Criticare il Nutri-score non è antiscientifico e il fronte di chi lo mette in discussione è molto ampio. Chi bolla le critiche come anti-scienza non coglie le complessità insite nell’utilizzo di un segnale semplice – un colore – per classificare il cibo come buono o cattivo per la nostra salute.

È un errore perché occorre guardare agli impatti che possono essere prodotti nel tempo da questo tipo di segnali. In primo luogo rischiano di scardinare il concetto di dieta, perché rischiano di premiare una composizione dei consumi non equilibrata dal punto di vista degli apporti nutrizionali. In secondo luogo seppure vogliamo accettare che la complessità del profilo nutrizionale di un prodotto sia distillabile in un colore, non si può trascurare il mancato riferimento alle quantità e alle porzioni. Tutto è calcolato su cento grammi, ma non consumiamo le stesse quantità di tutto.

Non possiamo porre sullo stesso piano un etto di pasta e uno di olio d’oliva. Si rischia di fare molta confusione e chi ci viene a dire che si tratta di confronti intra-categoria e che il sistema non interferisce con il concetto di dieta, non sa bene cosa è la comunicazione verso il consumatore e quanto un segnale può essere distorto nella percezione del consumatore.

Dire poi che il nutri-score ha avuto successo presso i consumatori perché le sperimentazioni confermano che si sono fatti guidare dai colori, in parte è scontato, in parte conferma le preoccupazioni di cui sopra. Il bollino non è, infatti, solo un’indicazione nutrizionale ma può essere anche una potente leva di mercato.

Già oggi si fa fatica a promuovere nelle famiglie e nelle stesse mense scolastiche stili alimentari sani, il bollino verde potrebbe essere una via di fuga facile, appunto, ma anche pericolosa. E vi facciamo un esempio: se prepariamo una merenda ai nostri ragazzi, può capitare che a farsi guidare solo dal bollino una porzione di patatine surgelate pre-fritte risulti con un punteggio migliore di una porzione di parmigiano. Se poi accompagniamo la merenda con una bibita, una bevanda gasata “zero” produce un punteggio migliore di un succo di more biologico. Una ha dolcificanti, sui cui effetti nefasti la letteratura è molto più abbondante di quella favorevole al nutri-score, l’altra zuccheri naturali, che se consumati nelle giuste quantità fanno bene.

Le ombre

La scienza va poi guardata tutta ed è interessante sottolineare che proprio recentemente sulla rivista “Pharma Nutrition” è stato pubblicato uno studio che analizza le 180 maggiori pubblicazioni sulla validazione del nutri-score. L’articolo evidenzia come la maggior parte dei lavori sia stato sviluppato da persone che fanno parte o sono connesse al team che ha sviluppato l’algoritmo di calcolo del nutri-score.

Ma soprattutto come questi lavori diano per la maggior parte risultati favorevoli, mentre oltre il 60% degli studi classificati come “indipendenti” (49 pubblicazioni) fornisce, al contrario risultati sfavorevoli al nutri-score. L’articolo conclude che non ci sono prove scientifiche sufficienti per sostenere l'uso del nutri-score come strumento efficace di salute pubblica.

Infine aggiungiamo – sulla questione del miglioramento delle ricette – che è vero che gli industriali del cibo hanno abbassato il punteggio di alcuni prodotti. Lo possono fare solo loro trasformando gli opifici in laboratori galenici dove si sottrae e soprattutto si aggiungono decine di ingredienti che non abbiamo mai visto nelle nostre cucine (coloranti, esaltatori di sapidità, dolcificanti, emulsionanti, e molto altro ancora). Così si amplia la gamma dei prodotti cosiddetti ultra-trasformati. E anche qui ci viene in soccorso la scienza che individua nella riduzione del consumo di questi prodotti una delle sfide sanitarie più importanti per il prossimo futuro. Il consumo sistematico di alimenti ultra-trasformati è una delle più grandi piaghe sanitarie del nostro tempo, completamente ignorata dall’algoritmo.

Un tema complesso

Sui segnali da trasferire al consumatore c’è molto da lavorare e crediamo che eccessive semplificazioni non siano d’aiuto e che al contrario possano essere oggetto di facile strumentazione. Sul Nutri-score i dubbi sono molti e non è un caso che altre sperimentazioni si stiano svolgendo in parallelo. Nessuna di queste sta dando per ora risultarti soddisfacenti e forse proprio l’obiettivo di voler operare questa estrema sintesi attraverso un numero, un semaforo o un simbolo, non risulta adeguato allo scopo. Chi addita le critiche come anti-scienza non fa un buon lavoro per la scienza.

Su un terreno così complesso che interseca anche il ruolo della comunicazione le certezze devono essere necessariamente poche. Chi usa termini come grottesco o espressioni come «negazione della scienza» per difendere le proprie convinzioni, dimostra in questo caso di sapere poco su come funzionano i consumi alimentari e su quanto i segnali istituzionali possano essere strumentalizzati. Dimostra anche di aver scelto di lavorare su una parte del problema e non, come necessario, sul tutto. Nei dibattiti scientifici ci si apre, non ci si arrocca su pretese di verità assoluta: è vero sempre, lo è ancora di più quando si parla di salute dei cittadini.


Giorgio Calabrese è presidente del comitato nazionale sicurezza alimentare 

Felice Adinolfi è docente di economia agraria all’Università di Bologna

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