Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Oltre che dal rapporto di denunzia del 31 luglio 1963, Di Peri Giovanni forma oggetto del rapporto suppletivo della Squadra Mobile e del Nucleo di Polizia Giudiziaria in data 9 settembre 1963, in cui è presentato come il maggiore esponente mafioso di Villabate, paese ubicato alla periferia di Palermo, dal lato orientale.

È da premettere che Di Peri Giovanni è il proprietario dell’edificio sito a Villabate nel corso Vittorio Emanuele, davanti al quale, verso l’una di notte del 30 giugno 1963 fu fatta saltare in aria una Alfa Giulietta imbottita di esplosivo.

L’attentato che, oltre ad arrecare ingenti danni all’autorimessa appartenente a Di Peri e ai fabbricati vicini, provocò la morte del guardiano Pietro Cannizzaro e del fornaio Giuseppe Tesauro e il ferimento del bracciante Giuseppe Castello, era sicuramente diretto contro il Di Peri, poiché l’automobile, secondo le deposizioni del Castelli e di altri testi oculari e gli accertamenti generici, era stata quasi appoggiata col cofano posteriore alla saracinesca dell’autorimessa.

Il fatto stesso che Giovanni Di Peri sia stato l’obiettivo di un’azione criminosa così imponente e così accuratamente organizzata e condotta a termine, denota che l’imputato è implicato, con una parte certamente di rilievo, nella lotta scatenatasi tra le cosche mafiose rivali.

L’imputato, arrestato dopo una breve latitanza, afferma di non conoscere nessuno dei coimputati e di non sapere né di sospettare nulla sui motivi e sugli autori dell’attentato.

Ed è da notare che le manifestazioni di odio contro Di Peri Giovanni si ripeterono durante la sua carcerazione, come risulta dagli anonimi indirizzati al giornale “L’Ora”, alla Stazione Carabinieri di Villabate e alla Direzione delle Carceri Giudiziarie, contenenti gravi minacce di morte al suo indirizzo.

Di Peri Giovanni non é affatto la vittima inconsapevole di una fatalità né è coinvolto casualmente nelle vicende delittuose delle quali ci si occupa.

È un individuo dai precedenti burrascosi, affermatosi subito dopo la guerra nella mafia di Villabate, dominata dal famigerato mafioso Antonino Cottone inteso “zu Ninu, patri nostru”, ucciso il 21 agosto 1956 a colpi di “lupara” davanti alla sua casa di campagna lungo lo stradale tra Villabate e Misilmeri.

Dopo la eliminazione del Cottone e di altri mafiosi uccisi lo stesso anno nel corso di un sanguinoso conflitto che diede a Villabate una sinistra risonanza, la posizione e il prestigio del Di Peri risultarono rafforzati e l’ascesa economica del mafioso continuò rapidamente e indisturbata.

L’imputato, un tempo bracciante agricolo, diviene proprietario di un agrumeto e di un fabbricato, comprendente la sua abitazione, un salone per feste e trattenimenti e un’autorimessa.

Dalla deposizione di Mario Savioli risulta che sin dal 1952/1953 Di Peri Giovanni era in combutta con elementi loschi, che frequentavano l’autorimessa, tanto è vero che il teste preferì lasciare i locali tenuti in affitto, pur di evitare certi sgraditi contatti.

L’appartenenza del Di Peri all’associazione mafiosa appare pienamente dimostrata attraverso la esistenza del vincolo associativo con Salvatore Greco e con gli altri mafiosi a costui legati.

Di Peri non sarebbe riuscito a sostituirsi a Nino Cottone, se non avesse goduto di potenti alleati, che sono da identificarsi nei Greco da Ciaculli ed in particolare in Greco Salvatore “ciaschiteddu” insieme col quale e con altri il Di Peri venne denunziato nel dicembre 1956 per associazione per delinquere.

Di questa alleanza ha pure parlato esplicitamente Serafina Battaglia. La stessa ha indicato il Di Peri ed il di lui padre come amici di Stefano Leale, il quale tutte le volte che si recava in campagna in località Serre di Villafrati soleva fare una breve sosta davanti all’autorimessa di Giovanni Di Peri.

Costui, dopo l’attentato del Pioppo, troncò i suoi rapporti con Stefano Leale, il quale dal suo canto non passò più per Villabate e preferì servirsi di una altra strada più lunga. Ciò va, a ragione, interpretato nel senso che il Di Peri non volle più avvicinare Stefano Leale, inviso ai Greco, ai Rimi e a Bontate e che Leale dal suo canto cercò di evitare qualsiasi ulteriore contatto con colui che sapeva amico dei suoi avversari.

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