è stato Artizzu, arrivato al comando della società – a fari spenti – a inizio agosto 2023, grazie a una serie di appoggi politici coltivati con pazienza.
Ora, per dare il senso dell’operazione, sta rovesciando i vertici, con il licenziamento di chi ha gestito la società, addirittura arrivando a cacciare il precedente ad, Emanuele Fontani (che era rimasto nell’azienda dopo la perdita del ruolo di vertice). Proprio quel Fontani che, sotto la sua guida, lo aveva assunto a capo della direzione personale.
Tra i due c’era una conoscenza reciproca. Artizzu ha presentato, nel 2020, la candidatura lavorativa al momento giusto e completato la trafila prevista per l’assunzione. Da lì ha iniziato la propria scalata che lo ha reso il punto di caduta tra gli appetiti tra Lega e Fratelli d’Italia. Il manager ha saputo farsi garante di una sorta di patto tra potentati, in particolare tra Lega e FdI. Una figura chiave è Giuseppe Bono, dirigente che opera lontano dai riflettori, allontanato dalla precedente gestione della Sogin e distaccato al Gse.
Con l’ascesa al potere della destra, Bono è tornato al centro della scena. Utili sono stati i canali con Michele Sciscioli, dipendente della Sogin e uomo di fiducia di Giorgetti che lo aveva voluto a capo del dipartimento Sport quando Valentina Vezzali è stata nominata ministra. Sciscioli, dietro la sponsorizzazione del ministro dell’Economia, è diventato capo dipartimento per le politiche giovanili, al fianco del ministro dello Sport, Andrea Abodi. E, grazie ai rapporti con i vertici politici, ha caldeggiato il nome di Artizzu.
Una delle prime mosse dell’ad, infatti, è stata la riassunzione alla Sogin di Bono con ruoli di responsabilità nella comunicazione. L’iniziativa sollevò perplessità e un’interrogazione parlamentare del deputato del Pd, Luciano D’Alfonso. Si racconta che nella società Bono è il factotum di Artizzu, tenendo i rapporti con tutti. Ma Artizzu ha cercato personalmente e trovato un’altra sponda di prestigio in FdI: quella del vicepresidente della Camera Rampelli, che ha incontrato in più di qualche occasione. Decisivo, in questo senso, la conoscenza di Alfredo Antoniozzi, deputato di Fdi, che nel gennaio 2023 ha firmato un’interpellanza e un’interrogazione, sottoscritta dal capogruppo meloniano, Tommaso Foti, che l’asse Bono e Artizzu ha visto di buon occhio: si chiedeva chiusura della fase di commissariamento.
Rampelli ha interloquito con il futuro ad, avallando la strategia di totale cambiamento nell’organigramma aziendale. Tanto che nell’ultimo anno sono almeno sei dirigenti apicali hanno lasciato la Sogin. Tra questi ci sono Fabrizio Speranza (direttore di Finanza e controllo), Luigi Cerciello Renna (responsabile della direzione appalti di Sogin ed ex funzionario Anac), Roberto Marvasi che dal 1° aprile 2020 ricopriva il ruolo di direttore della funzione prevenzione della corruzione e della trasparenza (carica cessata il 30 giugno 2023), Davide Galli e Pierfrancesco Baldassarri (componente dell’organismo di Vigilanza). Artizzu, interpellato da Domani, ha glissato: «Non rilascio dichiarazioni su questo tema».
La situazione non è delle più serene. Secondo quanto risulta a Domani, l’Anac starebbe facendo chiarezza anche sull’allontanamento di un whistleblower da parte della Sogin. L’ad ha comunque difeso l’operato dell’azienda: «Contesto le accuse di lentezza del decomissioning. All’estero viene programmato in 40 anni. In Italia sta avvenendo in molto meno tempo».
Fatto sta che stupisce come Luigi Cerciello Renna si trovi fuori dalla Sogin: era stata una delle figure, insieme a Speranza, che hanno contribuito a far recuperare allo stato i circa 32 milioni di euro dati come anticipo al Consorzio Teorema per l’aggiudicazione dell’appalto Cemex presso l’impianto di Eurex Saluggia.
Il progetto è naufragato per volere della struttura commissariale, che contestava gravi inadempimenti alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore. La risoluzione del contratto è stato un fardello per la Sogin, che ha impiegato tempo prima di rientrare dei soldi spesi. E ora, è stato aperto un nuovo bando da 151 milioni di euro per la realizzazione del progetto. Che Renna non fosse ben visto dalla nuova dirigenza era noto.
A confermarlo le intercettazioni raccolte nell’indagine della procura di Roma sulle spese ingiustificate della Sogin tra il 2010 e il 2020 al vaglio della Corte dei Conti, prima dell’arrivo di Fontani.
«Come puoi testimoniare tu, te l’ho detto io un anno fa, io ti dicevo a me questo C.R. non piace, non so da dove arrivi, non so …», diceva Bono a un’interlocutrice in una delle intercettazioni. Dopo 2 anni di commissariamento, alla direzione appalti è stato nominato Fabrizio Scolamacchia (dal 2004 in Sogin), già scelto come responsabile dell’appalto fallimentare Cemex.
Trasparenza
Il nuovo corso non brilla per trasparenza, almeno stando agli atti. Ad agosto sarà trascorso un anno dall’insediamento di Artizzu. Sarebbe il tempo, quindi, di fare un primo bilancio della nuova gestione voluta dalla maggioranza. Servono gli ultimi dati contabili, che a maggio del 2024 non sono pubblicati nel sito web della Sogin, come il bilancio del 2023. «Non abbiamo presentato un bilancio preventivo perché non c’è stato un passaggio di consegne e appena arrivati abbiamo dovuto studiarci tutte le carte», dice Artizzu.
I fari sono però puntati sulle spese per le assunzioni. Negli anni è stato proprio l’ingente personale (oggi a 827 unità) a gravare sui costi dell’azienda. Stando all’ultimo bilancio pubblicato online, quello del 2022, il costo dei dipendenti è stato pari a euro 73.626.547, in diminuzione rispetto al 2021 di 4.228.297 euro per via di alcune uscite.
Per il prossimo anno si rischia un aumento generali dei costi, dato che la macchina aziendale ha ripreso a funzionare. Da quando Artizzu è diventato nuovo ad sono stati firmati decine di contratti di consulenza legale, per un costo complessivo di circa 380mila euro; sono state assunte 8 nuove figure tecniche e sono stati pubblicati almeno 14 nuove gare di appalto. I primi segni delle mani della destra sul nucleare. E Artizzu risponde presente: «Noi ci siamo, come competenze», è la sintesi del suo pensiero.
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