Un documento del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, la direzione del personale del ministero della Giustizia, apre al reclutamento di dirigenti, funzionari, agenti e ispettori della polizia penitenziaria «inviati a prestare servizio di missione internazionale presso la idonea struttura penitenziaria da realizzarsi in territorio albanese»
Dopo anni di proteste e promesse elettorali tradite finalmente gli agenti della polizia penitenziaria avranno uno stipendio degno della delicatezza e importanza del lavoro svolto. Per accaparrarsi l’aumento da sogno, però, dovranno trasferirsi in Albania, il luogo prescelto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per continuare la propaganda sui flussi migratori con l’apertura di due Cpr, centri per i rimpatri, e una struttura di transito. Nell’accordo Italia-Albania si prevede anche la costruzione di una «idonea struttura penitenziaria destinata a ricevere ì migranti che dovessero rendersi responsabili di reati durante la permanenza nelle strutture gestite dallo Stato Italiano in quel territorio». Tradotto, un carcere.
Un’operazione che non solo ha un gigantesco problema di copertura giuridica, ma che è totalmente insensata da un punto di vista del rapporto costi-benefici. Domani ha già rivelato che per costruire i due centri saranno necessari 65 milioni di euro, ora emergono ulteriori dettagli sull’intera operazione. Un documento del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, la direzione del personale del ministero della Giustizia, apre al reclutamento di dirigenti, funzionari, agenti e ispettori della polizia penitenziaria «inviati a prestare servizio di missione internazionale presso la idonea struttura penitenziaria da realizzarsi in territorio albanese».
Un documento che chiarisce come l’intera operazione in terra albanese, governata dall’amico Edi Rama, sia un gigantesco spot per la presidente del consiglio, un salasso per le tasche degli italiani, uno schiaffo alla polizia penitenziaria. Lo è ancor di più perché vengono introdotti nuovi rapporti numerici tra detenuti e agenti che varranno solo dall’altra parte dell’Adriatico mentre in Italia negli istituti di pena ci sono sovraffollamento, agenti sotto organico, suicidi, un sistema ormai al collasso.
Il carcere albanese
Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è quindi chiamata ad assicurare il personale necessario per l’apertura del nuovo carcere che ospiterà venti detenuti di sesso maschile e sorgerà a Gjader. «La struttura sarà diretta da un Dirigente Penitenziario ed il contingente di polizia penitenziaria sarà comandato da un appartenente alla Carriera dei funzionari. Anche personale del comparto Funzioni Centrali verrà inviato in missione in territorio albanese, ma in merito si fa riserva di determinazioni con successivi atti», si legge nel documento. Ma come sarà composta la squadra in missione? Servono sette ispettori, sette sovrintendenti uomini e un’ottava donna, 23 agenti uomini e altre sei donne, in totale 45 unità. Già questi numeri hanno scatenato la reazione dei sindacati, uno in particolare, la Uil.
«Ma stiamo scherzando, i nostri agenti in Italia lavorano con una media di un agente ogni tre detenuti quando va bene e in Albania uno ogni due, in Italia si chiudono le carceri con meno di cento reclusi e ne apriamo uno con venti ospiti?», dice il segretario Gennarino De Fazio. La nota dolente arriva alla fine del documento nella parte in cui il ministero fissa le indennità per chi accetterà il trasferimento, cifre da capogiro che gli agenti penitenziari in Italia si sognano. Oltre allo stipendio il dirigente incasserà una diaria lorda pari a 176 euro al giorno, oltre cinque mila euro lordi, i funzionari metteranno in tasca 156 euro al giorno, oltre 4500 euro lordi al mese, un agente, invece, guadagnerà 130 euro lordi al giorno, 4 mila euro circa al mese che si aggiungeranno allo stipendio. Per capirci, un poliziotto penitenziario che in Italia varca la soglia di un istituto per una giornata di lavoro incassa meno di 2 mila euro, in Albania porterà a casa 2 mila più 4 mila e i benefici non sono finiti.
Agli operatori sarà garantito il vitto, l’alloggio e tutti i trasferimenti e, in caso di nostalgia di casa, «gli operatori in servizio di missione, compatibilmente con lo stato di attuazione del protocollo, potranno con cadenza mensile far rientro in Italia con oneri a carico dell’amministrazione». Il personale potrà inviare la candidatura entro il prossimo 16 aprile sperando nel bingo albanese, la valutazione sarà assunta discrezionalmente dall’amministrazione. Gli esclusi dovranno accontentarsi degli istituti di pena italiani e degli stipendi di sempre.
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