- Le informative della polizia anno 2018 permettono di ricostruire il potere del presidente della Campania. De Luca e figli non sono indagati, ma da questi documenti emergono i loro interessi privati che si mescolano a quelli pubblici.
- Tra le varie vicende riportate nei documenti ottenuti da Domani una ruota attorno a un consorzio con 35 associate. Molte di queste sono legate ai clan e c’è pure un’impresa del fratello del consigliere del governatore.
- Nelle intercettazioni i riferimenti ai conti esteri, Lussemburgo o Cayman, paradisi fiscali. «Non sono nulla» replica Roberto De Luca.
«A Salerno ci sono 1.800 commercialisti e voi proprio di me vi dovete occupare? Ho fatto l’assessore per un anno e mezzo e poi basta, cerco solo di lavorare e non mi occupo quasi mai di Salerno», Roberto De Luca risponde a tutte le nostre domande, ma non si capacita dell’interesse nei confronti della sua attività.
Un interesse che trova risposta nelle informative della polizia che Domani ha consultato e che raccontano delle sue conversazioni con il padre, il presidente della Campania Vincenzo De Luca, in merito a fondi regionali destinati ad aziende in contatto con De Luca junior e a colloqui su conti correnti all’estero (nelle telefonate si parla di «Lussemburgo o Cayman»). Il commercialista precisa subito: «Io non ho conti all’estero, ma solo in Italia. Sui fondi mi pare che nessuna azienda mia cliente abbia ricevuto quei fondi e non ricordo conversazioni risalenti al 2018».
Della dinastia dei De Luca Roberto è il secondogenito, il primo si chiama Piero ed è deputato del Pd, inamovibile, onorevole per eredità di sangue, saldamente vicecapogruppo alla Camera dei deputati. Anche il più giovane dei figli ha prestato la sua professionalità alla politica, in una giunta a guida Pd, partito regno del presidente, e nella città dove De Luca padre ha costruito il suo fortino elettorale: Salerno.
La denuncia
A rovinare i piani di Roberto, nel 2018, è arrivata un’indagine giudiziaria, finita con la piena archiviazione visto che lui in quella vicenda non c’entrava niente, ma era stato avvicinato da un ex boss, collaboratore di giustizia, vestito da imprenditore dei rifiuti, con il quale il commercialista, allora assessore al Bilancio, si era fatto prendere la mano in una conversazione in cui ragionava di tonnellate di rifiuti e di un possibile interesse della regione. Nulla più.
L’inchiesta di Fanpage mostrava il colloquio tra un collaboratore di De Luca junior e l’ex boss, agente provocatore, dove si parlava anche di percentuali sullo smaltimento e così è partita l’indagine giudiziaria che si è chiusa con l’archiviazione perché il rampollo era totalmente all’oscuro dell’incontro tra il collaboratore e il pentito.
Ma in quel periodo è successo anche altro, qualcosa che Domani può ricostruire. Mentre De Luca era alle prese con gli effetti di quei colloqui registrati, che lo hanno costretto alle dimissioni per un’indagine poi abortita, è entrato in collisione con un consorzio che poi si scoprirà vicino a uomini del clan Mallardo, uno dei tre segmenti che compongono il più pericolo cartello criminale campano: l’alleanza di Secondigliano.
De Luca è all’oscuro dei rapporti tra il consorzio Cosap e gli uomini dei clan, decide però in quel periodo tribolato di presentare denuncia contro Biagio Vallefuoco, tra gli animatori del consorzio, per tentata corruzione. «Confermo, anche se non ricordo di preciso il ruolo svolto da quest’ultimo nella società e non conosco l’esito di quella mia denuncia», risponde.
Quello che risulta a Domani è che precedentemente le società di De Luca junior avevano svolto una consulenza per Cosap. «Una consulenza in un’operazione in cui loro svolgevano ruolo marginale, nata prima del 2018. Poi già a inizio di quell’anno mi sono dimesso, ma stiamo parlando di poche centinaia di euro, per la precisione 225 euro, e non siamo stati, io e il mio socio, manco pagati», dice.
Dopo la denuncia di De Luca sul presunto tentativo di corruzione, Cosap continua però il suo lavoro dopo un’iniziale battuta di arresto, c’è anche un documento protocollato al comune di Salerno che dimostra il prosieguo dell’attività per il rifacimento del cimitero monumentale del comune di Salerno. Un’opera da svariati milioni di euro. In pratica la denuncia non frena le interlocuzioni con l’amministrazione comunale dalle quale De Luca è uscito a seguito delle dimissioni. Il progetto viene rimodulato e viene inserito nel programma triennale delle opere 2018-2020 prima di arenarsi.
Gli amici di Cosap
All’interno del consorzio, scrivono gli investigatori nell’informativa del 2018 sul “sistema” De Luca”, «la contiguità del Cosap con la camorra delle società e/o persone consorziate nello stesso si rileva dalla contiguità delle società che lo compongono a consorterie criminali o al semplice coinvolgimento di tali società a vicende che vedono coinvolti soggetti o enti contigui alla camorra».
Per dimostrare queste relazioni pericolose con i clan, i detective riportano le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia. In questo contesto critico c’è anche una società consorziata che fa capo al fratello di un fedelissimo del presidente De Luca: si tratta della Alfieri Impianti, di proprietà del germano di Franco Alfieri, consigliere del governatore, sindaco di Capaccio-Paestum, e presidente della provincia di Salerno.
Celebre per essere stato definito da De Luca maestro di clientela durante una riunione memorabile: «Prendiamo Franco Alfieri, notoriamente clientelare. Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella. Ecco l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadini, 4mila persone su 8mila. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come Madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come cazzo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso», diceva il presidente nel lontano 2016.
Voucher per le aziende
Nelle informative della polizia troviamo altre due vicende che ruotano attorno ai dialoghi tra De Luca junior e il padre, già presidente di regione all’epoca, nel 2018. Si tratta di un richiesta di informazioni del figlio su fondi regionali, cosiddetti contributi “voucher internazionalizzazioni”.
Il figlio del presidente chiedeva, il padre governatore rispondeva con il suo noto pragmatismo: per quanto riguardava i contributi voucher il bando era sempre aperto, spiegava De Luca padre, aggiungendo che si sarebbe fatto dare i moduli. Poi il presidente assicurava al figlio che i soldi c’erano e che si sarebbe fatto mandare la copia del bando, chiedendo se le aziende interessate e di cui parlava il ragazzo avessero già presentato la domanda.
Alla fine, il figlio rispondeva affermativamente e che a lui interessava sapere solo dell’apertura dei bandi. Il presidente rispondeva che se gli avesse detto di chi si trattava avrebbe provato a velocizzare le pratiche, il figlio rispondeva che l’importante «è che i bandi siano aperti».
«Risulta difficile ricordare conversazioni del 2018. In ogni caso mi pare che nessuna azienda mia cliente abbia ricevuto quei fondi», risponde Roberto De Luca a Domani.
Paradisi fiscali
Resta un’ultima traccia d’interesse nei colloqui tra De Luca junior e il padre, una traccia che riapre una vecchia storia relativa a conti correnti all’estero. Piero De Luca, attuale deputato del Pd e a processo per bancarotta in un’altra vicenda, aveva un conto corrente in Lussemburgo. Nel 2020 alcune testate avevano raccontato di una segnalazione antiriciclaggio di Banca d’Italia su un trasferimento di soldi in Italia dal Lussemburgo, oltre un milione di euro, soldi utilizzati per comprare una casa a Salerno vista costiera. Denaro proveniente, aveva spiegato il legale dell’attuale deputato, dalla vendita di un appartamento acquistato all’estero quando Piero De Luca lavorava presso le istituzioni europee.
Ora però nei documenti ottenuti da Domani c’è traccia di questi conti esteri nei colloqui, risalenti al 2018. In uno di questi il presidente sollecitava il figlio Roberto a munirsi di un certificato di carichi pendenti per lui ed il fratello Piero da inviare ad una funzionaria di banca. Si parlava di un possibile conto corrente estero, di documenti da mandare in Lussemburgo o alle isole Cayman, paesi citati nei dialoghi intercettati dal presidente della regione. «I miei conti correnti personali sono in Italia (quello originario, vecchio e l’altro più recente aperto per il mutuo)», risponde Roberto De Luca. Resta dunque il mistero di quei riferimenti fatti dal governatore a documenti da inviare in due noti paradisi fiscali.
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