Il caso che sta tormentando la sinistra italiana si arricchisce di un nuovo capitolo: la procura di Latina e la Guardia di finanza hanno ottenuto dal tribunale del capoluogo pontino il sequestro di oltre mezzo milione di euro (639.455) nei confronti delle cooperative della compagna e della suocera del deputato-sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro.

Nell’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari dispone il congelamento della somma «ai fini delle confisca» emergono i nomi degli indagati in questa inchiesta che sta scavando sulla gestione maldestra dei centri per rifugiati, foraggiati con soldi pubblici dei comuni e delle prefetture.

In quasi dieci anni di attività, Marie Therese Mukamitsindo, suocera del deputato Soumahoro, è passata dall’olimpo delle star dell’accoglienza, con tanto di citazioni in articoli di autorevoli giornali italiani, ai margini delle scena pubblica.

Lei è la principale indagata, insieme alla figlia, Liliane Murekatete, compagna del politico eletto alle ultime elezioni con l’Alleanza verdi e sinistra.

Sotto inchiesta ci sono anche il cognato di Soumahoro, Richard Muntangana, e Michel Rokundo e Ghislaine Ada Ndongo.

Il provvedimento di «sequestro preventivo a fini di confisca» è anche per equivalente, sino alla «concorrenza di 639.455 euro» e di 13.368 euro nei confronti di altri due indagati.

In pratica, se gli investigatori non dovessero trovare le somme sui conti correnti delle cooperative o dei singoli, sono autorizzati a bloccare quote societarie, immobili e beni fino al raggiungimento della cifra da riportare nelle casse dello stato. 

Oltre al sequestro la procura ha ottenuto l’applicazione della misura interdittiva per un anno nei confronti dei membri del consiglio di amministrazione (inclusa la compagna di Soumahoro): per loro è scattato il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche. 

Fatture false e pessima qualità

Il sistema delle cooperative dell’accoglienza del gruppo guidato dall’imprenditrice Mukamitsnido (suocera di Soumahoro) si reggeva su tre sigle: Karibu è la più nota, quella con maggiori contratti pubblici incamerati negli anni.

Poi ci sono Consorzio Aid e Jumbo Africa, collegate alla prima. Secondo gli investigatori della finanza, però, «dagli elementi raccolti Jambo e il Consorzio Aid sono strutture satelliti riconducibili alla sola Karibu risultando essere schermi fittizi per l’esecuzione di un illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare».

Il giudice, poi, definisce il meccanismo un «collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti» emesse dalla coop Karibu nelle dichiarazioni fiscali «relative agli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019».

L’altro elemento emerso nelle verifiche della guardia di finanza riguarda i movimenti di denaro sospetti: «Sono stati riscontrati prelevamenti in contanti, bonifici verso l’estero».

Inoltre, gli investigatori segnalano «una difficile rendicontazione delle erogazioni, una gestione contabile non trasparente e distrazioni di denaro per finalità estranee alla gestione dei progetti». 

Nei documenti in mano all’accusa c’è anche la prova degli scarsi servizi offerti dalle coop della suocera di Soumahoro: «Allarmanti accertamenti sulla qualità dei servizi erogati... all’esito delle verifiche ispettive eseguite presso le varie strutture di accoglienza segnalando tra l’altro il soprannumero di ospiti, le carenti condizioni igieniche, l’assenza di derattizzazione e deblattizzazione nonché più genericamente la scarsità delle prestazioni fornite».

Il giudice aggiunge altri dettagli: «Alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato rispetto al numero degli ospiti, mobili rotti e malmessi, condizioni igieniche carenti, riscaldamenti ridotti in ore notturne o assenti...Il che rende le condotte per cui si procede estremamente gravi»

I testimoni

«Ho lavorato per Karibu fino al 2018», ha detto ai pm una delle ex dipendenti, che ha riferito di stipendi non pagati, di case fatiscenti e ragazzi che vivevano in condizioni pessime.

Alla dipendente hanno pure chiesto di una coop usata dal gruppo della suocera del deputato della sinistra come «schermo». La donna ha confermato che la Jumbo Africa «era gestita dal figlio di Maria Terese, tale Richard».

Un’altra lavoratrice ha confermato ai detective: «Jumbo Africa era una società satellite che faceva capo sempre a Karibu e alla signora Maria Terese».

La stessa ha delineato un nuovo scenario investigativo: «Molti ospiti delle strutture Sprar (i centri per rifugiati di accoglienza diffusa, ndr) si allontanavano dalle strutture per ricongiungersi a familiari ed altro, di questo i responsabili della Karibu venivano informati immediatamente ma non provvedevano ad eliminarli dalla lista tenendoli appesi per tre o quattro mesi continuando così a percepire il contributo dell’ospite che si era allontanato e non aveva più diritto allo stesso».

La difesa 

«La signora Murekatete si dichiara assolutamente estranea rispetto ai fatti contestati, che peraltro riguardano un presunto danno erariale di 13mila euro, e siamo certi che a breve, anzi a brevissimo, verrà fatta chiarezza e dimostrata la totale innocenza della mia assistita», dice Lorenzo Borrè, avvocato di Murekatete.

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Dopo la notifica dei provvedimenti è intervenuto anche il deputato Soumahoro, con una nota inviata dal suo legale. Ribadisce di essere estraneo ai fatti, e aggiunge: «Sono profondamente amareggiato, dispiaciuto e preoccupato per l’indagine che adesso vede coinvolta direttamente la mia compagna Liliene Murakatete che confido dimostrerà la sua innocenza...La situazione di Karibu e del Consorzio Aid è quindi congelata, in mano al ministero, in mano alla magistratura, nella quale ripongo la massima fiducia..come più volte affermato, non ero a conoscenza, e nel prosieguo delle indagini, sempre più alla luce del sole, continuerò a impegnarmi nella mia attività politico-parlamentare sui temi che hanno da sempre caratterizzato il mio impegno sociale, sindacale e politico per la promozione dei diritti, della dignità e contro qualsiasi forma di sfruttamento».

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