Negli ultimi anni la ricerca sul cancro ha trasformato il volto di questa malattia. Ciò che fino al decennio scorso era una sentenza di morte sta diventando una malattia cronica con cui si può convivere, o addirittura da cui è possibile guarire. Questa buona notizia però cela una realtà meno confortante: il cancro non è uguale per tutti.

Se da un lato i report degli ultimi due anni mostrano un aumento delle diagnosi di cancro – e le proiezioni indicano che continueranno a crescere - queste diagnosi vanno di pari passo con un aumento della sopravvivenza. Ma non per tutti allo stesso modo.

I dati

Uno studio del 2022 condotto su Roma, mostra una correlazione diretta tra mortalità e reddito, le condizioni materiali quindi funzionano da marker per la sopravvivenza. Per alcuni tipi di tumore connessi alle condizioni ambientali e alla mancanza di prevenzione, come fegato, pancreas, stomaco, e intestino, il basso reddito spiega statisticamente oltre il 50 per cento della mortalità.

È stato stimato che la mortalità per le neoplasie dell’apparato digerente nella zona di Tor bella Monaca, un quartiere periferico di Roma, è più alta del 35 per cento rispetto a quella di Parioli; ergo, se sei ricco avrai più chances di sopravvivere. Viene da sé quindi che l’esito del percorso di cura non è uguale per tutti.

Il cancro è una malattia trasformante, in grado di cambiare come sei e chi sei, e questo è vero non soltanto per le persone che si ammalano, ma anche per coloro che gli stanno vicino. Come diceva Rudolf Virchow, il padre della patologia: «La causa della malattia non è l’agente infettivo ma decenni di malgoverno e incuria sociale».

Il nuovo progetto

Grazie al finanziamento dell’Ateneo di Padova, il Dipartimento di Scienze Biomediche in collaborazione col Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari sta dando vita a un progetto di Terza Missione intitolato: “Dire e disdire il male: raccontare il cancro, la malattia, la guarigione” che avrà luogo per tutto il 2025.

Oltre all’insegnamento e la ricerca, infatti, l’università ha una terza missione che è quella di divulgare il proprio sapere alla popolazione. In questo modo, oltre a mettere a conoscenza la comunità della propria ricerca, l’università può fungere da connettore tra realtà che non si conoscono.

Quelli che stiamo organizzando infatti sono momenti volti non soltanto a divulgare le basi biologiche della malattia e mettere a conoscenza la popolazione di che cosa si parla quando si parla di ricerca sul cancro. Lo scopo è anche quello di informare le persone sulla prevenzione e la cura delle patologie oncologiche.

Sensibilizzare la comunità in merito alla discriminazione sul luogo di lavoro, affrontare le problematiche legate al cambiamento della propria immagine durante il percorso di cura. Lo stiamo facendo incrociando i saperi scientifici dei due dipartimenti, e la cosa che ha stupito entrambe le parti è che non è stato difficile trovare punti di contatto tra quello che studiamo.

Lavorare insieme ci sta dimostrando chiaramente che il sapere non è compartimentalizzabile, ed è una follia concepire i saperi inesorabilmente distinti. Il linguaggio è lo strumento comune in grado di unire discipline apparentemente distantissime, come la biologia e la letteratura, divenendo un prisma attraverso cui considerare le diverse sfaccettature della malattia: non soltanto quella biologica, molecolare, ma anche umana.

Abbiamo cominciato il primo weekend di febbraio, in concomitanza con il World Cancer Day, e continueremo tutto l’anno con una serie di giornate dedicate al cancro. L’evento di lancio ha visto la partecipazione di più di duecento persone.

I seminari

Per due giorni Palazzo Moroni, il palazzo del Comune di Padova, ha ospitato un susseguirsi di seminari pubblici che hanno tentato di raccontare il cancro dalle più diverse angolazioni, provando a scardinare le metafore e i pregiudizi più comuni intorno a questa malattia. Il tutto è culminato al Teatro San Gaetano dove l’associazione C’è Tempo Odv ha messo in scena un coro di decine di storie oncologiche, dando vita a un’opera collettiva.

Durante tutto l’anno organizzeremo sportelli per la tipizzazione alla donazione del midollo osseo, così da aumentare il numero di iscritti al registro nazionale.

Abbiamo fatto partire un corso di medicina narrativa, in primavera ci saranno alcuni incontri tra operatori sanitari, psicologi e terminologi per provare a migliorare il linguaggio e la comunicazione della malattia.

Il 17 e il 18 maggio in occasione della Giornata mondiale del paziente oncologico ci incentreremo sui diritti: il diritto al lavoro, il diritto allo studio, quando si è pazienti oncologiche, lo faremo insieme a colleghi di Diritto e ad associazioni come Andos (Associazione nazionale delle donne operate al seno) e C’è Tempo Odv che da anni si battono per il diritto all’oblio oncologico e il tema della tossicità finanziaria che è stato stimato essere la causa di un quarto delle morti per cancro in Italia.

Diritto alla cura

Uno dei temi portanti dei nostri eventi sarà il diritto alla cura. Infatti, trasformare il Servizio sanitario nazionale in un’azienda il cui funzionamento si basa esclusivamente su un sistema bidimensionale di domanda e offerta, vuol dire modellizzare grossolanamente un fenomeno partendo da delle assunzioni che non descrivono la realtà.

Questo perché i pazienti non sono agenti astratti che posseggono un’informazione perfetta della malattia prendendo decisioni nette e precise, infatti spesso hanno una comprensione parziale, o nulla, della malattia, delle possibili terapie, e le scelte saranno dettate da una componente emotiva, tutto questo rende il Servizio sanitario un sistema complesso, e per farlo funzionare si deve tenere conto di molte variabili.

Nell’ambito del progetto tratteremo anche il tema della morte e il diritto di morire. Infine, stiamo organizzando alcune attività con le scuole, per raccontare come funziona la società delle cellule, che poi è il nostro organismo, e in questo modo educare alla cooperazione. Poiché l’organismo è stato definito uno stato cellulare, all’interno del quale ogni cellula è un cittadino, e per rendere questo organismo sano è necessaria la cooperazione tra le cellule.

Impegnarsi nella terza missione e provare a costruire qualche cosa di pubblico, gratuito, accessibile a tutte e tutti è possibile ed è importante. Non si tratta soltanto di compilare i moduli richiesti dall’Unione europea in cui bisogna apporre numeretti inventati su quante persone si pensa che ci saranno agli eventi, il gradimento, l’impatto (da 0 a 5?).

La diffusione del sapere pubblico può cambiare il corso delle vite. Andare in una scuola o nelle piazze, soprattutto in contesti sociali svantaggiati, fare appassionare giovani e adulti all’oggetto del nostro studio, ha il potere di cambiare la direzione a una vita e quindi andare a plasmare la realtà. Creare una rete tra le persone, che siano privati cittadini, associazioni, professori o ricercatori è possibile. Il sapere è un collante sociale.

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