La pista è viola: per gli inglesi, un colore reale; per la gente di teatro, un colore che porta sfortuna. Chissà cosa ne pensano gli attori dei 100 che stanno per andare in scena e dar vita al torneo che si concluderà domenica sera.

Per Marcell Jacobs, l’uomo di Tokyo, Noah Lyles non è il favorito. Lui dice di temere la grande novità che in pochi hanno visto in azione, Kishane Thompson, un nome poco famoso e un marchio di fabbrica giamaicano. Ha corso poco ma le tre prestazioni in 24 ore ai Trials di Kingston (9”82, 9”83, 9”77) assegnano a questo 23enne forti chances di podio e una restaurazione caribica dopo i tre successi di Usain Bolt.

Thompson si è visto una sola volta in Europa: 9”91 senza impegnarsi a fondo, con discreto vento contrario e con il body disinvoltamente slacciato in Ungheria.

È allenato da Stephen Francis che portò l’emotivo Asafa Powell al record del mondo, 9”74. Francis ha usato prudenza per evitare infortuni a uno velocista dalla tecnica di corsa violenta. L’anno scorso, alle selezioni per i Mondiali, Kishane corse la batteria in 9”91 e si fermò lì, per migliorarsi a fine stagione in Cina, 9”85.

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Effetto Lyles

«Vado per vincere: è quello che faccio sempre»: Noah Lyles è sempre esplicito, qualcuno dice anche troppo. L’anno scorso, dopo la tripletta mondiale, fece notare che i suoi erano successi globali e totali, non come l’Nba, un campionato americano. E così ha voluto un anello vistoso. Noah, 27 anni, ha unghie ben curate e dipinte, treccine striate di meches, è elegante, è stato immortalato sulla copertina di Time (The Flash), è stato capace di strappare un contratto a due cifre, in milioni di dollari annui, all’Adidas, deciso a dare all’atletica un nuovo charme e a riportare negli Usa titoli che mancano da vent’anni. Progetta da tempo un poker diverso da quelli di Jesse Owens e Carl Lewis: al posto del lungo, la 4x400. Prima,100, 200, 4x100.

È estroverso, guascone, il naturale prodotto di chi a Gainesville, Florida, ha sofferto la miseria, ne è uscito grazie ai sacrifici della madre molto amata e al lavoro duro che si è imposto. Il risultato è un’azione perfetta, un capolavoro di elasticità (prima della partenza il suo guizzo da fermo raggiunge altezze inusitate), un trattato di arte della corsa scritto da chi ha misure molto normali,1,80 per 70. Bolt era un’altra cosa.

Allenato da Lance Bauman, è un duecentista naturale per l’interpretazione della curva e per la capacità di trasformare il raccordo in una fionda che lo lancia sul rettilineo: ha un record di 19”31 e il 19”19 di Bolt è sempre nel suo mirino: 19”10 ha fatto stampare sulle scarpe dorate. Quando ha deciso che anche i 100 facevano al caso suo, si è impegnato sulla partenza: non sarà mai fulmineo, ma dai 25 metri in avanti la sua fase lanciata può risultare decisiva. Ai Trials si è uguagliato in 9”83 e meno di due settimane fa, a Londra, davanti a un pubblico olimpico da 60.000 spettatori ha centrato il nuovo record personale, 9”81, lasciando a settanta centimetri due avversari di rilievo, il sudafricano Akane Simbine e il botswano Letsile Tebogo, 9”86 e 9”88.

Saranno in 21 allo Stade de France quelli che quest’anno hanno corso sotto i 10”. E anche se è sempre bene analizzare dove e come certi tempi sono stati ottenuti, l’alta concentrazione induce a pensare che per strappare uno degli otto posti per la finale, la sera del 4 agosto, sia necessario correre in 9”97, 9”98.

Thompson ha dimostrato di saper “tenere” i turni, così come Kenny Bednarek, 9”87, e Fred Kerley, 9”88, secondo e terzo dietro Lyles a Eugene, e come il secondo dei giamaicani, Oblique Seville, 9”82, allenato da Glenn Mills, il tecnico del miracolo Bolt. Non è così per Ferdinand Omanyala, il kenyano-carro armato, 9”79 in altitudine e molto più “morbido” nelle occasioni importanti.

Il Marcell Jacobs visto a Turku a metà giugno – 9”99 in batteria, 9”92 in finale, suo miglior tempo dalla finale di Tokyo 2021, nel giorno della prima discesa sotto i 10”, 9”96, del gigante azzurro Chituru Ali – avrebbe un posto assicurato tra gli otto, ma la simulazione di Rieti “tarata” sugli orari olimpici non ha dato un risultato convincente: 10”17,10”16 e 10”08 nell’arco di 24 ore. «Ho ritoccato qualcosa nel segmento tra i 10 e i 20 metri. Credo proprio di esser pronto». 

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