- Sono ormai una decina gli studi che indicano come Omicron abbiamo una significativa capacità di superare la protezione fornita da due dosi di vaccino.
- Secondo i più pessimistici, Omicron sopravvive agli anticorpi neutralizzanti quaranta volte più delle altre varianti e annullerebbe la protezione contro il semplice contagio.
- La terza dose di vaccino potrebbe ripristinare un’alta protezione contro i sintomi più gravi, ma il rischio è di trovarsi presto di fronte a una nuova ondata incontrollabile di casi.
Sono ormai una decina gli studi preliminari che confermano i principali timori degli scienziati: la nuova variante Omicron del coronavirus ha un’elevata capacità di superare l’immunità garantita dai vaccini e dalle precedenti infezioni. Unita a velocità di diffusione probabilmente superiore a quella di tutte le precedenti varianti, questa caratteristica di Omicron rende obsoleta l’idea di una «pandemia dei non vaccinati». Con l’arrivo della nuova variante, il Covid-19 è più che mai un problema di tutti.
Gli studi
Scoperta lo scorso novembre in Sudafrica, Omicron è una variante del coronavirus fortemente mutata rispetto al ceppo originale. Gli scienziati hanno calcolato circa cinquanta mutazioni, di cui trenta riguardano le famose proteine spike, le “chiavi” che il virus utilizza per penetrare nelle cellule e che servono al sistema immunitario per riconoscerlo e attaccarlo.
Queste mutazioni garantiscono a Omicron una maggiore trasmissibilità e una significativa capacità di superare l’immunità garantita da vaccino e da una precedente infezione. Al momento quasi tutte le informazioni che abbiamo provengono da casi aneddotici o studi in laboratorio non ancora sottoposti a revisione. Ma con una decina di lavori pubblicati non sembrano esserci più dubbi sulla capacità di Omicron di “bucare” la protezione vaccinale. Quello che rimane in dubbio è soltanto “quanto” è forte questa capacità. Lo studio che mostra i dati più pessimistici è stato realizzato dall’Africa Health Research Institute di Durban, in Sudafrica. Secondo lo studio guidato dal virologo Alex Sigal, Omicron sarebbe in grado di ridurre fino a 40 volte la protezione garantita da una doppia dose di vaccino Pfizer. Significa che gli anticorpi neutralizzanti generati dalla vaccinazione eliminano circa 40 volte meno virus appartenenti alla variante Omicron rispetto al ceppo originale. Altri studi mostrano una capacità di fuga dall’immunità più bassa, pari a 10-20 volte. Secondo le ipotesi più pessimistiche, due dosi di vaccino non fornirebbero praticamente alcuna protezione contro il rischio di contagio. Questo è lo scenario più preoccupante per gli scienziati. Significa che la nuova variante si diffonde non solo molto rapidamente, ma lo fa in una platea molto più ampia delle precedenti varianti, che include non solo chi si è già infettato, ma anche chi ha ricevuto due dosi di vaccino.
Buone notizie
La buona notizia è che i vaccini continuano a garantire un’elevata protezione contro decesso e sintomi gravi della malattia anche nel caso di contagio con la nuova variante. Anche gli studi più pessimistici indicano che un effetto neutralizzante dei vaccini è comunque presente. Inoltre, gli studi non sono ancora stati in grado di valutare la risposta complessiva del sistema immunitario contro la variante, che oltre agli anticorpi neutralizzanti (i più facili da misurare), include anche anticorpi leganti, le cellule T e B. Un altro studio preliminare realizzato da Pfizer-Biontech indica che una terza dose di vaccino dovrebbe ripristinare una protezione contro decesso e forma grave della malattia pari a quella che due dosi forniscono contro le precedenti varianti.
Maggiori risultati li avremo soltanto nel prossimo futuro, quando saranno disponibili ampi studi clinici, basati su numerosi casi reali e non soltanto su pochi test in laboratorio.
Infezione più lieve?
Sembra invece meno solida un’altra speranza che si era affacciata nei giorni scorsi: quella che Omicron causasse una forma più lieve della malattia. Gli elementi a favore di questa ipotesi arrivano quasi tutti da evidenze aneddotiche, provenienti soprattutto dagli ospedali sudafricani.
Anche se è presto per fornire una risposta definitiva sulla gravità della malattia prodotta da Omicron, gli esperti hanno già messo in guardia da un eccesso di ottimismo. Una variante che si diffonde più in fretta e in una platea più ampia deve essere considerevolmente meno pericolosa delle precedenti per generare un effetto complessivamente meno grave. Dai dati preliminari in nostro possesso non sembra che sia questo il caso.
La diffusione
Di fronte a questi dati le autorità sanitarie di diversi paesi hanno già iniziato ad adottare nuove misure. Nel Regno Unito, l’allerta è passata dal livello 3 al 4. «Questa è una grossa ondata e sta venendo diretta verso di noi – ha avvertito questa settimana l’agenzia per la salute britannica – Siamo di fronte a un numero molto elevato di ospedalizzazioni e potenzialmente di decessi».
Probabilmente non stiamo ancora assistendo a tutti gli effetti di Omicron. Ufficialmente in Europa sono stati individuati poche migliaia di casi (in Italia soltanto 27, ma il nostro è uno dei paesi europei che la “cercano” di meno). La variante dominante nel vecchio continente è ancora la “vecchia” Delta e soltanto quando Omicron diventerà prevalente avremo una vera idea di quanti danni la nuova variante può causare.
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