Il neo presidente, ultraliberista, è passato dagli insulti della campagna elettorale all’abbraccio con Bergoglio. La diplomazia vaticana si è mossa evitando di esasperare i toni, anche perché Francesco entro la fine dell’anno vorrebbe visitare per la prima volta, da quando è stato eletto, il suo paese origine. Ma la crisi politica e sociale infuria in Argentina e anche la Chiesa va all’attacco.
Circa un’ora di colloquio fra papa Francesco e il presidente argentino Javier Milei: se c’è un parametro per valutare l’importanza di un incontro diplomatico in Vaticano, è la durata del colloquio con il pontefice, e, da questo punto di vista, un’ora è un tempo importante, soprattutto se si considera che fino a pochi mesi fa il nuovo leader argentino riversava insulti pesanti sul capo della Chiesa cattolica.
Certo, c’era una campagna elettorale di mezzo, quella vinta da Milei, e un paese che versava e tuttora versa in una gravissima crisi economica e sociale. E tuttavia, sembrava quasi inevitabile che fra l’ultraliberista Milei e il papa che sostiene una dottrina sociale incentrata sulla solidarietà, la difesa dello stato sociale, l’idea che la condivisione dei beni viene prima del profitto individuale, non potesse esserci una facile intesa. In effetti il futuro presidente, nel corso della campagna elettorale, aveva definito Bergoglio "personaggio nefasto" con "un'affinità con i comunisti assassini", "imbecille" e "rappresentante del maligno in terra".
Va detto che Francesco non si è scomposto più di tanto: dopo l’elezione di Milei ha fatto le congratulazioni al neopresidente, ha affermato che in campagna elettorale si usano termini e espressioni forti che vengono dimenticate dopo il voto; insomma la Santa Sede ha mandato segnali di distensione. Che sono stati accompagnati da una strategia analoga messa in atto da Milei e dai suoi consiglieri. Anche perché si sapeva che quest’anno, per la prima volta da quando è stato eletto al Soglio pontificio nel 2013, Bergoglio aveva intenzione di visitare il suo paese d’origine.
Mama Antula
Così da Buenos Aires hanno anticipato i tempi e, all’inizio di gennaio, il presidente ha inviato una lettera al papa invitandolo ufficialmente a visitare il paese. Nel testo della missiva si affermava fra le altre cose di ritenere che il viaggio del pontefice “porterà la pacificazione e l'affratellamento di tutti gli argentini ansiosi di superare le attuali divisioni”.
Poi, cascata a fagiolo, c’è stata la visita in Vaticano fra domenica e lunedì scorsi; occasione dell’invito a Milei partito dai sacri palazzi la canonizzazione della prima santa argentina, Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa, conosciuta popolarmente come "Mama Antula", vissuta nel XVIII secolo nell’epoca dell’espulsione della Compagnia di Gesù dal Paese, nota per aver diffuso a Buenos Aires e in altre regioni la pratica degli esercizi spirituali ignaziani, fondando case di spiritualità e diffondendo il Vangelo fa la gente comune.
Milei è arrivato dunque a Roma con un folto seguito, ha abbracciato il papa dopo la messa di canonizzazione, ci ha parlato da solo nell’incontro svoltosi nel palazzo apostolico durante il quale ha potuto spiegare al papa il suo piano di lacrime e sangue per far ripartire l’economia argentina.
Bocciatura in Parlamento
Sì, perché il nuovo inquilino della Casa Rosada, eletto in ragione dei suoi argomenti anticasta ultrapopulisti da un paese stanco e letteralmente affamato, si è dovuto ben presto confrontare con le difficoltà del governo. Da ultimo, ha visto naufragare il suo mega piano di trasformazione radicale dell’Argentina, la famosa “ley Omnibus”, composta da ben 637 articoli (poi dimezzati da un primo passaggio alla camera), in cui si mischiava un po’ di tutto, da provvedimenti economici a riforme istituzionali, che non ha ricevuto i voti necessari in Parlamento.
Il presidente se l’è pesa con i politici corrotti, i governatori locali, i burocrati dello Stato, la casta di parassiti, bugiardi e truffatori che tiene in pugno il paese; tuttavia, il suo partito, Libertad Avanza, è in minoranza sia alla Camera che al Senato e senza un accordo con la destra moderata di Mauricio Macri, difficilmente riuscirà a far passare almeno una parte delle riforme annunciate.
Per questo, pure, Milei è venuto con un ramoscello d’ulivo in Vaticano: la consapevolezza del crescente isolamento nel quale si trova lo ha indotto a smussare, dove possibile, i conflitti in corso. Anche perché se è vero che Oltretevere è stato ricevuto con tutti gli onori, la conferenza episcopale argentina, lo scorso 5 febbraio, diffondeva un comunicato nel quale fra le altre cose si affermava: “L'inflazione cresce di giorno in giorno da anni e sta colpendo duramente i prezzi dei prodotti alimentari. Questo è chiaramente avvertito dalla classe media che lavora, dai pensionati e da coloro i cui salari non crescono.
Anche l'intero universo dell'economia popolare, dove le persone lavorano praticamente senza diritti. Pensiamo ai venditori ambulanti, ai raccoglitori di rifiuti, ai lavoratori delle fiere, ai piccoli agricoltori, ai costruttori di mattoni, alle sarte, a coloro che svolgono varie mansioni di cura e di servizio. In questo scenario di duro lavoro e basso reddito, le famiglie vengono private di molte cose. Ad esempio, una madre può privarsi di prendere l'autobus e andare a piedi per risparmiare, ma non può in alcun modo non nutrire i propri figli. In altre parole, il cibo non può essere una variabile di assestamento economico”. Difficile immaginare che la Chiesa argentina si muova senza il consenso del papa.
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