Oltre 60 paesi hanno dichiarato di essere pronti ad assistere gli afghani. Eppure, prima che i fondamentalisti conquistassero il potere, sei paesi europei avevano chiesto di impedire che il governo afghano bloccasse i rimpatri forzosi: gli stessi che non hanno sottoscritto la dichiarazione
Kabul è caduta. I talebani l’hanno conquistata proclamando ufficialmente la rinascita dell’Emirato islamico. Mentre la bandiera dei fondamentalisti, quella bianca con una scritta nera, viene issata sul palazzo presidenziale, migliaia di afghani invadono le strade, dirigendosi verso l’aeroporto internazionale della capitale, per cercare un modo di lasciare il paese.
Alcuni di loro - come mostrano le drammatiche riprese diffuse sui social network - si aggrappano addirittura alle ali degli aerei americani in decollo, prima di precipitare nel vuoto. Immagini che ricordano quelle dell’11 settembre, con i lavoratori intrappolati nelle Torri gemelle che si lanciano dalle finestre per fuggire a una morte atroce. Eppure, la crisi in Afghanistan è iniziata ben prima del ritorno dei talebani. L’Europa però se ne accorge solo ora.
Paura dei migranti
Il presagio che i governi dell’Unione europea potessero essere investiti da una nuova ondata di migranti, richiedenti asilo, è diventato reale. Sono 64, infatti, i paesi di tutto il mondo che nella notte hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui affermano che «agli afghani e ai cittadini internazionali che desiderano partire deve essere consentito di farlo; strade, aeroporti e valichi di frontiera devono rimanere aperti e deve essere mantenuta la calma», perché «il popolo afghano merita di vivere in sicurezza, protezione e dignità. Noi della comunità internazionale siamo pronti ad assisterli».
Sono sei i paesi che prendono le distanze da quest’ultima dichiarazione. Gli stessi che da anni respingono i richiedenti asilo afghani al mittente: Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Grecia. I guardiani della cosiddetta rotta balcanica.
Il 10 agosto questi paesi europei inviano una lettera al vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, e alla commissione Affari interni, Ylva Johansson, chiedendo di impedire al governo afghano di imporre il blocco sui rimpatri dei rifugiati.
La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha parlato questa mattina di una possibile ondata migratoria a seguito di quanto sta succedendo in Afghanistan, dicendo che la possibilità per gli afghani di lasciare il paese dipenderà dai talebani e dalla situazione alle frontiere. Merkel ha riferito poi che la Germania ha interesse a che le persone siano aiutate «sul posto», non fuori dai confini, dunque, sottolineando la necessità di lavorare a stretto contatto con la Turchia.
Tuttavia, dopo il flusso di migranti provenienti dalla Siria, che nel 2015 ha investito Ankara, il presidente Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato con fermezza che «questa volta il paese non sarà la sala d’attesa dei profughi per nessun altro paese».
Violato il diritto internazionale
Quanti sono i rimpatri forzosi messi in atto dai paesi europei? Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), gennaio 2021 e luglio 2021 ci sono stati 627.979 rimpatri. Da quando è esplosa l’emergenza sanitaria da Covid-19, infatti, la situazione si è aggravata. Ma adesso, l’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) stima che 500mila persone saranno sfollate con la forza a causa dei conflitti nel paese. Un numero che si somma ai 5 milioni di sfollati già presenti nel paese.
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dal Danish refugees council (Drc), organizzazione umanitaria internazionale a sostegno dei rifugiati, tra aprile e giugno 2021, i respingimenti subiti dai richiedenti asilo sono stati accompagnati da un’ampia violazione dei diritti umani, indipendentemente dalla loro età, sesso, vulnerabilità o status giuridico. In alcuni stati membri dell'Unione europea, il rapporto rivela anche casi di separazioni familiari forzate. Le persone coinvolte sono 3.403.
L’accordo con Kabul
Il 26 aprile scorso, l’Unione europea ha firmato una dichiarazione congiunta con il governo afghano per favorire l’espulsione degli afghani dai paesi membri che hanno rifiutato le loro domande di asilo.
L’accordo prevedeva il rimpatrio di 50 persone per ciascun volo e una media mensile di 500 persone. Secondo i dati raccolti dall’Oim, oltre 1 milione di persone sono state rimpatriate con la forza in Afghanistan, nel 2020. Solo la Germania ha negato l’asilo a 1104 afghani, rimandandoli indietro.
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