L’ex numero 1 del tennis, oggi numero 2, è stata trovata positiva alla Trimetazidina, sostanza contenuta in un farmaco assunto per prendere sonno, senza che fosse indicata sulla confezione. La sua tesi è stata accolta: lo stop è di un mese solo. La condanna è arrivata dallo stesso tribunale che assolse Sinner. Differenze e analogie con il suo caso: che cosa può succedere
Nel lunghissimo elenco di cause che portano al doping, il jet lag ci mancava. Ora la lacuna è stata colmata: l’ex tennista numero 1 al mondo Iga Swiatek, oggi al numero 2, è stata squalificata ieri dall’International Tennis Integrity Union per un mese (fine pena il 4 dicembre) dopo essere risultata positiva a un controllo dell’urina effettuato il 12 agosto, prima del torneo di Cincinnati. Il jet lag c’entra perché per superare la difficoltà a prendere sonno, Swiatek spiega di aver assunto un farmaco a base di melatonina, giusto poche ore prima di essere svegliata dai sanitari per il controllo.
Sostanza e prodotto
Il farmaco in questione si chiama Melatonina ed è prodotto dalla Lek-Am, un’azienda farmaceutica polacca. In quel Paese è un farmaco da banco venduto senza prescrizione medica. E se vi fischiano le orecchie perché vi pare di aver già sentito questa storia, ma con nomi diversi, avete perfettamente ragione: anche il Clostebol di Sinner è un farmaco che solo in alcuni Paesi (Italia e Brasile) viene venduto liberamente. Ma le analogie si fermano qui. Nello spray Trofodermin che l’ex fisioterapista di Jannik si sarebbe spruzzato su una ferita prima di trattarlo, la presenza del principio attivo è chiaramente indicato su scatola e spruzzino. Che nella Melatonina LEK-Am ci fosse la sostanza dopante Trimetazidina non era indicato da nessuna parte. Swiatek ha portato come prova a sua discolpa il fatto che le pastigliette per dormire erano «contaminate» da questa sostanza: un termine, «contaminazione» che evoca pure i tristemente celebri tortellini di mamma Errani.
Detto che la Trimetazidina è una sostanza adoperata per curare l’angina pectoris e che assicura come “effetto collaterale” una maggiore resistenza allo sforzo fisico, le cose in breve sono andate così. Dopo il test, i campioni sono stati analizzati nel laboratorio Wada (attenzione!) di Montreal, dove è stata confermato la presenza della TMZ. Un mese dopo, il 12 settembre, l’Itia ha informato Swiatek e l’ha sospesa. Il 22 settembre la polacca ha chiesto la revoca, affermando di non aver assunto la Tmz di proposito, ma che poteva essere stata presente in uno dei 14 prodotti che assume regolarmente e che sono correttamente dichiarati. Quattro giorni più tardi, dopo aver fatto analizzare lei stessa i prodotti, ha comunicato a Itia che i guai venivano da Melatonina. Itia ha inviato allora a un laboratorio Wada (arieccoli) sia le compresse contenute nella scatola aperta di Iga sia quelle di un’altra confezione ancora sigillata. Risultato: tutto vero, c’è la TMZ.
Tribunali e farmacie
La nota divertente è che l’Itia ha fatto fatica a trovare il farmaco. Le confezioni rintracciate erano scadute. Allora le ha chieste alla casa produttrice, «sia via telefono sia via email» ma la LEK AM non ha mai risposto. Mai risposto. Comunque: il 23 ottobre Iga ha ammesso di aver mangiato le pastigliette ma di essere completamente ignara della presenza di una sostanza dopante. Lo ha comunicato a quello che nelle carte viene definito come tribunale indipendente, e che però non viene citato. Sui canali di Sport Resolutions, l’analogo tribunale indipendente che ha assolto Sinner, del caso Swiatek non v’è traccia. Alla fine l’Itia le ha comminato un mese di squalifica anziché il massimo di due anni previsto, perché Swiatek ha potuto dimostrare di non avere alcuna colpa e di avere anche assolto ai suoi doveri di sorveglianza: si è fidata di un farmaco regolare (non un integratore) acquistato nell’Unione europea, dove gli standard di controllo sono più severi.
La domanda ora è: che impatto potrà avere questa vicenda sul caso Sinner? Intanto bisognerà capire se la Wada (la stessa organizzazione nei cui laboratori sono stati analizzati i campioni della Swiatek) farà ricorso contro questa blanda condanna al Tas di Losanna, l’organismo a cui si è rivolta valutando insufficiente l’assoluzione del tennista azzurro. Il punto è che Sinner è già stato assolto dalle accuse di doping volontario. Il Tas dovrà semplicemente esprimersi su un solo punto: se Jannik ha esercitato al cento per cento il suo dovere di sorveglianza su quanto facevano i suoi stretti collaboratori o se invece non è stato sufficientemente attento. Il riconoscimento del primo atteggiamento comporterà l’assoluzione, nel secondo caso una condanna massima a due anni.
E ora Jannik?
Il caso Swiatek è diverso. Ha convinto Itia che non avrebbe avuto modo di sapere che il farmaco da lei assunto era “contaminato”. Se Wada non presenterà ricorso, il caso Swiatek è già concluso ma Sinner rischierà di trovarsi in una posizione scomoda di capro espiatorio. Non ricorrendo contro la sentenza sulla polacca, la Wada potrebbe dimostrare di essere capace di valutare diverse situazioni con pesi diversi, allontanando da sé il sospetto di combattere guerre politiche contro gli organismi del tennis, rei di averla nel tempo scavalcata. Ma il Tas recepirà il desiderio della Wada – il cui presidente Witold Banka per inciso è polacco – di mostrare severità ai danni di Sinner, un desiderio teso a ricostruire una verginità perduta? Questo è il problema.
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