L’accoglienza tradita per 180 persone: tra loro tre famiglie con sei minori. A giugno il comune aveva annunciato che sarebbero stati trasferiti in un ostello gestito dalla Caritas. Ma i lavori di ampliamento della struttura non sono mai stati realizzati. Il presidente del Consorzio italiano di solidarietà: «È stato un bluff: l’unico obiettivo era chiudere il Silos, lasciando quei rifugiati in strada»
Dopo lo sgombero del Silos, le persone in arrivo a Trieste dalla rotta balcanica restano ancora una volta a dormire in strada. In piazza della Libertà, da anni diventato luogo di ritrovo delle associazioni di volontari che offrono cure e pasti gratuiti ai migranti, da giugno non è cambiato nulla. Ogni notte è ricoperta da una cortina argentata di coperte termiche.
I dati raccolti dal Consorzio italiano di solidarietà (Ics) parlano di almeno 180 persone richiedenti asilo senza accoglienza. Tra loro ci sono anche tre famiglie con sei minori. I numeri fanno tuttavia riferimento solo alle persone che sono state registrate, quindi è probabile che il dato sia maggiore.
La promessa dopo lo sgombero
Trieste è il primo luogo di approdo sicuro dopo la fuga da persecuzioni, guerre e situazioni di violenza generalizzata da paesi come Afghanistan, Pakistan, Turchia e Iraq. A giugno il comune aveva annunciato che le persone accampate all’interno della struttura fatiscente che sorge nei pressi della stazione non sarebbero state abbandonate, ma trasferite nell’ostello della frazione di Campo Sacro, oggi gestito dalla Caritas.
Per ospitarle tutte, sarebbero stati necessari dei lavori di ampliamento, che però non sono ancora stati realizzati. In estate l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva fornito all’ostello dei moduli abitativi che sarebbero dovuti servire ad aumentare i posti disponibili per il pernottamento da 70 a 150, ma questi sono stati dichiarati inutilizzabili. Secondo alcune ricostruzioni, i prefabbricati non avrebbero retto a causa della Bora che soffia sulla zona. Oggi i posti effettivi disponibili sono quindi solo 78.
Ma il problema, denuncia Gianfranco Schiavone, presidente di Ics, è anche un altro: «Se i moduli promessi fossero stati montati, mancherebbero comunque gli interventi per sistemare i pozzi neri della struttura, che sono gravemente danneggiati e producono sversamenti nel terreno con conseguenti danni ambientali». La situazione di irregolarità era già stata segnalata al comune ad agosto 2022, quando i controlli sanitari avevano evidenziato le perdite.
«Attualmente non ci sono piani di lavoro in corso e ciò era noto alla prefettura quando ha preso in gestione l’intera area. Appare dunque sempre più chiaro che l’unico obiettivo era chiudere il Silos - accusa Schiavone - senza pianificare l’avvio di un sistema di accoglienza adeguato, lasciando i rifugiati in strada. L’operazione insomma è stata, almeno in parte, un bluff».
Centri di accoglienza saturi
Ogni giorno, secondo le ultime rilevazioni, arrivano a Trieste circa 60 persone che nella maggior parte dei casi non si fermano in città, perché sono in transito. Per loro manca un vero e proprio spazio di ricovero, i dormitori messi a disposizione da Caritas e diocesi non bastano e molti finiscono per fermarsi in strada. Il Silos, sgomberato dalle autorità il 21 giugno scorso, era diventato uno spazio di riparo, più o meno temporaneo, per molte delle persone in arrivo.
Mentre la situazione di chi si trova per strada rischia di peggiorare con l’abbassamento delle temperature, i tempi di attesa per entrare nel sistema di prima accoglienza sono arrivati a quasi 30 giorni. Le istanze di accoglienza più vecchie per ora risalgono al 4 settembre, ma durante i mesi estivi e autunnali del 2023 il picco di attesa è arrivato a 85 giorni.
Per permettere l’ingresso dei migranti nei centri di prima accoglienza già pieni, devono prima liberarsi dei posti. I trasferimenti delle persone ospitate presso l’ostello di Campo Sacro verso i Cas di altre regioni, per esempio, avvengono con cadenza variabile, quasi uno a settimana. Sono organizzati dalla prefettura e di solito coinvolgono una trentina di persone.
«Se associati a una gestione efficiente e piena dell’ostello, questi avrebbero potuto limitare almeno in parte la situazione in cui ci troviamo», aggiunge Schiavone. Nel frattempo, denuncia Ics, la regione Friuli-Venezia Giulia non ha collaborato con gli enti preposti per trovare soluzioni, neppure temporanee, e la mancata accoglienza dei richiedenti asilo a Trieste continua a rimanere uguale a prima che le persone venissero allontanate dal Silos.
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