A perdere il lavoro saranno in 350. Lo stabilimento di Napoli, chiuso il 30 ottobre 2020, non fattura abbastanza e non c’è eccesso di domanda per inserire nuovi lavoratori. Tuttavia, l’azienda si è detta disponibile a trovare soluzioni alternative. C’è un solo problema: vanno trovate entro 70 giorni
È corsa contro il tempo per Whirlpool. Per i 350 lavoratori della fabbrica di Napoli, chiusa il 30 ottobre 2020, l'azienda ha confermato che il primo luglio avvierà la procedura di licenziamento collettivo.
Ma una finestra di speranza ci sarebbe. L’iter, infatti, potrebbe non essere avviato se entro il 30 giugno si troverà un accordo alternativo fra le parti, come ha dichiarato la stessa azienda durante il tavolo che si è tenuto al Mise poche ore fa. «L'avvio della procedura di licenziamento collettivo non significa che i lavoratori saranno licenziati, ma la procedura scadrà tra 70 giorni», spiega la dirigenza di Whirlpool, sottolineando che «fino a metà settembre i lavoratori saranno coperti senza bisogno di accesso ad alcun ammortizzatore sociale».
Al tavolo di emergenza per la vertenza, presieduto dalla viceministra Alessandra Todde, hanno partecipato, oltre alle organizzazioni sindacali, l'azienda, la regione Campania, il comune di Napoli, Invitalia e il ministero del Lavoro.
Nonostante il licenziamento collettivo, la multinazionale americana ha confermato che l’Italia rimane strategica «con oltre 5mila dipendenti e stabilità produttiva vicina a quella istallata». Qual è il problema, dunque? «Oggi non esiste un eccesso di domanda che può essere spostata da altri paesi o stabilimenti su quello di Napoli», questo significa che lo stabilimento campano non produce abbastanza o, più concretamente, non porta guadagni.
L’azienda è pronta a supportare il processo di reindustrializzazione sostenendo un eventuale acquirente, che al momento rimane una carta coperta. Con una certezza: a Napoli non si produrranno più lavatrici di alta gamma, anche se il governo si è impegnato per salvaguardare lavoratori e produzione locale.
«Abbiamo un dovere morale nei confronti dei lavoratori e per questo non tarderemo a riconvocare il tavolo. Io non mi sono mai sottratta al confronto e sto continuando a lavorare per una soluzione seria», ha spiegato Todde, che avvisa tutti: «Un possibile percorso non sarà presentato fino a quando la fattibilità non sarà discussa con l'azienda e con i sindacati, senza alcun tipo di scorciatoie».
La protesta dei lavoratori
Mentre si attendeva l’inizio del tavolo di emergenza al Mise, è andato in scena uno sciopero di otto ore da parte dei lavoratori Whirlpool, che hanno bloccato le produzioni in tutti gli stabilimenti.
A Napoli, invece, è partito un corteo dalla fabbrica, chiusa da mesi. Gli operai, insieme a tutti i lavoratori di altri stabilimenti in sciopero sono arrivati fino allo svincolo dell’autostrada, dove hanno bloccato la circolazione delle auto.
«Se l’azienda vuole davvero continuare il confronto deve ritirare la procedura di licenziamento e il governo deve garantire la legittimità di questo tavolo, bloccando comportamenti irrispettosi e scorretti», ha dichiarato la segretaria nazionale della Fiom Barbara Tibaldi, sottolineando come con l'accordo sottoscritto nel 2018 e in vigore fino al 31 dicembre 2021, l’azienda si impegnava a non aprire procedura di licenziamento collettivo. Senza dimenticare come Whirlpool abbia presentato i risultati del primo trimestre in Europa, riferendo una crescita a doppia cifra dei ricavi.
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