Il sofisticato progetto di occulta spartizione viene presidiato dalla forza intimidatoria di Cosa Nostra. Le condotte che lo ostacolano vengono stroncate sul nascere. Se necessario, si fa ricorso alla manipolazione fraudolenta dei documenti della gara (sottrazione di buste). Ma in taluni casi si giunge persino a gravi episodi di violenza sulle cose o sulle persone, in perfetto “stile corleonese”
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Tra gli “uomini cerniera” non c’è solo Siino. Il mondo imprenditoriale affida questo compito a Filippo Salamone. In virtù degli “agganci” con esponenti del mondo politico-istituzionale, i due managers di diversa estrazione sono in grado di conoscere in anticipo la gamma di opere pubbliche che verranno finanziate e che, quindi, dovranno essere appaltate.
Ciò consente di elaborare un piano di turnazione sulle singole opere da aggiudicare con gli imprenditori facenti parte del “cartello” gestito dalla regia di Cosa Nostra.
Sulle singole gare, si stabilisce un coordinamento delle offerte attraverso le cosiddette “buste di appoggio”. Queste sono inviate dalle imprese appartenenti al “cartello”, candidate ad aggiudicarsi le gare successive. Le offerte “pilotate” creano le condizioni per determinare un margine di guadagno maggiore alla impresa aggiudicataria. I ribassi, in effetti, possono essere molto contenuti, dal momento che le altre imprese che partecipano alla gara propongono offerte non concorrenziali. Quando l’impresa che vince la gara effettua un ribasso d’asta elevato segue dopo poco tempo la perizia di variante a correzione del ribasso, grazie anche alla complicità degli amministratori collusi.
La maggiore locupletazione dell’impresa va ad integrare la provvista per la “tangente” che la stessa impresa vincitrice deve versare a Cosa Nostra. La “tangente” poi viene distribuita. Percentuali variabili, a seconda della entità del contributo fornito, premiano rispettivamente il personaggio politico, che si è attivato per l’“acquisto” del decreto di finanziamento, il politico locale o il funzionario, che ha assicurato l’effettiva aggiudicazione della gara all’impresa indicata, nonché il gruppo mafioso che ha presidiato l’accordo corruttivo a “monte”.
In taluni casi le imprese aggiudicatarie versano fino al 4,50 per cento sul volume dei lavori, di cui il 4 per cento va agli esponenti di vertice di Cosa Nostra e il rimanente 0,50 per cento è destinato a funzionari e amministratori locali che hanno cooperato nella realizzazione del progetto delinquenziale.
Cambia, in questo modo, la prospettiva degli operatori economici a contatto con la mafia. Sulla base della programmata “turnazione”, le somme di danaro, un tempo versate per evitare danneggiamenti in cantiere, fungono da “pedaggio” per l’entrata nel circuito della illecita spartizione, connotato dalla sostanziale mancanza di concorrenza.
Siino era il fiduciario di questo sistema per gli appalti non superiori ai 5 miliardi di lire. Mentre, per quelli superiori ai 5 miliardi di lire, Filippo Salamone lo sostituiva, insieme all’ingegnere Giovanni Bini della Calcestruzzi Ravenna s.p.a. (facente capo al gruppo guidato da Lorenzo Panzavolta), spalleggiato da Antonino Buscemi, imprenditore mafioso della famiglia di Passo di Rigano, già in rapporti d’affari con cava Billemi e per via della lottizzazione di Pizzo Sella.
Il sofisticato progetto di occulta spartizione viene presidiato dalla forza intimidatoria di Cosa Nostra. Le condotte che lo ostacolano vengono stroncate sul nascere.
Se necessario, si fa ricorso alla manipolazione fraudolenta dei documenti della gara (sottrazione di buste).
Ma in taluni casi si giunge persino a gravi episodi di violenza sulle cose o sulle persone, in perfetto “stile corleonese”. Come ricordano alcuni ex mafiosi, a conoscenza diretta della vicenda, l’imprenditore Ranieri viene ucciso per non avere accettato di rinunciare ad una gara già decisa.
Sintomatico della carica intimidatoria riversata sulla gestione di certe operazioni, appare, inoltre, l’episodio relativo alla Tor di Valle s.p.a., esclusa, inopinatamente, dalla gara Sirap di Petralia Soprana, e, poi, costretta a ritirare un ricorso amministrativo già formulato per iscritto. Lo evidenzia una sentenza emessa dal Tribunale di Palermo del 16 luglio 1996.
La gara in questione era stata bandita dalla Sirap il 29 luglio 1989 con le forme della licitazione privata. Vincitrice risultava la associazione di imprese Siino Costruzioni e Cataldo Farinella, mentre la Tor di Valle veniva esclusa dalla competizione per un motivo formale.
Ma l’amministratore delegato Catti De Gasperi contatta i propri legali per predisporre un ricorso contro la lettera di invito.
Siino lo viene a sapere e, attraverso Salamone, minaccia di intervenire pesantemente, costringendo il responsabile della Tor di Valle a rinunciare al ricorso.
Il tipo di sistema descritto condiziona pesantemente le attività imprenditoriali. In particolare costituisce un grave ostacolo alla formazione di nuove imprenditorialità. È certamente rilevante, anche se difficile da quantificare, il numero di operatori economici “disincentivati a priori”.
Compiere investimenti in zone presidiate dalla organizzazione criminale comporta, spesso, attrezzarsi per fronteggiare una concorrenza che si svolge in forme scorrette e violente. Il che significa per soggetti senza scrupoli diventare mafiosi e ottenere la protezione attiva dei mafiosi. Per altri rinunciare ad intraprendere l’attività.
A pagare i costi di un meccanismo che stronca ogni forma di concorrenza sono naturalmente i cittadini. La notevole lievitazione dei costi delle opere pubbliche, conseguenza di quel sistema, grava infatti sul bilancio pubblico.
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