Il caso degli appalti Anas lambisce la sfera più intima nel giro del ministro dei Trasporti. Ma gli scandali degli amici del leghista non si contano. Lui li ha sempre difesi, ora ne paga il fio
Le figure chiacchierate, foriere di guai e bufere politiche e giudiziarie, sono una costante nei dieci anni di Matteo Salvini da segretario della Lega. L’avvicinamento con Denis Verdini, protagonista insieme al figlio nell’indagine sugli appalti in Anas, è l’ultimo caso della saga, forse il più doloroso per il capo della Lega, perché è anche una questione di affetto per via del fidanzamento con Francesca Verdini, figlia di Denis e sorella di Tommaso, pure lui indagato.
L’inchiesta della procura di Roma sui Verdini è un caso che ha provocato tensione interna al governo, perché si innesta in una guerra sotterranea tra Lega e Fratelli d’Italia, in vista delle prossime elezioni europee. Per un pugno di voti i due partiti dell’estrema destra italiana, i primi sovranisti i secondi conservatori, approfittano l’uno delle disgrazie dell’altro.
Il suocero consigliere
All’epoca della riforma costituzionale voluta dalla coppia Renzi-Boschi, l’ex coordinatore del Pdl appoggiava il governo del Pd e Salvini, così come i suoi, si scagliavano contro Verdini definendolo in ogni modo possibile, il leghista Gianmarco Centinaio lo apostrofò come padre prostituente. Da quando Francesca Verdini, figlia di Denis ormai pregiudicato per bancarotta, è entrata nella vita di Salvini qualcosa è cambiato e per capirlo basta leggere le cronache degli ultimi mesi, ancora prima degli atti dell’indagine che coinvolge Verdini padre e il figlio Tommaso, finito ai domiciliari, per corruzione. Salvini ha minacciato querele, ma in questi mesi non ha mosso un dito, mai smentito, ricostruzioni che davano lui e Verdini dietro le nomine di questo o quello.
Per esempio a Mps. O per Rete ferroviaria italiana dove la Lega e Salvini hanno spinto per Dario Lo Bosco: le indiscrezioni, prima della nomina, raccontavano l’amicizia con Renato Schifani e proprio con Verdini. L’ingegnere, non indagato, compare anche negli atti dell’indagine sui Verdini. C’è un colloquio nel quale Verdini junior parlando con Lo Bosco gli spiega l’esigenza di ridurre i contatti con Federico Freni, all’epoca sottosegretario leghista nel governo Draghi e riconfermato nell’esecutivo Meloni, per evitare grande giudiziarie.
Negli atti il nome di Salvini ricorre diverse volte, senza alcun coinvolgimento penale. Di certo emerge il tentativo dei Verdini di usare la nota vicinanza al segretario della Lega per attirare clienti aumentando gli affari della società di consulenza Inver, creatura dei Verdini. E Fabio Pileri, socio di Verdini junior, riferisce di un interessamento di Francesca Verdini nella parabola ascendente del suo avvocato, Francesco Rizzo. C’è un altro episodio dimenticato dai più che racconta il ruolo di consigliere e vecchio saggio svolto dal pregiudicato Verdini.
Siamo nel gennaio 2022 e bisogna eleggere il presidente della Repubblica, l’ex senatore scrive a Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e Fedele Confalonieri per dettare la linea a Silvio Berlusconi che, all’epoca, nutriva il sogno di diventare primo presidente pregiudicato della Repubblica. La lettera suggerisce all’ex cavaliere di insistere fino a un certo punto e poi di lasciare a Salvini il ruolo di kingmaker del centrodestra perché al segretario leghista «si può chiedere lealtà, ma non fedeltà assoluta. Perché un’eventuale sconfitta sul Quirinale pregiudicherebbe anche la sua carriera politica», scriveva Verdini. La lettera viene accolta da Forza Italia con enorme disappunto e tradotta in un solo modo da alcuni maggiorenti del partito: «Berlusconi attento, ora Verdini lavora per Salvini».
Gli altri consiglieri
Matteo Salvini ha mostrato la tendenza a infilarsi in situazioni imbarazzanti fuori dal comune, anche suo malgrado. Ben prima dello scandalo Anas-Verdini, il leader leghista ha dovuto difendersi e difendere uomini scelti da lui e messi in posti di comando finiti in scandali giudiziari trasformatisi in questioni politiche.
Il caso di Armando Siri spiega bene come il leader leghista gestisca le cose in casa sua. Siri è sotto processo a Roma, per corruzione. E in passato aveva patteggiato una pena per bancarotta. Invece di tenerlo a debita distanza, gli ha concesso sempre più potere: ora è consulente a 120mila euro del vicepremier, cioè di Salvini.
Lo stesso ha fatto con Alberto di Rubba, il commercialista del partito condannato in primo grado per aver distratto 1 milioni di euro pubblici. Dopo la condanna è stato promosso a tesoriere del partito. Del cerchio magico fa ancora parte Giulio Centemero, l’ex tesoriere condannato in primo grado per finanziamento illecito.
Per non dire a chi Salvini ha affidato la gestione delle alleanze internazionali. O meglio con la Russia. Dall’ex portavoce Gianluca Savoini all’avvocato consulente Antonio Capuano. Il primo è stato il regista dell’operazione Metropol: la trattativa condotta con un gruppo di russi per ottenere un finanziamento milionario in vista delle elezioni europee del 2019.
Ancora è un mistero, invece, come sia arrivato Capuano alla corte di Salvini. In piena guerra ucraina, i due avevano avvito una sorta di dialogo parallelo con l’ambasciatore russo a Roma. Senza dire nulla a Mario Draghi, presidente del consiglio e capo dell’esecutivo di cui la Lega faceva parte. Un’altra vicenda che ha isolato Salvini e la Lega in Europa. Ecco così arrivati alla fine del 2023, con il ministro Salvini a doversi difendere dagli affari della famiglia Verdini. Questa volta una questione di famiglia oltreché politica e giudiziaria.
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