La notizia - che notizia non è perché non c’è prova che il fatto sia vero - di una possibile indagine per traffico di influenze illecite a carico di Arianna Meloni, sorella della premier, è bastata per far esplodere la paranoia di Fratelli d’Italia e di conseguenza per far il contrattacco: vittimismo su presunte persecuzioni mediatico-giudiziarie e stigmatizzazione preventiva in merito ad eventuali future indagini (di cui per ora non c’è traccia).

Se nelle occasioni precedenti era il fuoco di fila dei parlamentari meloniani a incaricarsi di attaccare, in questo caso l’articolo di retroscena pubblicato su Il Giornale (quotidiano di proprietà del deputato leghista Antonio Angelucci) da Alessandro Sallusti - che di Meloni è anche stato il biografo in Io sono Giorgia - ha suscitato la reazione diretta della presidente del Consiglio. Meloni ha parlato di una ricostruzione «purtroppo molto verosimile» e di «schema già visto» evocando le controversie giudiziarie toccate a Silvio Berlusconi.

L’inchiesta inesistente di cui ha scritto Sallusti sarebbe una «mossa squallida e disperata» di un «sistema di potere» che «significa solo che stiamo smontando il sistema di interessi che tiene in ostaggio l’Italia». Peccato che, appunto, in questo momento non esista un’inchiesta e dunque nemmeno una congiura giudiziaria. Al più, quel che ad oggi esiste è una dura presa di posizione preventiva da parte della premier che ha chiarito di considerare eventuali indagini a carico delle persone a lei vicine come un attacco politico al governo.

«Quello in corso è l’ennesimo attacco alla magistratura, volto a delegittimarla adombrando presunti complotti. Un esercizio pericoloso che indebolisce le istituzioni repubblicane e danneggia l’interno Paese», è stato il duro commento dell’Associazione nazionale magistrati guidata da Giuseppe Santalucia, immediatamente commentato dal sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro: la presa di posizione dell’Anm «stranisce», perchè Sallusti avrebbe riportato «dati veri ed incontrovertibili».

I precedenti

Del resto, non è la prima volta che Meloni e il suo entourage ristretto interpretano le indagini come armi improprie messe in atto da imprecisati nemici. Così è stato anche nel caso dell’indagine a carico del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, per rivelazione di informazioni riservate in merito alla vicenda del detenuto Alfredo Cospito. In quel caso, però, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e anche Meloni si erano affidati ad anonime «fonti di via Arenula» e di «palazzo Chigi» per lanciare il loro attacco al momento dell’imputazione coatta del sottosegretario.

Il ministero aveva parlato di «processi lunghi e dolorosi quanto inutili con grande spreco di risorse» e di necessità di «una riforma radicale» della magistratura (ora incardinata alla Camera). Le fonti della presidenza del Consiglio erano state anche più esplicite, sostenendo che «è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee».

Successivamente, anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha teorizzato complotti delle cosiddette “toghe rosse”, portando come prova i filmati pubblici del congresso di Area a Palermo, e parlando di «opposizione giudiziaria» come unico «grande pericolo» per il governo.

Le reazioni

«Il tema vero è che la politica non riesce ad emanciparsi dal rapporto con il giudiziario, con una micidiale sovrapposizione tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che lo è sul piano della disciplina ed onore a cui la nostra Costituzione obbliga chi svolge incarichi pubblici», è stato il commento a Domani del segretario generale di Magistratura democratica, Stefano Musolino, che ha sottolineato come «tutta la magistratura reclama una separazione dei piani e dei giudizi, per restituire serenità nei rapporti tra politica e magistratura. Questa artificiosa creazione di un caso inesistente, ci rivela come non siano queste le intenzioni».

Del resto, a voler ribaltare il fronte, si potrebbe leggere nell’agire riformatore del governo proprio una volontà di neutralizzare la magistratura nella sua attività inquirente, incidendo sui reati che più spesso vengono contestati alla politica. È di qualche settimana fa l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, il cui decreto conteneva però anche un restringimento della fattispecie di traffico di influenze illecite (quello che, secondo Sallusti, forse potrebbe venire contestato ad Arianna Meloni), rendendo necessari l’«esistenza» e l’«utilizzo» del rapporto di mediazione illecita. Accanto a questo, la promessa del ministro Nordio lanciata col caso Delmastro si è avverata: è all’ordine del giorno al rientro dall’estate la riforma costituzionale di separazione delle carriere e smembramento del Csm.

«Alla giustizia italiana servono serenità, investimenti e visione di lungo periodo», è il commento di Giovanni Zaccaro, segretario generale di Area, «però tutti dobbiamo evitare di parlare di complotti o rilanciare e commentare non notizie, spesso abilmente messe in circolazione. Chi lo dovesse fare, si esporrebbe al sospetto di volere distrarre la opinione pubblica da altro». Ed effettivamente il complotto teorizzato dal Giornale ha prodotto un numero imprecisato di dichiarazioni di solidarietà ad entrambe le sorelle Meloni, vittime di una indagine inesistente, e a speculari concreti attacchi alle toghe e all’opposizione.

«Tentativo di inquinare le elezioni», ha tuonato il capogruppo di FdI, Tommaso Foti, «stessa identica storia con Berlusconi e le persone a lui vicine attaccate dalla sinistra e con la magistratura che puntualmente è intervenuta», ha aggiunto il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi. Tra le tante fake news – tra voci di corridoio e ipotesi indimostrate – l’unico dato di realtà è che il governo, di ritorno dalle ferie d’agosto, riprenderà da dove ha lasciato: paranoia nei confronti di fantomatici nemici esterni da combattere, ormai sempre più spesso individuati nelle toghe.

© Riproduzione riservata