Oltre al proprietario delle Ferrovie del Mottarone che gestisce l’impianto, sono stati fermati anche il direttore dell’esercizio e il capo servizio. Secondo una prima ricostruzione sarebbe stato un forchettone, inserito deliberatamente per evitare i disservizi alla struttura, a bloccare il sistema frenante d’emergenza
Dopo ore di interrogatori nella notte sono arrivati i primi tre fermi collegati all’incidente della funivia Stresa-Mottarone, in cui sono morte 14 persone lo scorso 23 maggio.
Tra questi c’è Luigi Nerini, il proprietario della società Ferrovie del Mottarone che gestisce l’impianto, al quale si aggiungono il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini. Perocchio risulta essere uno degli ingegneri della Leitner, la società che si occupa di una parte della manutenzione dell’impianto. I tre attualmente si trovano nel carcere di Verbania e sono chiamati a rispondere delle accuse di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime. Un reato, quest’ultimo, che prevede una condanna fino a un massimo di dieci anni.
La prima ricostruzione
Secondo il procuratore capo di Verbania che coordina le indagini, Olimpia Bossi, i tre erano consapevoli da settimane che c’era un guasto al sistema frenante di sicurezza. Infatti, secondo i primi riscontri da parte degli investigatori giunti sul posto, il sistema dei freni di emergenza è apparso manomesso da un forchettone. Una scelta deliberata per disabilitare i freni di emergenza per evitare i continui blocchi e disservizi della funivia. «Si è trattato di una scelta consapevole dettata da ragioni economiche. L’impianto avrebbe dovuto restare fermo» ha detto il procuratore. «Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente» ha detto il procuratore Bossi che verificherà se il forchettone sia stato utilizzato in passato anche per l’altra cabina, che invece ha funzionato correttamente il giorno dell’incidente. La cabina precipitata è stata coperta da un telo per cercare di preservarla dalla pioggia e dopo la rimozione sarà trasportata al Politecnico di Torino dove verranno effettuate le perizie scientifiche. Gli inquirenti stanno cercando di capire se il blocco all’impianto che era avvenuto sabato pomeriggio possa essere in qualche modo collegato all’incidente del giorno dopo. «Da quanto ci è stato riferito si è fermata la funivia e c'è stato un intervento per rimetterla in funzione» ha detto Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera sta seguendo le indagini.
La documentazione
Sono ancora tanti, però, i nodi da sciogliere nell’indagine, a partire da quelli amministrativi. Le forze dell’ordine stanno acquisendo tutta la documentazione per capire quali siano le società dedite alla manutenzione e ai controlli dell’impianto e individuare di chi è la proprietà. Secondo il sindaco si Stresa, Marcella Severino, è della regione Piemonte visto che la procedura di cessione iniziata nel 2014 non è stata completata. Invece, dalla regione affermano che l’impianto è di proprietà del comune dal 1997.
Oltre ai documenti, il procuratore Bossi ha requisito e visionato le immagini delle telecamere di sicurezza in cui si vede che la cabina, giunta quasi all’arrivo, torna indietro a una velocità impressionante prima di schiantarsi a terra in seguito alla rottura del cavo trainante.
I dirigenti di Leitner, una delle società coinvolte, affermano che sull’impianto Stresa-Mottarone hanno in carico la manutenzione straordinaria e ordinaria, non quella giornaliera e settimanale che «sono a carico della società di gestione Ferrovie del Mottarone». Si preannuncia una lunga battaglia legale per cercare di individuare i responsabili dell’accaduto. Nel frattempo, Eitan, il bambino di cinque anni rimasto gravemente ferito nell’incidente, ha dato segni di risveglio dopo l’intervento chirurgico che ha ridotto le fratture agli arti inferiori del corpo, ma la situazione resta ancora critica.
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