Stando ai numeri pubblicati dalla Camera dei deputati le spese finali del ministero della Difesa previste dalla legge di Bilancio 2022 sono 25,9 miliardi di euro ed equivalgono al 3,2 per cento del bilancio statale
La guerra in Ucraina ha alimentato in Italia un dibattito politico sull’aumento della spesa militare fino al 2 per cento del Pil, che corrispondono a circa 38 miliardi di euro, per uniformare il paese agli impegni presi in sede Nato.
Tra chi si oppone c’è l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. «È impensabile una corsa al riarmo ora. È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi l’anno nelle prossime due leggi di bilancio», ha scritto il leader del Movimento 5 stelle su Facebook.
«Dal 2019 ad oggi abbiamo intrapreso una crescita graduale delle risorse sia sul bilancio ordinario che sugli investimenti, che ci consentirà, se anche le prossime leggi di bilancio lo confermeranno, di raggiungere la media di spesa dei paesi dell’Unione europea aderenti alla Nato e poi, entro il 2028, il raggiungimento dell'obiettivo del 2 per cento», ha detto invece il ministro della Difesa Guerini. In questo caso, da una spesa attuale di 25 miliardi si arriva circa a 38 come specificato dallo stesso ministro Guerini.
Ma quali sono le differenze tra le spese militari del governo Conte e quelle dell’esecutivo di Mario Draghi?
I dati
Stando ai numeri pubblicati dalla Camera dei deputati i costi militari dei ministeri della Difesa, Sviluppo economico e Mise, previste dalla legge di Bilancio 2022 sono 25,9 miliardi di euro ed equivalgono al 3,2 per cento del bilancio statale.
Si tratta di una spesa alta, che comprende anche gli approvvigionamenti militari, e segue il trend crescente iniziato nel 2016 con il governo Renzi, quando le spese finali del ministero della Difesa ammontavano a 19,9 miliardi. Durante il governo Conte la spesa ammontava a 22,9 miliardi.
Nello specifico un importante incremento è avvenuto tra il 2020 e il 2022, periodo in cui si è verificata una rimodulazione della spesa della Difesa a favore delle spese in conto capitale.
Le armi
Secondo i documenti parlamentari da inizio legislatura (marzo 2018) sono stati presentati al parlamento ben 54 programmi d’arma, di cui 31 nel 2021 durante il governo Draghi, mentre sono 15 quelli presentati nell’anno del governo giallo verde e 8 quelli del 2020 (governo giallo rosso). L'importo totale finanziato è di oltre 25,2 miliardi di euro, di cui oltre la metà nel 2021 (14,3 miliardi), 6,1 miliardi nel 2020 e circa 4,9 miliardi nel 2019.
La legge di bilancio di Mario Draghi
Il governo Draghi ha varato, a oggi, una sola legge di bilancio, quella del 2021. Ma in ambito militare ci sono diverse differenze con la manovra varata dal governo Conte nel 2020. A partire dalle spese. Con Draghi si è arrivati a 25,9 miliardi di spesa per la difesa (spacchettate su più ministeri) nel 2022, e una previsione decrescente nel 2023 (25,5 miliardi di euro) e nel 2024 (24,9 miliardi), che però non tiene conto dei cambiamenti in caso in cui si arrivi a una spesa pari al 2 per cento del Pil.
Con le leggi di bilancio del 2019 il governo Conte ha previsto invece una spesa di 21,4 miliardi, per poi aumentare a 22,9 nell’anno successivo e arrivare a 24.5 nel 2021.
Con uno sguardo di più lungo periodo i cambiamenti sono più evidenti. La percentuale delle spese in conto capitale per il ministero della Difesa è passato dall’11,4 per cento nel 2016 al 22,3 per cento del 2022.
Quello che emerge è che l’aumento dei costi militari è stato una costante degli ultimi otto anni e un eventuale adeguamento rapido alle richieste della Nato farà impennare la curva ancora di più.
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