L’adesione degli operatori sociosanitari alla campagna di vaccinazione sembra che sarà massiccia: il problema sarà distribuire i vaccini e monitorare la loro somministrazione
- Negli ultimi giorni sono circolati timori che percentuali significative di medici, infermieri e operatori sociosanitari non vogliano vaccinarsi.
- Ma i dati alla base di queste affermazioni non sono solidi e le associazioni di categoria respingono l’accusa.
- Più che preoccuparsi di medici e infermieri novax, ora bisognerebbe concentrarsi sulla logistica della campagna di vaccinazioni e su come monitorarla efficacemente.
La campagna di vaccinazioni anti Covid-19 non è ancora davvero cominciata, ma sono già iniziate le polemiche su quante persone accetteranno di essere vaccinate. Negli ultimi giorni si è diffuso il timore che a fare questa scelta saranno soprattutto medici, infermieri e operatori sociosanitari, le categorie più a rischio di trasmettere il virus a persone vulnerabili.
Ma secondo le associazioni di categoria, i pochi dati parziali disponibili indicano che ci sarà una vasta adesione alla campagna. Più dei potenziali medici e infermieri No-vax, il problema della campagna di vaccinazione sarà procurare e distribuire i vaccini il più velocemente possibile e monitorarne la somministrazione.
Solo in questo modo sarà possibile individuare eventuali “sacche” di resistenza e solo con questi dati il governo potrà decidere di rivedere la natura facoltativa delle vaccinazioni. Farlo prima e senza dati affidabili rischia di essere un errore controproducente
Rsa e infermieri
A destare particolare preoccupazione negli ultimi giorni è la situazione del personale che lavora nelle Rsa, le case di cura per anziani dove lavorano soprattutto infermieri e operatori sociosanitari. Secondo un sondaggio realizzato dall’associazione di categoria Anaste Piemonte su circa mille dipendenti, quasi il 70 per cento avrebbe detto di essere contrario alla vaccinazione. Secondo un’altra indagine informale, condotta dall’Ats di Brescia, solo il 20 per cento dei lavoratori delle Rsa nella provincia sarebbe disposto a farsi vaccinare.
In molti hanno espresso dubbi sull’affidabilità di questi studi e sul fatto che possano essere applicati a tutto il paese. Fonti della stessa Anaste hanno spiegato a Domani che nessuna analisi scientifica dell’atteggiamento dei dipendenti delle Rsa è stata compiuta a livello nazionale. L’idea che una larga fetta del personale abbia già dichiarato di non volersi vaccinare sarebbe frutto di «sensazioni e voci di corridoio».
Uneba, la più grande associazione del settore Rsa che raccoglie case di riposo no profit di matrice cattolica, ha precisato in un comunicato che al momento non è in possesso né di dati «né segnalazioni informali su riluttanza a sottoporsi alla vaccinazione da parte dei dipendenti degli enti».
«Non so quanto i dati che circolano in questi giorni siano affidabili, servirebbe un’indagine più ampia che al momento non c’è ancora», ha detto Rossana Dettori, un’ex infermiera che fa parte della segreteria nazionale della Cgil. Secondo Dettori, per il momento i risultati sull’adesione degli infermieri alla campagna di vaccinazione che arrivano dai grandi ospedali «sono positivi».
Tonino Aceti, portavoce nazionale della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è della stessa opinione. «Al momento non abbiamo stime precise sulle adesioni, la campagna vaccinale è appena cominciata – ha detto a Domani – Le stime che circolano non appartengono all’ordine professionale, non le abbiamo visionate neanche nella modalità di calcolo e quindi non possiamo commentarle».
I medici
Al momento non risultano particolari criticità nell’adesione alla vaccinazione nemmeno tra il personale medico. «I dati preliminari che abbiamo ci dicono che la percentuale di vaccinati tra i medici potrebbe arrivare all’80-90 per cento», ha detto Carlo Palermo, segretario dell’Anaao, il sindacato dei medici dirigenti. «Mi sembra ci si preoccupi per una cosa non fondamentale – ha aggiunto – Non mi concentrerei su quel 10 per cento di medici che non si vaccinerà, mi preoccuperei piuttosto di arrivare al 70 per cento della popolazione vaccinata entro luglio».
La stessa situazione si trova anche tra i medici di famiglia. Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg, uno dei principali sindacati della categoria, ha ricordato che durante le normali vaccinazioni influenzali i medici di famiglia hanno le percentuali più alte di adesione, fino al 75 per cento. «Visto l’alto prezzo che la nostra categoria ha pagato in termini di decessi dovuti al Covid-19 e vista la nostra età media relativamente alta, penso che la vaccinazione tra i medici di medicina generale avrà successo», ha detto.
Secondo uno studio della rivista Nature, l’italia è uno dei paesi europei con la popolazione più disposta a farsi vaccinare contro il Covid-19: oltre il 70 per cento degli intervistati. In Francia, ad esempio, sono meno del 60 per cento.
Ma affinché la campagna abbia successo serviranno molto più che medici, infermieri e semplici cittadini disposti a farsi vaccinare. Servirà una struttura logistica e distributiva che al momento è ancora incompleta. E servirà raccogliere, analizzare e pubblicare i dati sulla campagna, così che sia possibile scoprire rapidamente dove e quando si dovessero verificare rallentamenti. Altri paesi europei sono già avanti su questo fronte. In Italia resta ancora molto da fare.
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