53.686 diagnosi in un anno: questa è l’incidenza del tumore al seno in Italia nel 2024. Nonostante l’elevato numero di casi, il ministero dell'Economia e delle finanze ha respinto un emendamento che prevedeva lo stanziamento di 6 milioni di euro in tre anni per estendere lo screening mammografico gratuito alle donne di età compresa tra i 45 e i 50 anni e tra i 70 e i 74 anni. Presentato dalla maggioranza di governo, mirava ad ampliare la prevenzione del tumore al seno, ma il ministero ha ritenuto insufficienti le coperture finanziarie proposte.

Curare un cancro in fase avanzata è molto più costoso rispetto alla prevenzione, la diagnosi precoce è fondamentale per ridurre la mortalità del tumore alla mammella. «Lo screening attuale, che copre la fascia d’età tra i 50 e i 69 anni, non basta.

In Italia la copertura effettiva è solo del 49 per cento, con una forte disparità territoriale: 62 per cento al Nord, 51 per cento al Centro, appena 31 per cento al Sud. Siamo lontani dal 90 per cento richiesto dall’Europa», sottolinea il dottor Francesco Cognetti, professore di Oncologia presso l’International medical university UniCamillus e presidente della Confederazione oncologi, cardiologi, ematologi (FOCE).

«L’emendamento per estendere lo screening mammografico alle donne tra i 45 e i 50 anni e tra i 70 e i 74 anni, con 6 milioni di euro nel triennio 2025-2027, che è stato bocciato per mancanza di fondi, stanziava una cifra già insufficiente, ma il rifiuto, come l’atteggiamento complessivo nei confronti della sanità da parte di questo governo, conferma l’assenza di attenzione in perfetta continuità con i dieci-quindici anni di definanziamento da parte dei precedenti. Eppure, si tratta di un settore sul quale è molto viva la preoccupazione di tutti i cittadini italiani», continua il professore.

i dati sulla mortalità

Il tumore al seno colpisce ogni anno 53.000 donne e 621 uomini in Italia. La sopravvivenza a cinque anni è alta, attestandosi all’88 per cento, ma la mortalità resta significativa: 15.500 donne muoiono ogni anno, il 31 per cento di tutti i decessi per tumore femminile, con un impatto rilevante anche nella fascia tra i 20 e i 49 anni.

«Sebbene l’incidenza aumenti con l’età, è cruciale potenziare la prevenzione nelle giovani donne, anche per la presenza di tumori familiari ed ereditari legati alla mutazione BRCA. In questi casi, la sola mammografia non basta: servono risonanza magnetica, ecografia e screening mirati per identificare il rischio genetico e intervenire con trattamenti preventivi. Allo stesso tempo, l’investimento nella prevenzione deve riguardare anche le donne sopra i 69 anni, considerando l’aumento dell’aspettativa di vita. L’obiettivo è aumentare i tassi di guarigione ed è possibile farlo».

L'Italia continua a investire poco nella prevenzione, destinando solo l'8 per cento della spesa sanitaria pubblica, un dato che la colloca tra gli ultimi posti sia tra i paesi occidentali che nell'OCSE, risultando ultima nel G7. Inoltre, la spesa sanitaria pro capite è inferiore rispetto a quella degli altri paesi dell'Europa occidentale.

La prevenzione conviene da tutti i punti di vista

Secondo il Professor Cognetti, «dal 2022 al 2023, i fondi destinati alla prevenzione sono diminuiti del 18,6 per cento, un dato allarmante che evidenzia il disinteresse per un settore cruciale». Una miopia che si traduce in costi enormi per il Servizio sanitario nazionale: «I costi di un paziente che si ammala per carenza di prevenzione sono enormi, sia diretti che indiretti – afferma Cognetti –. I primi riguardano cure, farmaci e assistenza, spesso molto costosi; i secondi includono la perdita di produttività e l’impatto economico sulla società. Sebbene sia difficile quantificarli con precisione, investire in prevenzione è senza dubbio la scelta più conveniente».

La bocciatura dell’emendamento ha suscitato aspre critiche. «In merito a questa vicenda si possono fare due considerazioni: dal punto di vista amministrativo, è stato un iter sconcertante, dato che la maggioranza ha sconfessato un proprio emendamento, votando contro se stessa e dimostrando, nella migliore delle ipotesi, incompetenza e superficialità», sottolinea la deputata Ilenia Malavasi (Pd). «Dal punto di vista politico, la decisione non sorprende, considerato che l’intero comparto sanità e affari sociali è costantemente definanziato, in particolare quando si parla di donne, giovani e fragilità. La bocciatura di questo emendamento è grave perché riduce le opportunità di prevenzione e diagnosi precoce per le donne».

«Nonostante l’aumento dei casi di neoplasia – continua Malavasi – la mortalità è calata del 40 per cento grazie agli screening. Investire in screening riduce il bisogno di interventi successivi, ma l'accesso disomogeneo a questi servizi rende fondamentale l'informazione e la sensibilizzazione, per garantire che ogni donna possa fare un concreto investimento sulla propria salute».

In questo contesto, la voce di Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, risuona forte e chiara: «La notizia del blocco, da parte del ministero dell’Economia, dell’emendamento che avrebbe esteso lo screening mammografico alle donne di 45-50 e 70-74 anni ci lascia sgomenti. Non solo per la disattenzione alle linee guida europee, che dal 2017 chiedono a tutti i paesi di ampliare la fascia d’età, ma anche per le disparità territoriali: alcune regioni hanno già attivato l’estensione, altre parzialmente, molte purtroppo no. È inaccettabile che esistano tali differenze: il diritto alla salute va garantito a tutte le donne».

Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione di come, troppo spesso, la salute venga sacrificata sull’altare dei tagli, ignorando l’unico dato che conta: la vita delle persone.

© Riproduzione riservata