Il generale Gabriele Failla è al comando della Scuola per ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito-L’Aquila da un anno. Alla guida della caserma-modello, fiore all’occhiello delle forze armate e del ministero dell’Interno, non avrebbe mai immaginato di dover fare fronte allo scandalo che negli ultimi giorni sta travolgendo le fiamme gialle.

Una vicenda ancora al vaglio degli investigatori e che vede coinvolti ben quattro ufficiali: uno di loro, classe 1991 e origini siciliane, avrebbe abusato sessualmente di un’allieva della caserma, dopo averla attirata – in base a quanto denunciato – in casa propria con la promessa di fornirle anticipatamente i risultati di un test d’esame. I fatti risalgono a maggio scorso. Fatti inaspettati per l’arma e anche per la comunità, che il generale Failla oggi commenta, rompendo il silenzio dentro cui la caserma sembrava essersi rintanata.

«Non definirei quanto avvenuto un fulmine a ciel sereno. Noi siamo stati messi al corrente dei fatti il giorno dopo l’accaduto da parte della ragazza. E siamo stati determinanti ai fini dell’indagine (avviata dalla procura de L’Aquila, nda). Abbiamo infatti sollecitato l’allieva, profondamente turbata, a denunciare. Io personalmente ho deciso di affiancarle una tenente, dalla grande esperienza e sensibilità, in modo che potesse accompagnarla in questura e supportarla in questo percorso non facile. Non abbiamo esitato neanche un momento, pur consci delle ricadute mediatiche sulla caserma e sulla Guardia di finanza: la ragazza doveva denunciare e per fortuna l’ha fatto».

Dopo i fatti oggi qual è il clima in caserma?

«Il clima è stato di certo turbato dagli ultimi avvenimenti, e a questo proposito abbiamo tenuto delle riunioni con i vari gradi dei finanzieri. Anche con gli allievi. In particolare ho tenuto a dire loro che la negazione non è una cosa buona. Mi spiego: non bisogna escludere che qualcosa di grave sia successo. Abbiamo tutto l’interesse ad appurare la verità, ad andare fino in fondo. Collaboreremo, come abbiamo fatto fin dall’inizio, con la procura».

Tra l’altro avete già preso dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei quattro capitani – uno è accusato di violenza sessuale e lesioni, gli altri tre di maltrattamenti in famiglia –, attualmente trasferiti altrove

«Non sono dei provvedimenti disciplinari o sanzionatori. Quelli verranno presi a conclusione delle indagini. Si tratta di trasferimenti dovuti ad incompatibilità ambientale. Dopo i fatti, ho avuto modo di parlare sia con la ragazza sia col capitano accusato di violenza sessuale. Mi sono reso conto che c’erano tutti i presupposti per allontanarlo a mille chilometri di distanza da Coppito».

Sta dicendo che il graduato ha ammesso la sua colpevolezza?

«No, sto dicendo che c’è un’indagine in corso. Ma che invitare un’allieva nella propria abitazione e prometterle le risposte di un test d’esame rappresentano già due presupposti di incompatibilità ambientale».

L’indagine si sta allargando. Anche altre ragazze, non ancora identificate, potrebbero essere state vittime di condotte vessatorie da parte degli ufficiali. L’ipotesi al vaglio degli investigatori sarebbe quella di “sesso in cambio di favori accademici”

«Una cosa è l’indagine per violenza sessuale di cui viene accusato il capitano istruttore denunciato, un’altra quella sulle chat per cui l’accusa è diversa ed è di maltrattamenti in famiglia. Non mi sento di dire, senza evidenze, che si possa trattare di altri casi di abusi sessuali».

Dalle chat emerge il “disprezzo” – lo sottolineano gli stessi magistrati – che i capitani mostrano nei confronti delle allieve. Parole sessiste, che sanno di fallimento e che fanno riflettere. Secondo lei nelle caserme le donne – il fatto che possano raggiungere gli stessi gradi degli uomini in divisa – sono state accettate realmente?

«È da più di vent’anni che le caserme sono luoghi per donne. E rimarranno tali. Quello che è accaduto a Coppito riguarda una minoranza patologica e i numeri sono importanti. Noi vogliamo prevenire condotte patologiche e qualora si verifichino debellarle, continuando a valorizzare il grande apporto della componente femminile. All’interno delle caserme deve esserci anzitutto rispetto. Rispetto per tutte e tutti».

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