L’ora x (un’altra) nell’estenuante confronto tra Daniela Santanchè e la giustizia italiana è scoccata nella tarda serata di mercoledì 29 gennaio. Così dopo il rinvio a giudizio di due settimane fa per i presunti bilanci falsi di Visibilia, la Corte di Cassazione si è espressa sulla competenza territoriale nel procedimento in cui la ministra del Turismo è indagata per truffa aggravata ai danni dell’Inps: il fascicolo resterà a Milano. 

La vicenda è quella della cassa integrazione Covid, per un totale di 126 mila euro, che venne incassata da Visibilia nei mesi dell’emergenza pandemica nonostante i 13 dipendenti della società fossero regolarmente al lavoro, seppure in smart working. I giudici hanno perciò dato ragione al procuratore generale della Cassazione: intervenuto nell’udienza camerale ha ribadito che il procedimento deve proseguire là dove è iniziato, cioè a Milano.

Battuti, quindi, i legali di Santanchè. Secondo loro il tribunale competente sarebbe stato quello della capitale, perché – questa è la tesi – Roma è il luogo dove il primo pagamento sarebbe stato versato sul conto bancario di un dipendente di Visibilia. Non è così secondo la suprema Corte, che ha rigettato l’istanza avanzata dalla difesa lasciando tutto nel capoluogo lombardo.

Se la competenza fosse stata assegnata a Roma, con relativo trasferimento degli atti al tribunale della capitale, l’inchiesta sarebbe tornata alla fase precedente la chiusura indagini e la ministra avrebbe potuto guadagnare tempo, di sicuro alcuni mesi, che le avrebbero fatto molto comodo anche sul fronte politico.

Ministra più debole

Dopo il rinvio a giudizio nel primo filone delle indagini su Visibilia, la posizione della ministra si è fatta più debole giorno dopo giorno e l’ostentato rifiuto di fare un passo indietro le ha alienato buona parte del sostegno che godeva dentro il suo partito. Resta Ignazio La Russa, ma anche il presidente del Senato fa sempre più fatica a spendersi a favore della sua amica di sempre.

Per questo con la decisione della Cassazione la situazione si complica e per la ministra si mette davvero male, con le dimissioni che potrebbero avvicinarsi dopo la conferma che il procedimento penale proseguirà con l’udienza preliminare a Milano. È, peraltro, già fissata per il 26 marzo prossimo l’udienza preliminare che dovrà decidere sull’eventuale rinvio a giudizio di Santanché per la truffa all’Inps.

Ipotesi dimissioni

Se venisse disposto il processo, la senatrice di Fratelli d’Italia sarebbe chiamata per la seconda volta ad affrontare un giudice in veste di imputata. Forse anche per questo motivo, nelle settimane scorse era affiorata nelle dichiarazioni della ministra la possibilità di prendere in considerazione l’ipotesi di dimissioni se fosse arrivato un rinvio a giudizio anche per le accuse sui fondi della cassa integrazione incassato da Visibilia senza averne diritto. Un’accusa di truffa a un ente di Stato, l’Inps, che si è costituita parte civile nel procedimento.

Il caso della cassa Covid, aveva ammesso Santanché, «capisco che ha delle implicazioni politiche», e quindi in caso di rinvio a giudizio si era detta disposta «a fare un passo indietro». E c’è il rischio che a breve si profili una terza indagine, questa volta per bancarotta, dopo che il 12 gennaio scorso è stata disposta la liquidazione giudiziale, cioè il fallimento, di Ki Group, azienda specializzata in alimenti bio di cui la ministra è stata amministratrice e per alcuni mesi anche presidente tra il 2019 e il 2021. Anche in questo caso il dissesto è arrivato dopo perdite e debiti accumulati per anni.

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