Oggi il decreto legge Ucraina arriverà in aula nel mezzo delle polemiche sulle spese militari. Sull’approvazione del testo che invia aiuti a Kiev non dovrebbero esserci problemi, ma Conte continua a puntare i piedi nel dibattito con Draghi sulle spese militari
«Il mainstream dice che quando il Movimento pone un problema, vuole la crisi di governo. Questo è l'angolo in cui vogliono schiacciarci». Giuseppe Conte non molla: anche durante un convegno a proposito dell’indipendenza energetica torna sulla questione delle spese militari. Il presidente del M5s, dopo un momento di tregua durante il talk show di Giovanni Floris, stamattina ricomincia ad alzare il livello dello scontro con il presidente del Consiglio Mario Draghi.
«Bisogna definire una curva di investimenti militari al 2030 che assicuri una sostenibilità. Questo si può definire con gli alleati. Il nostro paese ha il diritto di chiederlo. A meno che non si faccia uno scostamento di bilancio per gli armamenti, ma dicono che non si possono fare scostamenti». Conte tira in ballo la linea rossa che Draghi ha promesso di non oltrepassare, lo scostamento di bilancio, e ribadisce che «il M5s continuerà a lavorare non per le crisi di governo come il mainstream vuole rappresentare, ma per tutelare gli interessi dei cittadini, per fare delle scelte di buonsenso».
Il quadro
Sono parole che non distenderanno lo scontro in un contesto in cui Draghi ha già giocato la carta della risposta a tono sottolineando il paradosso della posizione dell’ex premier, che durante il suo mandato ha fatto crescere parecchio le spese per la difesa. Il presidente del Consiglio in serata è anche salito al Colle per aggiornare Sergio Mattarella sulla situazione, una mossa che ha contribuito a drammatizzare la situazione.
La comunicazione del Movimento in mattinata è anche tornata sulla questione dei dati, contestando la lettura di palazzo Chigi: «A chi fa finta o non vuole capire, consigliamo di guardare questo semplice grafico» si legge sul profilo del M5s. «Quello che non si dice è che si è trattato di aumenti fisiologici per l'adeguamento - soprattutto tecnologico - della nostra Difesa. È impensabile una corsa al riarmo ora. È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi l'anno nelle prossime due leggi di bilancio».
Oggi sarà una giornata di attesa, in cui il decreto legge Ucraina che deve essere convertito in Senato arriverà in aula per la discussione generale per le 18. Nel frattempo, continuerà la discussione in Commissione esteri e difesa, dove ieri la maggioranza si è spaccata su un ordine del giorno presentato da Fratelli d’Italia e accolto dal governo. Il testo, uguale a quello presentato alla Camera e votato anche dai grillini, impegna il governo a raggiungere il 2 per cento del Pil di spesa militare. In questi minuti è in corso una riunione tra il presidente del Movimento e il gruppo parlamentare del Senato per definire la posizione ufficiale del gruppo, dopo che anche in Commissione difesa alcuni senatori Cinque stelle avevano preso le distanze dalla linea dell’ex premier.
In aula, dove il governo con grande probabilità porrà la fiducia, il decreto legge dovrebbe essere votato anche dal Movimento 5 stelle, visto che non contiene elementi di «corsa al riarmo», come l’ha definita Conte. A opporsi alcuni senatori che hanno già annunciato il loro dissenso, come il presidente della Commissione esteri Vito Petrocelli, che in questo modo rischia l’espulsione.
La strategia
Conte ha intenzione di offrire una sponda politica all’elettorato pacifista, che in queste settimane non vede le sue istanze raccolte da nessun altro partito. La scelta di tenere un occhio anche sui sondaggi gli è stata rimproverata anche dal leader di Italia viva, Matteo Renzi, che in un video l’ha accusato di cinismo.
La comunicazione Cinque stelle negli ultimi giorni ha fatto circolare molto la notizia dell’incremento dello 0,5 per cento rilevato da Swg nei sondaggi settimanali per il TgLa7, posizionando quindi i Cinque stelle al 13,4 per cento, ma il bacino di chi non guarda con simpatia al riarmo, almeno secondo i rilevamenti statistici, è ampio.
Sempre secondo Swg, infatti, ben il 54 per cento degli intervistati sono contro l’aumento delle spese militari: il 61 per cento degli elettori della Lega, il 52 per cento di quelli del Pd e addirittura il 63 per cento dell’elettorato Cinque stelle.
Numeri che si sovrappongono alla rilevazione di Emg, che individua come contrari all’aumento della spesa tutti gli elettorati a eccezione di quello di Fratelli d’Italia.
Per Ixè, il Movimento è al 14,1 per cento, Ipsos al 14,5: il giudizio sull’operato di Conte è però al 36 per cento, secondo soltanto a quello del lavoro di Giorgia Meloni, al 37 per cento.
L’osservatorio dell’area studi di Legacoop e Ipsos ha realizzato, tra il 28 febbraio e il 1° marzo, una ricerca approfondita sul quadro opinionale degli italiani di fronte al conflitto, che rivelava che gli italiani erano molto preoccupati per la situazione ucraina già all’inizio del conflitto e puntava tutto sulla ricerca di una pace veloce.
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