Corredino nascita, pannolini, culle e addirittura vestiti premaman. È questo il metodo utilizzato dai movimenti anti abortisti in Piemonte, per provare a convincere le donne a non abortire. Le due leve psicologiche sulle quali puntano sono chiare: da una parte il senso di colpa, dall’altra la carità, sfruttando quello che è uno dei momenti più delicati e fragili della vita di una donna.

È stata inaugurata lo scorso 30 maggio la “stanza dell’ascolto” all’interno dell’ospedale Sant’Anna di Torino. Un luogo dove i cosiddetti “movimenti per la vita” avranno la possibilità di intercettare le donne che, all’interno della struttura sanitaria, chiederanno al personale medico e infermieristico di poter interrompere la loro gravidanza; o meglio, le donne che avranno già effettuato il passaggio necessario del consultorio o del ginecologo in ambito privato e che quindi si recheranno in ospedale per abortire.

Quello dell’ospedale infatti è l’ultimo step per una donna che decide di abortire e potrà farlo o chirurgicamente o farmacologicamente, ovvero con la pillola abortiva RU486 a cui la Regione Piemonte ha già dichiarato guerra due anni fa, quando ha espressamente ignorato le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità e del Ministero che chiedeva alla regioni di adeguarsi ai tempi e distribuirla anche nei consultori, essendo il metodo più sicuro e meno invasivo per la donna.

Indicazioni ignorate per motivazioni puramente ideologiche. In Piemonte infatti, la pillola RU486 è possibile prenderla solo in ospedale ricoverando la donna. Questo rallenta e complica tutto, ostacolando e rendendo più doloroso il percorso.

Una donna piemontese che da fine giugno si recherà al Sant’Anna di Torino per interrompere una gravidanza, potrà essere intercettata dai “movimenti per la vita” che proveranno a convincerla a cambiare idea.

L’iniziativa è stata promossa con tanto di conferenza stampa con la presenza dell’assessore regionale di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, promotore del progetto chiamato “fondo vita nascente” e che nel suo insieme, prevede finanzianti per più di due milioni di euro da destinare alle associazioni antiabortiste su tutto il territorio piemontese. Presente al momento della consegna delle chiavi anche Claudio Larocca, presidente regionale dei movimenti per la vita che esulta: «Finalmente le donne saranno libere anche di non abortire».

Ma chi saranno le persone a cui affideremo il compito di convincere le donne a cambiare idea? Nessuna garanzia in questo senso, o meglio la certezza di trovare delle considerazioni profondamente anti scientifiche e pericolose.

«Gli ospedali psichiatrici sono pieni di donne che hanno abortito»; e ancora «la RU è tremenda e fa male», fino ad arrivare alla carità e al senso di colpa. «Potresti far adottare il bambino almeno faresti una cosa da essere umano». 

Nell’iniziativa infatti è previsto anche un fondo chiamato “adozione a distanza”. Ovvero donazioni private da dare alla futura madre, sempre nel caso scegliesse di rinunciare ad abortire.

 

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