Da lunedì scorso l’ex capitale Colombo è stata sommersa da un’ondata di violenza. Il paese è ridotto alla fame a causa della peggiore crisi della sua storia. Negli scontri finora sono morte otto persone, mentre diversi edifici e veicoli sono stati dati alle fiamme
Continuano nello Sri Lanka le proteste scoppiate lunedì sera. Oggi l’esercito sta pattugliando le strade della vecchia capitale Colombo per sedare l’ondata di violenza iniziata nei giorni scorsi. Dopo settimane di proteste antigovernative causate dalla gravissima crisi economica che ha ridotto il paese alla fame, lunedì le manifestazioni pacifiche si sono trasformate in scontri violenti tra gli oppositori del presidente Mahinda Rajapaksa e i suoi sostenitori.
Oggi, secondo il quotidiano Colombo Daily Mirror, almeno 12 persone sarebbero state arrestate a seguito di nuove proteste di fronte alla sede del parlamento nazionale. Da lunedì secondo la polizia sarebbero morte otto persone, e oltre duecento sarebbero rimaste ferite, in base a quanto hanno riferito le autorità di uno dei maggiori ospedali di Colombo.
La crisi economica
Le proteste sono in realtà iniziate diverse settimane fa. Alla base dell’escalation della tensione interna c’è quella che gli analisti hanno definito come la peggiore crisi economica del paese dalla sua indipendenza, avvenuta nel 1948.
Di recente le autorità hanno annunciato la sospensione dei pagamenti del debito detenuto dai paesi esteri. Entro il 2026 dovrebbero essere rimborsati 25 miliardi di dollari ai paesi esteri, sette dei quali sono in scadenza nell’anno in corso. Tutto questo, mentre le riserve di valuta straniera sono ormai inconsistenti.
Al di là della situazione macroeconomica, il problema pratico per i cittadini è l’irreperibilità di cibo, carburante e medicine. La crisi ha infatti limitato le importazioni e ha causato gravi carenze nella disponibilità di questi beni essenziali.
La “dinastia” Rajapaksa
Per placare le proteste lunedì scorso il presidente della Repubblica, Gotabaya Rajapaksa, ha sollecitato il primo ministro, suo fratello Mahinda Rajapaksa, a dimettersi, così da dare un segnale che sedasse gli animi dei manifestanti.
Da quasi vent’anni il paese è guidato dalla “dinastia” dei Rajapaksa. Gotabaya e Mahinda Rajapaksa in varie cariche si avvicendano da due decenni nei posti fondamentali dei palazzi. Attualmente Gotabaya Rajapaksa è il presidente della Repubblica, mentre Mahinda Rajapaksa è stato il primo ministro fino a lunedì, quando le sue dimissioni, seguite da quelle del resto del Gabinetto, hanno creato un pericoloso vuoto amministrativo.
Edifici in fiamme
Dopo che il paese è rimasto senza il corpo dell’esecutivo, le proteste sono aumentate. Una folla di sostenitori del ministro dimissionario si è riunita presso la sua residenza ufficiale per esortarlo a rimanere in carica. È stata questa la scintilla che ha fatto partire lo scontro violento con i manifestanti che invece inneggiavano alle dimissioni. Per correre ai ripari il presidente della Repubblica ha imposto un coprifuoco, non rispettato dai manifestanti. Le case dell’ex primo ministro e dei suoi fedelissimi sono state date alla fiamme.
«Sparare a vista»
Dopo una notte di violenze, in cui case e veicoli sono stati incendiati e si sono registrati morti e feriti, il ministero della Difesa – guidato dallo presidente della Repubblica – con un’ordinanza, ha autorizzato tutti gli agenti a «sparare a vista» contro chiunque venisse scoperto a danneggiare proprietà pubbliche.
Nella sola notte di lunedì, secondo il Colombo Daily Mirror, almeno 41 case sarebbero state bruciate e altre venti danneggiate. Sarebbero stati incendiati anche oltre ottanta veicoli.
L’ordinanza non è però riuscita a fermare la violenza, che si è protratta per tutto il giorno seguente. Nella notte di martedì il fuoco è stato appiccato a un resort, un’altra proprietà dell’ex primo ministro Mahinda Rajapaksa. Nel frattempo l’ex premier era stato evacuato insieme alla sua famiglia dalla sua residenza ufficiale per essere messo al riparo dalle migliaia di manifestanti che cercavano di irrompere nell'edificio.
Mentre il luogo in cui si era rifugiato Rajapaksa era ancora ignoto, alcuni manifestanti si sono radunati fuori da una base navale fortificata a Trincomalee, sulla costa nordorientale dell’isola, sostenendo che la famiglia del primo ministro si trovasse lì.
Rischio di colpo di stato
Alcuni video pubblicati sui social mostrano file di camion militari in uscita dalla capitale e posti di blocco in tutto il paese. Il rischio ora è che il vuoto politico causato dalle dimissioni di Mahinda Rajapaksa, non accompagnate da quelle di suo fratello, il presidente della Repubblica, che resta il capo della Difesa, possa aprire la strada a un colpo di stato militare.
Rispondendo a una domanda a questo proposito, un alto funzionario del ministero della Difesa, Kamal Gunaratne, ha negato che i militari abbiano quest’intenzione.
«Nessuno dei nostri ufficiali desidera assumere il governo», ha detto «Non è mai successo nel nostro paese» ha detto, annunciando che l'esercito tornerà nelle sue caserme una volta che la situazione della sicurezza si sarà normalizzata.
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