L’indagine nata da un esposto della deputata Rachele Scarpa e dell’associazione Lasciatecientrare. Dopo la visita in alcune strutture sono state rilevate gravi carenze nell’assistenza sanitaria e nell’erogazione di beni di prima necessità, la totale mancanza del servizio di mediazione linguistica e culturale e l’assenza di qualsiasi forma di tutela dei bambini presenti che vivono in promiscuità con gli adulti
In provincia di Viterbo esistono dodici centri di accoglienza straordinari per richiedenti asilo, quasi tutti gestiti da una unica società di Milano, la Ospita Srl, che per fornire questo servizio di tutela a più di 500 beneficiari ha attrezzato ex strutture religiose, spazi fiera abbandonati, ex alberghi e anche appartamenti di campagna che si trovano a decine di chilometri dal centro abitato.
L’azienda gestisce, per conto del ministero dell’interno e delle locali prefetture, anche diversi altri Cas che si trovano in varie province della Toscana. Ospita Srl, grazie a questo volume di affari, negli ultimi quattro anni ha visto moltiplicare il proprio fatturato, che è passato così – secondo i dati della camera di Commercio di Milano – dai 2 milioni del 2020 ai quasi 17 milioni e mezzo del 2023, con l’ultimo utile pari a 2 milioni e mezzo di euro.
Denuncia
Con l’aumento del fatturato, però, non sembra migliorare proporzionalmente la qualità dei servizi forniti da Ospita Srl. Almeno stando all’articolato esposto che la deputata del partito democratico, Rachele Scarpa, ha presentato qualche giorno fa, insieme all’attivista di Lasciatecientrare, Yasmine Accardo, alla procura di Viterbo, e di cui Domani è in possesso. Quando la deputata del Pd ha visitato agli inizi di febbraio il centro che si trova nel comune di Canino, a sette chilometri di distanza dal primo luogo abitato, la prima scena che ha visto, all’interno dell’area esterna di pertinenza della struttura di accoglienza, è stata quella di un giovane uomo in evidente stato di disordine psichico, sprovvisto di indumenti, fatta eccezione per un boxer, che vagava alla ricerca di foglie.
«L’uomo è un ex ospite del centro – ha raccontato l’unica operatrice presente nella struttura – è in Italia dal 2016, si ripara qui nelle vicinanze all’interno di un container sprovvisto di servizi igienici dedicati senza alcun tipo di tutela se non l’aiuto di altri richiedenti asilo presenti nella struttura».
Si sa che vive da quasi tre anni in queste condizioni e, nonostante le evidenti fragilità psichiche e in passato anche episodi violenti contro alcune operatrici del centro di accoglienza, gli assistenti sociali non hanno attivato nessuna procedura per una eventuale presa in carico; una questione - sottolinea la deputata – «che interroga altresì su quali siano le condizioni di effettiva sicurezza sul luogo di lavoro cui vengono esposti i dipendenti impiegati nel centro». Ma questo è soltanto il primo rilievo che è ora è all’attenzione dei magistrati della procura di Viterbo.
Senza tutele
È un fatto che per tutelare gli 81 ospiti, tutti adulti, al momento della visita era presente un’unica operatrice mentre era in procinto di alimentare con gusci di nocciola l’unica caldaia che si trova in un casolare separato dal centro. E secondo la denuncia, «l’impianto è completamente privo di controllo, dovrebbe fornire sia il riscaldamento che l’acqua calda, per uso personale e per i condizionatori presenti all’interno dei moduli abitativi che si estendono intorno alla struttura centrale, ma l’acqua calda non è presente in tutte le ore della giornata».
Il centro del comune di Canino è strutturato da piccoli appartamenti al piano terreno e da altre tre strutture su due piani. Racconta Rachele Scarpa a Domani: «All’interno, gli appartamenti risultano del tutto insufficienti in termini di spazio rispetto alle presenze: vi sono 4 persone per ogni modulo abitativo che dormono su letti a castello; sono presenti bagni molto piccoli dove sono evidenti l’odore penetrante e la muffa di lunga data sulle pareti; in alcuni di questi, le mattonelle sono rotte e gli scarichi non funzionano», aggiunge.
Ombre
Carenze strutturali degli edifici e nell’assistenza igienico sanitaria per le persone ospitate, le quali hanno raccontato anche di disporre di un unico lenzuolo ed unica coperta, e di non avere a sufficienza scarpe e indumenti personali, dunque, queste sono solo alcune delle problematiche riscontrate che lasciano ipotizzare violazioni rispetto a quanto previsto dai capitolati d’appalto, e su cui la procura di Viterbo, ma anche la locale prefettura, vogliono vederci chiaro.
Perché nella denuncia non è finito solo il centro di accoglienza di Canino, ma anche un’altra struttura gestite da Ospita Srl nella zona, quella di Grotte di Castro, un centro in cui quando arrivano Accardo e Scarpa non trovano alcun operatore, ma gli stessi soffitti e le pareti pieni di muffa.
Soltanto che qui riscontrano anche la presenza di nuclei familiari con bambini e bambine piccoli, rilevando che «in riferimento a questi ultimi non abbiamo avuto modo di avere informazioni relative all’iscrizione scolastica nonché alle eventuali modalità di tutela degli stessi in luoghi a così alta promiscuità».
E, da qui, è partita la denuncia alla procura di Viterbo, che si somma così al procedimento aperto dai magistrati nel novembre del 2023, e tuttora in corso, che vede tra gli indagati alcuni operatori di Ospita Srl in seguito all’incendio di una palazzina gestita dalla società come centro di accoglienza per minori avvenuto a San Lorenzo Nuovo, sempre nel viterbese.
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