I volontari del Movimento per la vita, dal 9 settembre, gestiscono il servizio finanziato con un fondo pubblico e fortemente voluto dall’assessore regionale Marrone (FdI). «Una lesione del diritto all’autodeterminazione delle donne», denuncia la senatrice Pd Valeria Valente
All’ospedale Sant’Anna di Torino ha aperto lunedì 9 settembre la “Stanza per l’ascolto”, uno sportello molto contestato dalle associazioni femministe e dai partiti di centrosinistra, gestito dai volontari dell’associazione antiabortista Movimento per la vita, e appoggiato dalla destra. Dopo diversi rinvii e ritardi, il servizio è diventato operativo, ufficialmente per dare assistenza materiale e un sostegno economico una tantum alle donne che scelgono di non interrompere la gravidanza. Nel primo giorno di apertura non sono state segnalate prenotazioni.
La stanza, finanziata con soldi pubblici, è stata fortemente voluta e difesa dall’assessore alle Politiche sociali e all’integrazione socio-sanitaria regionale di Fratelli d’Italia, Maurizio Marrone, per «far superare le cause che potrebbero indurle alla interruzione della gravidanza». Ma la gestione da parte di un’associazione antiabortista suggerisce, sottolineano i movimenti femministi, l’utilizzo di fondi pubblici per promuovere le attività del Movimento per la vita, e quindi per convincere le donne a non abortire.
«Sui diritti delle donne non tollereremo alcun passo indietro. Lo dico a Torino più che altrove: sul corpo delle donne decidono le donne», ha detto la segretaria del Partito democratico Elly Schlein alla festa dell’Unità nel capoluogo piemontese, contestando la «tanta retorica del governo sulla famiglia» e ricordando che «non c’è una sola famiglia tradizionale, di cui loro tanto parlano ma che nessuno di loro ha».
Una lesione del «diritto all’autodeterminazione delle donne sancito dalla legge 194 del 1978», l’ha definita la senatrice del Pd Valeria Valente, che nella scorsa legislatura presiedeva la commissione di inchiesta del Senato sui femminicidi. Valente sottolinea che «è chiaro a tutti» l’obiettivo dei proponenti, cioè quello di «tentare di convincere le donne a non accedere» all’Ivg, fornendo il sostegno economico attraverso il Fondo per la vita nascente.
Il Fondo, che permette l’attività dello sportello, è stato approvato con una delibera regionale e finanziato con quasi un milione di euro per il 2024. «Ma le donne sanno benissimo cosa vogliono e quando arrivano in una struttura hanno già deciso, non solo per motivi economici», ha evidenziato Valente, ritenendo «inaccettabile» che si pensi che non siano in grado di scegliere.
Allo sportello infatti le donne possono recarsi volontariamente, prenotando un appuntamento, oppure essere indirizzate dal personale sanitario dell’ospedale. Una pratica che rischia di violare la loro libertà di scelta.
«Una gratuita aggressione verso tutte le donne», ha detto la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella. Per Valente costituisce inoltre un’aggravante il fatto che «la destra abbia trovato il coraggio di realizzare politiche apertamente contro le donne, a tutti i livelli di governo, proprio quando a guidare l’esecutivo è una donna».
Il ricorso
Il Sant’Anna di Torino è il primo ospedale in Italia per numero di parti e in Piemonte per il numero di Ivg, effettuando circa il 50 per cento del totale delle interruzioni nella regione. Contro la decisione di istituire il servizio, la Cgil e il movimento femminista “Se non ora quando?” di Torino hanno presentato a ottobre 2023 ricorso al Tar per violazione dei principi della legge 194. «Ora che la stanza è diventata operativa, attendiamo che il Tribunale amministrativo si pronunci», ha spiegato la Cgil, che ha assicurato: «Metteremo in campo tutte le iniziative necessarie a contrastare la cultura oscurantista della Regione Piemonte, insieme a tutte le associazioni e forze politiche disponibili a contrastarla».
Lo sportello, hanno affermato Elena Ferro, segretaria della Cgil Torino ed Anna Poggio, segretaria della Cgil Piemonte, «non può essere considerato un’operazione propagandistica, perché lede un diritto sancito per legge, finanziato con fondi pubblici».
Il movimento femminista Non una di meno Torino ha annunciato una mobilitazione per l’aborto libero il 28 settembre.
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